Corriere della Sera, 10 marzo 2019
L’Italia come la Brexit?
L’idea che l’Italia sia un rischio per la stabilità dell’Europa non è legato solo al deficit e al debito pubblici. Ci sono anche aspetti politici e un convegno internazionale organizzato venerdì e sabato scorsi dall’Aspen Institute Italia e dalla londinese Chatham House l’ha messo in evidenza. Il problema è, come sempre, il rapporto di Roma con Bruxelles. Sui conti pubblici, la cosa è risaputa e nei prossimi mesi ci saranno probabilmente nuove tensioni.
Nell’analisi dell’incontro veneziano, si è sostenuto che in Europa esistono «due rischi idiosincratici», cioè due singoli pericoli specifici che possono provocare danni seri: «La Brexit e l’Italia». A parte l’uscita del Regno Unito dalla Ue senza un accordo, che probabilmente causerebbe riduzioni della crescita economica anche nel continente, la «questione italiana» parte dalla possibilità di un rallentamento dell’economia mondiale più significativo di quello previsto al momento. Se l’Eurozona entrasse in recessione, gli spazi di bilancio dell’Italia per stimolare l’economia sarebbero molto stretti, a causa dell’alto debito pubblico. E del fatto che negli anni scorsi di buona crescita non si è costituito quel buffer, cioè quel cuscinetto finanziario, da usare in caso di crisi, come sottolinea sempre Mario Draghi e come si è detto al convegno Aspen-Chatham House. Una situazione di difficoltà del genere potrebbe avere ripercussioni di mercato, nel senso che i titoli di Stato potrebbero tornare sotto pressione.
Nel dibattito, al quale ha partecipato anche il ministro dell’Economia Giovanni Tria, si è aperto uno squarcio sull’opportunità o meno di creare questo cuscinetto finanziario in un momento in cui l’attività economica rallenta, anzi in Italia è in recessione tecnica, e dunque non sarebbe il caso di mettere da parte risorse che sono già molto scarse.
In caso di crisi seria, la Banca centrale europea sarebbe pronta a intervenire per evitare un contagio sull’euro: questo però è un futuro che nessuno ovviamente gradisce. Anche perché un’altra crisi si aggiungerebbe alle difficoltà che l’intera Unione europea sta attraversando in termini di scarsa unità e di difficoltà a fare riforme necessarie, sia a livello nazionale che a livello di Ue ed Eurozona. In questo senso, la mancanza di collaborazione di Roma con Bruxelles è stata sottolineata da più partecipanti al convegno. Per esempio, la decisione del governo italiano di collaborare con la Belt and Road Initiative cinese, la cosiddetta Nuova Via della Seta, rischia di dividere gli europei che stanno cercando una posizione comune da tenere nei confronti di Pechino. «Roma non dovrebbe ingaggiare un rapporto con la Cina su basi bilaterali – ha detto Paola Subacchi, professoressa di Economia Internazionale al Queen Mary Institute di Londra —. Si può discutere se farlo come Ue. Ma il ruolo dell’Italia è stare con i suoi partner». C’è un problema Italia, oltre che un rischio Brexit disordinata, nelle paure dell’Europa.