«Nel 1963 si diploma al College e negli anni Settanta diviene chirurgo. Ed è stata la prima donna (in plastica) a candidarsi alla presidenza Usa».
Come nasceva, invece, il suo guardaroba?
«Guardavamo all’haute couture – Dior, Givenchy, Schiaparelli, Balenciaga – per arrivare in negozio assieme alle collezioni. Poi negli anni Settanta Yves Saint Laurent ha iniziato a ispirarsi allo street style e questo ha accelerato i tempi di “digestione” dei trend, ma Barbie continua a chiedere agli stilisti edizioni speciali per lei».
Il primo abito da lei confezionato?
«Crisp ’N Cool, un due pezzi ispirato a Jackie Kennedy, che allora, nel 1963, era first lady».
Chi studiava capelli e make–up?
«Per la prima Barbie è stato chiesto a Bud Westmore, truccatore delle dive di Hollywood, di creare un make–up in linea con la moda del tempo e un viso privo di personalità specifica, in modo che le bambine potessero proiettarvi la propria. Per i capelli fu chiamato Larry Germain, hair stylist degli Universal Studios, che li volle in fibra di saran, durevole e lucente. I materiali sono cambiati con lo sviluppo di nuove fibre: per la Superstar Barbie abbiamo usato il Kanekalon, lo stesso delle parrucche umane».
Quali sono le Barbie più rappresentative da lei disegnate?
«Barbie Totally Hair (1992), mini abito stampa stile Pucci e capelli lunghi fino a terra (la più venduta di sempre, ndr); Benefit Ball, la prima che porta impressa sulla confezione il nome del designer, il mio; e infine Jump Into Lace: a fine anni Sessanta fu protagonista di un siparietto al Dean Martin Show sulla tv nazionale».
La sua è tra le più grandi collezioni di Barbie al mondo. Quali sono i pezzi speciali?
«Dieci anni fa ne ho donate molte al museo della United Federation of Doll Clubs a Kansas City, ma a casa non sono sola. I due “tesori” siedono in salotto: Golden Jubilee Barbie, che porta la mia firma sulla sua schiena, e Barbie Carol Spencer, “mini–me” creata dalla Mattel in mio onore. Indossa perfino il mio vestito rosa preferito».