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 2019  marzo 10 Domenica calendario

Un gol per la parità dei sessi

Huevos, ancora. E poi basta, si spera. Huevos, metaforicamente parlando, che non abbondano nella Commissione disciplinare dell’Uefa (voto 0,5). Per il suo volgarissimo gesto dopo l’1-0 alla Juve Simeone è stato multato di 20mila euro, punto. Niente squalifica (minimo due turni se li meritava tutti). Per uno col suo ingaggio, 20mila euro sono come la mancia al barbiere. Sempre che li scucia lui. Il presidente dell’Atletico ha sentenziato che «il cholismo è tutto». No, non ancora. Il cholismo, strettamente legato al bullismo e al machismo, è soltanto un modo molto aggressivo e talvolta scorretto di vivere il calcio. L’ideale nei gusti dei peggiori bar di Buenos Aires, non di coloro che ritengono che lo sport, calcio incluso, possa e debba trasmettere messaggi positivi. Pare che sulla clemenza della corte abbiano influito le scuse, presentate da Simeone già nel dopopartita. Ma scherziamo? Era il minimo, ma proprio il minimo che Simeone (1,5) potesse fare. Sempre per quella partita Allegri ha ricevuto un “warning”, una specie di cartellino giallo, e la Juve 30mila euro di multa per ritardato ingresso in campo all’inizio del secondo tempo. Che è una mancanza di riguardo, certo, ma molto meno grave del gestaccio di Simeone. Un allenatore abituato ai comportamenti scorretti, protesta sempre e comunque per l’intera partita e gli sono già arrivate molte squalifiche. Stavolta no. Una buona occasione buttata alle ortiche.
Huevos viene spesso tradotto con “attributi”, ma induce a riflettere. Varianti: coglioni e palle. Nel calcio e nella vita avere i coglioni significa essere stimati, essere coglioni no. Nei cori per spronare la squadra “tirate fuori i coglioni” è il più gettonato.
Ultimi quelli del Cup, che non è una manifestazione ma l’acronimo del Collettivo ultrà Parigi. In un comunicato si definiscono “orgogliosi della squadra ma non dei giocatori”. La prima parte serve a non interrompere le mancette degli emiri. Quanto ai giocatori, “compratevi degli attributi o levatevi di torno”. Pardon, quel mercato è chiuso, mai stato aperto. Palla, nel senso di sfera di gomma o cuoio, o pallone. “La partita di pallone” è una canzone di Rita Pavone, palla è più usata, anche se fa pensare a Nausicaa, alla lontana, o ai giochi dei bambini (palla prigioniera). Si dice palla lunga e pedalare, o piede o palla, palla contesa. Huevos vale palle. Ma palle sono anche i discorsi o gli spettacoli noiosi, le pallottole, le bugie o le cose poco credibili.
Tutto ciò nel calcio attuale esiste e tanto vale andare altrove. Nel calcio femminile, per esempio. Ne ho già scritto domenica scorsa, ma le cose si muovono, giustamente. Sul Manifesto la storia di Macarena Sanchez. Nata a Santa Fe, 27 anni compiuti, attaccante, da sei anni gioca nell’Uai Urquiza di Villa Lynch, provincia metropolitana di Buenos Aires, e in nazionale. Ha vinto l’ultimo scudetto contro colossi come Boca Juniors e River Plate. A metà gennaio l’allenatore German Portanova le ha telefonato per dirle che non faceva più parte della squadra per motivi tecnici. Colpo basso, perché a metà gennaio non si può passare a un’altra squadra. Basso due volte, perché i motivi non erano tecnici. Sanchez, che ha Frida Kahlo tatuata sul braccio, è in prima fila nel chiedere per le calciatrici un trattamento più equo. Il compenso forfettario mensile non va oltre i 10 euro. Nessuna copertura in caso di infortuni, gravidanza, spese mediche. Si gioca in trasferta e si torna in pullman la sera stessa, non importa il chilometraggio, per risparmiare sul pernottamento. Il sindacato mondiale è con lei. E anche un ex calciatore che ha giocato in Italia, Sorin. Non è solo una questione di soldi, ma di clima e di civiltà: due calciatrici dell’ Under 17 colombiana hanno denunciato abusi sessuali da parte di uomini della federcalcio. Di sette mondiali femminili le statunitensi ne hanno vinti tre e sono favorite al prossimo, in Francia a giugno.
Intanto, tutte e 28 le ragazze della rosa venerdì hanno denunciato la loro federazione al tribunale di Los Angeles. L’accusa: discriminazione in base al sesso (fonte: Messaggero). Hanno ragione, ovviamente, e i numeri sono dalla loro. C’è più pubblico alle partite femminili che a quelle maschili. Ma ad ogni mondiale i 32 calciatori della rosa hanno diritto a una buona fetta di una torta di 400 milioni di dollari, che scendono a 30 per le ragazze. In altri sport, hanno vinto. Nel tennis cominciò a contestare Billie Jean King e nel 2007 Wimbledon decise per la parità di compensi. Negli Usa la parità dei diritti è sempre in prima fila e c’è più sensibilità che in Argentina. Il più scarso dei maschi di Villa Lynch, campionato di serie C, intasca molto più delle colleghe scudettate. E molti pensano che sia giusto così, per esempio quelli che sui social minacciano di morte Macarena Sanchez. Non c’è rispetto per nessuno.
Anche la figlia di Simeone, che ha sei mesi, ha ricevuto minacce di morte sui social. Da cui Allegri è uscito, dopo Madrid. L’errore non è stato uscirne, ma entrarci. Passate parola, se siete d’accordo.