Corriere della Sera, 10 marzo 2019
Se Macron vuole essere Schuman
Dopo il ritorno al potere del generale De Gaulle, il capo dello Stato in Francia è un monarca elettivo che non può limitarsi a governare. Deve anche lasciare una traccia visibile e tangibile del suo passaggio al potere: la pulizia delle facciate parigine annerite da quasi duecento anni di riscaldamento al carbone, una grande città degli affari alle porte di Parigi (la Défense), nuove strade di rapido scorrimento lungo la Senna, un Centro d’arte e cultura (il Beaubourg) dove era il più antico mercato della capitale (Les Halles), la piramide del Louvre, un nuovo museo dedicato alle culture extra-europee. Non so se anche Emmanuel Macron stia coltivando progetti architettonici e urbanistici, ma sembra avere un disegno più ambizioso: una Europa unita, sovrana e democratica. Ne ha parlato alla Sorbona il 26 settembre 2017 con un discorso in cui ha duramente attaccato i movimenti nazionalisti, sovranisti, identitari; ma ha anche elencato i diversi campi (sicurezza, difesa comune, rivoluzione cibernetica, intelligenza artificiale, grandi migrazioni, ecologia, protezione civile) in cui l’Europa unita deve lasciare un segno della sua esistenza. Più recentemente ha ripreso queste proposte in un manifesto indirizzato agli altri Paesi della Ue, quasi un programma elettorale per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo con le elezioni europee della fine di maggio. Come aveva lasciato intendere alla Sorbona, Macron vuole essere per l’Europa di domani quello che Jean Monnet e Robert Schuman furono, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, per l’Europa della Ceca e del Mercato Comune.
Se davvero persegue questo obiettivo, Macron dovrebbe ricordare che la Francia dispone di due carte molto convincenti. Ha la force de frappe (l’arma nucleare voluta dal generale De Gaulle) e un seggio permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. È disposta a trasformare la force de frappe in una forza europea? È disposta a fare del suo seggio all’Onu un seggio dell’Ue? Conosciamo le obiezioni. L’arma nucleare è tanto più efficace quanto più è nelle mani di un solo «proprietario»; se è gestita da un condominio è meno credibile. La stessa considerazione vale per il seggio permanente dell’Onu: se ogni votazione richiedesse il vaglio e l’approvazione di 27 Paesi il rappresentante dell’Ue sarebbe costretto in molti casi ad astenersi. Ma a queste obiezioni si può replicare ricordando che esiste un Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza (oggi Federica Mogherini) e un Comitato militare dell’Ue composto dai capi di Stato maggiore dei suoi membri (oggi presieduto dal generale Claudio Graziano). Senza force de frappe e diritto di veto all’Onu queste due istituzioni non possono garantire all’Ue la sovranità a cui aspira. Macron potrebbe rimediare e conquistare un posto nella storia d’Europa.