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 2019  marzo 08 Venerdì calendario

Il ritorno di Fenati, il Cattivo

«Assassino». «Devi morire». «Mostro». Romano Fenati era stato processato 6 mesi fa, e condannato. Fine pena mai. Colpevole d’aver perso la testa e "pinzato" i freni di Stefano Manzi nel corso di un duello picaresco - a 217 kmh, sul rettilineo di Misano - che per un vero miracolo non s’era trasformato in tragedia. Sospeso dalla Federazione, il Mostro aveva lasciato in lacrime il motomondiale. Per sempre. «Ho chiuso. Non correrò mai più». Addio a uno dei talenti più puri ma inquieti di questo sport. A 22 anni, un ragazzo perduto. Sei mesi fa. «Invece qualcuno mi voleva ancora bene. E sono tornato a vivere», racconta oggi. A fine febbraio i test ufficiali di Jerez, Moto3, con la Honda del team Snipers. Qualche giorno dopo, le prove qui a Losail: miglior tempo. Il Mostro è tornato. E domenica, che inizia la nuova stagione, è tra i favoriti. «È ricominciato tutto a gennaio, quando ho passato la visita psico- attitudinale per riavere la licenza dalla Federazione internazionale. Sorpresa: non sono pazzo, neanche un po’.
Sembra che abbia la stessa impulsività di tutti gli altri piloti».
Nel frattempo non era mai più salito su di una moto.
«Mai. E che disastro quando è successo, l’altra settimana. Mi veniva da vomitare. Volevo telefonare a Stefano Bedon, il team manager, per dirgli che non se ne faceva più niente. Ma naturalmente non avevo un telefonino con me. Così sono andato avanti: un giro, un altro ancora. Arrivato al box, la famiglia mi stava aspettando a braccia aperte. Sorridevano tutti. Ho capito che non potevo tradirli. Però poi, una volta sceso a terra, ho vomitato davvero».
La ‘famiglia’, dice. Il team Snipers: Giancarlo e Mirco Cecchini, padre e figlio, con Stefano Bedon, un po’ manager e un po’ padre.
«Mi sono stati sempre vicino. Un paio di mesi dopo Misano credo abbiano cominciato a pensarci su: riproviamoci, si sono detti. Io no. Credevo fosse davvero finita. Troppo odio, nei miei confronti».
Ha fatto una cosa terribile, quel giorno.
«Ho sbagliato, ho chiesto scusa. Ho pagato. Le critiche ci stavano, ma non meritavo il linciaggio. Sui social hanno scritto cose terribili. Haters. Ma avranno mai pensato che così la mia vita non la recuperavo più? Ho compiuto da poco 23 anni, la parola perdono non gli dice nulla? Sono stato malissimo. Mi hanno salvato mia madre Sabrina. Il nonno, la mia fidanzata. La fede: sono molto credente. E il resto della famiglia, appunto. Mi hanno tenuto stretto a un filo che non si è spezzato».
Perché tornare a correre?
«Perché è tutto quello che voglio fare. E so fare. La ‘retrocessione’ dalla Moto2 alla Moto3 non importa. Il sapore di libertà, l’emozione, è sempre lo stesso».
Valentino ha sempre detto che lei ha un talento incredibile. Bagnaia ha solo un anno di meno e domenica esordisce in MotoGp. E Fenati?
«Io ci spero ancora, mi piace sognare. Ma il mio futuro è ancora tutto da scrivere, e la strada è in salita. È come tornare al punto di partenza, gettare i dadi di nuovo: e sperare di fare più punti possibile, per avvicinarmi al traguardo. La verità è che sono condannato a vincere: solo così la gente mi perdonerà, lo so».
Chiuda gli occhi e pensi a domenica sera, dopo la gara.
«Sarà una favola. Ma facciamo che la racconto lunedì. Non mi piace fare previsioni».
La "famiglia" dice che Fenati quest’anno punta al mondiale.
«Punto al miglior risultato possibile e a crescere come pilota. Ma soprattutto, come uomo.
Meritavo un’altra possibilità».