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 2019  marzo 10 Domenica calendario

Samantha Cristoforetti studia il cinese. Intervista

«Viaggeremo più comodi e lavoreremo meglio». Samantha Cristoforetti ha seguito con un interesse tutto particolare l’andata e ritorno della Crew Dragon, la navetta della SpaceX di Elon Musk che ha appena concluso il suo primo volo di prova rientrando integra sulla Terra dopo aver visitato la Stazione spaziale internazionale (Iss). L’astronauta italiana, che sulla Iss c’è stata dal 23 novembre 2014 all’11 giugno 2015, oggi si divide tra la preparazione delle future missioni dell’Agenzia spaziale europea e gli eventi pubblici (centellinati, a dire il vero) dove racconta la sua straordinaria avventura tra le stelle: venerdì 15 marzo sarà alla Sala Petrassi dell’Auditorium di Roma per parlare del suo libro Diario di un’apprendista astronauta (La nave di Teseo). Ma con la testa Samantha è sempre in orbita. Il suo obiettivo è tornare nello spazio. E sa che la capsula Dragon appena varata le potrebbe offrire un’opportunità.

Una sua collega astronauta, Anne McClain, ora sulla Stazione spaziale, ha definito l’esordio della Crew Dragon l’alba di una nuova era per i voli umani nello spazio. Lo pensa anche lei?
«La Crew Dragon è una novità importante, soprattutto dal punto di vista degli Stati Uniti: riporta in America la capacità di lanciare esseri umani nello spazio, cosa che mancava dall’ultima missione dello Space Shuttle, nel luglio del 2011. Tuttavia ci vorrà un altro volo di prova, questa volta con equipaggio, e solo dopo la Crew Dragon entrerà davvero in servizio. Lo stesso vale per la capsula Starliner di Boeing».
E dal punto di vista tecnologico?
«Nessuno di questi due veicoli introduce novità rivoluzionarie per quanto riguarda l’accesso all’orbita bassa, quella in cui si trova la Stazione spaziale. Fanno ciò che ha fatto in questi anni la buona vecchia Soyuz. Però è sempre meglio avere più navette che consentono la rotazione degli equipaggi. Inoltre, navette come la Dragon permetteranno di aumentare da sei a sette il numero di astronauti sulla Stazione spaziale. La Soyuz ha tre posti e con due voli può portare in orbita sei persone, non di più».
Fa una grande differenza?
«Sembra un dettaglio. Ma buona parte della giornata dell’equipaggio è occupata dalle attività di manutenzione della Iss e quell’astronauta in più permetterà di dedicare molto più tempo alla ricerca scientifica. Non solo: noi come Agenzia spaziale europea abbiamo una percentuale del tempo-astronauta sulla Iss, quindi se aumenta il tempo totale disponibile aumentano anche le possibilità di noi astronauti europei di andare in orbita».
Dunque anche il suo ritorno nello spazio potrebbe avvenire grazie a una di queste nuove navette?
«È la cosa più probabile. Anche se non è escluso che l’Esa continui a volare in parte con i russi».
Entro fine 2019 ci sarà la Ministeriale, la riunione dei governi membri dell’Esa per approvare il prossimo piano triennale. Su cosa punterete?
«Ci sono quattro pilastri: i servizi, come navigazione, telecomunicazioni, osservazione della Terra; la sicurezza, come il monitoraggio dei disastri e la protezione della Terra da impatti di grandi asteroidi; i lanciatori e le tecnologie abilitanti. E naturalmente scienza ed esplorazione umana e robotica verso l’orbita bassa, la Luna e Marte. All’ordine del giorno della Ministeriale ci sarà la continuazione delle attività sulla Stazione spaziale fino al 2024, con l’intenzione dichiarata di far fare un secondo volo a tutti gli astronauti della mia classe. Per la Luna, il punto centrale è la realizzazione del Gateway, una stazione in orbita cislunare. L’astronave Orion che viaggerà dalla Terra al Gateway avrà un modulo di servizio costruito in Europa. Come europei saranno un modulo di comunicazione e rifornimento del Gateway e, in gran parte, il primo modulo abitativo per gli astronauti».
E poi c’è Marte. Pronti a partire?
«Devo sfatare un mito: in questo momento non c’è la pianificazione concreta di una missione umana verso il Pianeta rosso, anche se molte delle tecnologie in sviluppo guardano a future missione marziani. L’Esa vuole portare a termine il progetto ExoMars con il rover che atterrerà l’anno prossimo. Poi con la Nasa si discute di una missione robotica per la raccolta e il ritorno sulla Terra di campioni marziani».
È reduce da una lezione di cinese. Solo cultura personale?
«No. È che i cinesi hanno sviluppato grandi capacità di esplorazione spaziale. E si sono detti molto aperti a collaborazioni internazionali, per far volare sia esperimenti che astronauti di altri paesi. L’Esa è interessata come l’Agenzia spaziale italiana, perché si tratta di una opportunità importante anche per la nostra industria. A me personalmente piacerebbe moltissimo».
Intanto si gode il successo del libro in cui racconta il suo volo. Se lo aspettava?
«Sono felice e stupita per l’interesse che trovo quando incontro il pubblico, ma per me era soprattutto importante lasciare una testimonianza onesta, a 360 gradi, della mia esperienza di astronauta. Non solo le cose più affascinanti, come l’allenamento alla centrifuga o il momento del lancio, ma anche quelle più banali, più quotidiane, che però solo un astronauta può raccontare perché le ha vissute».
Il 29 marzo due astronaute, le americane Christina Koch e Anne McClain, usciranno dalla Stazione spaziale internazionale per la prima attività extra veicolare tutta al femminile. Anche questo, a suo modo, è un grande passo per l’umanità.
«È una bella notizia. Ma per chi fa il mio lavoro le distinzioni di genere sono cose così lontane».
Nei suoi 199 giorni trascorsi in orbita non ha fatto passeggiate spaziali. È un rammarico?
«Sul momento è stata una grande delusione, perché a un certo punto sembrava che si stesse materializzando una uscita dalla Iss alla quale avrei partecipato. Ma poi le circostanze non lo hanno permesso. È una storia che racconto nel libro, anche per sottolineare un aspetto per me molto importante: possiamo avere talento e impegnarci moltissimo, ma la fortuna gioca un ruolo importante nelle vicende umane».