La Stampa, 9 marzo 2019
I Csi dell’arte rubata
All’inizio ci sono loro. Tombaroli. Truffatori. Trafficanti d’arte rubata. Spesso un po’ arruffoni, quelli da film, che immagini avvicinare il turista con il quadro o i reperti archeologici trafugati avvolti nella carta di giornale. Un po’ rigattieri, un po’ mercanti d’arte improvvisati, finti esperti. Un po’ alla Totò truffa, che vende la Fontana di Trevi. Un po’ pataccari, come nel bel racconto di Alberto Moravia (L’impataccato, appunto), dove alla fine la moneta romana appena dissotterrata finisce per fregare l’impostore. Un po’ veri ricettatori. Non è un caso che la commedia all’italiana degli Anni Sessanta abbia preso a piene mani da questi personaggi e il Nucleo Tutela del Patrimonio dei Carabinieri sia nato proprio allora, il 3 maggio 1969 per la precisione.
Londra ombelico del mercato
Il prossimo 3 maggio, per festeggiare il 50° anniversario, si inaugurerà al Quirinale una mostra dove verrà esposta una selezione delle opere recuperate in questo mezzo secolo di attività. Un annuncio fatto durante la recente visita a Londra del ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli, durante la quale - insieme con l’ambasciatore italiano Raffaele Trombetta e il generale di brigata Fabrizio Parrulli, comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale - è stata messa un’altra importante pedina nella lotta al traffico illecito di arte: un accordo con la casa d’aste Christie’s, la prima volta di una trattativa tra uno Stato e un privato. In quell’occasione sono state restituite formalmente all’Italia alcune opere d’arte rubate, che gli ignari proprietari (in Inghilterra vale la regola della «buona fede») avevano tentato di vendere all’asta. Tra questi un rilievo di marmo trafugato dai giardini di Villa Borghese nel 1985, un frammento di marmo di sarcofago proveniente dalle catacombe di san Callisto e il cui furto era stato denunciato nel 1982, oltre a un’importante pagina di un codice miniato sparito dall’archivio di Stato di Venezia nel 1940.
Perché proprio Londra? «Perché è qui l’ombelico del mercato dell’arte. Ed è qui che i trafficanti cercano di riciclare gli oggetti di provenienza illecita. Il grande business si muove sull’asse Londra-New York, grazie finora alla compiacenza di gallerie, case d’asta e mercanti con pochi scrupoli», spiega il generale Parrulli. Ed è qui che è ancora più emblematico rinforzare il concetto caro al ministro Bonisoli di «mercato etico dell’arte», che però ha bisogno di essere affiancato da un grande lavoro di «diplomazia culturale» (definizione dell’ambasciatore Trombetta) e dall’esperienza degli uomini del generale Parrulli, che racconta come l’Italia sia prima al mondo nel recupero delle opere trafugate. Un bel primato, in classifiche che ci vedono troppo spesso come fanalini di coda. Questa volta siamo noi a dare l’esempio.
Il Nucleo Tutela Patrimonio è un reparto unico. «Gli altri Paesi cercano di ispirarsi a noi per copiare le nostre buone pratiche», dice Parrulli. «Il nostro comando è composto da trecento carabinieri che sono anche storici dell’arte, archeologi, archivisti, studiosi abituati a scartabellare nei cataloghi e a fare ricerche in biblioteca, ma anche esperti di informatica e abili setacciatori del web in cerca di indizi per tracciare la refurtiva».
La collaborazione con l’Fbi
Hanno lavorato insieme all’Fbi, hanno trattato con Usa e Messico per il rientro di opere esportate illegalmente, hanno smantellato importanti organizzazioni criminali con operazioni di successo. «Una delle più grosse risale al luglio scorso», ricorda Parrulli, «eseguita in collaborazione con Germania e Spagna, conclusa con l’arresto di 23 persone. È stata smantellata una filiera che partiva da scavi illeciti di tombaroli in provincia di Enna e Caltanissetta, con trasporto di refurtiva nei mercati del Nord Europa, coinvolgendo case d’asta e falsari che fornivano documenti di provenienza, per arrivare a un grande mercante d’arte londinese che faceva da raccordo e sostegno».
Gli uomini del generale Parrulli sono una specie di Csi dell’arte che in questi cinquant’anni ha recuperato oltre 800 mila oggetti, non solo opere importanti rubate nei musei o nelle istituzioni, ma anche cose minori, dalla filatelia ai reperti archeologici, dalle monete agli argenti, ai pezzi trafugati nelle chiese o nelle abitazioni di privati. Il Nucleo Tutela Patrimonio ha la più grande banca dati del mondo di opere rubate: 1 milione e 200 mila pezzi, con le descrizioni e 700 mila foto. Un archivio enorme a cui attingono anche le forze dell’ordine straniere.
L’Italia diventa quindi lo snodo di questa caccia al ladro internazionale e, come spiega il generale Parrulli, non opera solo per recuperare dall’estero il proprio patrimonio, ma aiuta anche gli altri Paesi a individuare e recuperare il maltolto. Il messaggio è chiaro: per i trafficanti d’arte rubata non c’è più spazio di manovra. E la nuova filosofia è quella della restituzione.
Una storia di razzie
Diversi, da questo punto di vista, sono i casi come quello denunciato dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt, che ha inaugurato il 2019 con un provocatorio appello per la restituzione del quadro Vasi di fiori dell’olandese Jan van Huysum, postando un video su Youtube dove lo si vede appendere una copia in bianco e nero del dipinto con la scritta «rubato«. L’opera è stata trafugata dai soldati nazisti durante la guerra e poi è finita nelle mani di un privato in Germania. In questi casi le cose sono più delicate, spiega il generale Parrulli, perché investono i rapporti tra Stati e qui si lavora principalmente a livello di diplomazia e di politica.
E la questione è complessa, se si pensa a quanto è stato fragile nei secoli scorsi il nostro patrimonio culturale, in una terra che è prima nella classifica dei siti Unesco (54 in Italia, seconda la Cina con 53), preda di razzie e di «appropriazioni» tra scorribande di eserciti nemici e invasioni straniere, per non parlare degli appassionati di arte dei Grand Tour che non disdegnavano di portarsi a casa un ricordino dal bel Paese.