Corriere della Sera, 8 marzo 2019
Intervista a Giulia Bongiorno
meridionalix
Ministro o ministra?
«Ministro. È un ruolo. Mi pare una deminutio declinarlo in base al genere. Avvocato, non avvocata».
Ministro Bongiorno, la Lega l’ha portata in Parlamento e al governo. Ma i leghisti di Crotone vorrebbero le donne in casa a fare figli e tacere.
«Una premessa. Veniamo da secoli di legislazioni sempre contro le donne. Ci dobbiamo rendere conto che a tutte noi donne tocca una serie di battaglie per la parità effettiva».
Lo dica ai suoi compagni di partito.
«Mi riferivo a chi condivide quel manifesto: per me è sbagliato lasciare queste battaglie alla sinistra. Spesso si dice che la sinistra è più attenta alla libertà delle donne, all’autodeterminazione, alla parità assoluta, e che la destra lascia più spazio al ruolo della donna tradizionale. Il manifesto di Crotone si inquadra in questa idea: le donne di destra le dobbiamo valorizzare nell’ambito della famiglia come angelo del focolare».
E le pare giusto?
«No, e sono ben contenta che Salvini dopo mezzo minuto si sia dissociato da una serie di affermazioni. Quello che vorrei dire a tutte le donne di destra è che non dobbiamo avere timore di perdere la nostra identità, rivendicando i nostri diritti di donne. È la storia della legislazione a dirci che queste battaglie si devono fare».
La politica italiana è maschilista?
«Sì. Verso le donne c’è un accanimento particolare. Quando da presidente della Commissione Giustizia diedi la priorità alla legge contro lo stalking, me ne dissero di tutti i colori; come se odiassi gli uomini o avessi una vendetta da prendermi. Altri tentarono di ridicolizzare il provvedimento, come se fosse rivolto contro gli innamorati e i corteggiatori. A molte donne, di destra e di sinistra, dalla Carfagna alla Boschi, hanno detto anche di peggio. Ma in quella circostanza scattò una catena di solidarietà: Mara Carfagna era ministro del Pdl alle Pari Opportunità, e lavorò con Donatella Ferranti del Pd».
Ricorda altri esempi di trasversalità?
«Purtroppo me ne viene in mente uno solo: la legge che porta il nome di Lella Golfo, allora Pdl, e di Alessia Mosca del Pd, che ha aperto alle donne i consigli d’amministrazione delle società quotate».
Perché gli esempi di solidarietà femminile sono così rari?
«Gli uomini quando devono raggiungere un risultato riescono a coalizzarsi. Le donne invece hanno quest’ansia di chiarezza e trasparenza, per cui prima di raggiungere il risultato devono specificare alla collega che non la pensano esattamente come lei o anche solo che le sta antipatica. Nei gruppi di donne è facile che si arrivi a una frattura. Per questo dal femminismo in poi le donne non hanno più fatto grandi battaglie».
Non è che la Lega in particolare è maschilista?
«L’Italia in generale è maschilista. La mia parte politica ha questa etichetta. Una delle ragioni per cui ho seguito il progetto di Salvini, oltre al fatto che non era più limitato al Nord, è che parlando mi sono ritrovata a pensarla come lui».
Anche sui diritti delle donne?
«Sì. Ad esempio Salvini era molto interessato alla legge che con Michelle Hunziker abbiamo chiamato del Codice Rosso. Come al pronto soccorso i feriti più gravi vengono curati subito, così le denunzie delle donne in pericolo avranno la precedenza. Bisognerà distinguere, nel giro di pochi giorni, chi mente, chi esagera, chi invece segnala un rischio autentico. E per i violenti potrà scattare subito la custodia cautelare. Sono troppi i casi di donne assassinate dopo aver denunziato. E questo è un tradimento dello Stato, che prima ti dice di denunziare e poi ti abbandona».
A che punto è il Codice Rosso?
«Prima che arrivasse in Parlamento c’era già il sì di tutti, compresi Berlusconi e il Pd. Ora è un disegno di legge a firma Bonafede e Bongiorno, ma per me è di tutti. Sono finite le audizioni in Commissione Giustizia della Camera, a fine marzo va in Aula».
Cosa pensa del movimento MeToo?
«In Italia è stato un fallimento. Ma è importante, perché quando si parla di violenza verso le donne si intende solo la violenza sessuale, la penetrazione, e si tende a rimuovere la violenza psicologica. Il MeToo ha avuto un merito: evidenziare quando una donna si trova in uno stato di grave soggezione verso un uomo e può essere costretta ad accettare un incontro sessuale che non avrebbe voluto: o accetto il rapporto o non avrò la parte a teatro che mi era stata promessa. Diverso è il caso della donna che strumentalizza l’uomo per scavalcare le altre donne».
Perché dice che in Italia è stato un fallimento?
Il giudizio sul MeToo
«In America è nata
una vera discussione, mentre da noi alla fine
è stato un fallimento»
«In America c’è stata una vera discussione, un grande approfondimento. Noi siamo molto più indietro, abbiamo focalizzato l’attenzione su cinema e tv, abbiamo svilito il fenomeno dicendo che la donna è sempre libera».
Cosa pensa della sentenza che ha dimezzato la pena a un assassino in preda a una «tempesta emotiva»?
«L’ho letta con attenzione. Il presidente della Corte d’Appello ha parlato di un equivoco. Ma a pagina 6 c’è davvero il riferimento alla tempesta emotiva e passionale come una delle condizioni che ha influito sulla riduzione della pena. E questo mi ha fatto tornare in mente l’idea di fondo del delitto d’onore, retaggio di una cultura in cui la donna era considerata un bene appartenente all’uomo. Pensi che io ho proposto esattamente il contrario: chi uccide una donna perché dev’essere o sua o di nessuno merita una pena ancora più severa. Anche se la riduzione era dovuta soprattutto al rito abbreviato, che spero sarà presto eliminato per i delitti puniti con l’ergastolo».
Su Repubblica Concita De Gregorio la chiama in causa: cosa pensa Giulia Bongiorno della legge Pillon, altro leghista, che imporrebbe al figlio di passare almeno 12 giorni al mese con ciascun genitore, anche nei casi di divorzi con violenze e abusi?
«Ho già detto a Pillon che non condivido né la definizione generica di “minore”, che non distingue tra un neonato, un bimbo, un adolescente, né questa divisione aritmetica del tempo tra padre e madre. Bisogna valutare caso per caso. È vero che va salvaguardato il diritto del minore prima di quello della madre».
È in disaccordo pure con il ministro leghista Fontana, quando dice che la famiglia composta da persone dello stesso sesso non esiste?
«È un dato di fatto che non esista una legge che equipari le due cose. Detto questo, io sono per la massima libertà e autodeterminazione della donna e dell’uomo nella scelta dei propri rapporti sentimentali. E ne ho parlato con Fontana».
Esiste una questione razzismo in Italia?
«Vedo stanchezza verso il caos, non razzismo verso il nero. Il modo migliore per combattere il razzismo è ripristinare l’ordine e le regole».
Salvini non è razzista?
«Certo che no. È una montatura che gli hanno costruito addosso. Basta confrontarsi con lui cinque minuti per capirlo».
Sulla legittima difesa c’è stato un cambio di maggioranza: Forza Italia ha votato la vostra legge, una parte dei 5 Stelle ha votato contro.
«Sapevamo che nella maggioranza c’erano sensibilità diverse. Il ministro della Giustizia era favorevole; 25 parlamentari 5 Stelle erano contrari. Ma questo non prefigura nessun cambio di maggioranza».
Salvini non tornerà con Berlusconi?
«No. Abbiamo fatto un patto per cinque anni. Il governo va avanti».
Per fare cosa? Dopo quota 100 e reddito di cittadinanza, cosa vi tiene insieme?
«C’è tanto da fare e innanzitutto vogliamo vedere gli effetti del lavoro che abbiamo impostato. Nella pubblica amministrazione abbiamo sbloccato il turn-over: ogni dipendente sarà sostituito. Nessun posto resterà vuoto».
Quante assunzioni farete?
«Tantissime, e in breve tempo. Ora sto autorizzando le assunzioni del 2017 e del 2018. È intollerabile aspettare 6-8 mesi. Cambieremo il meccanismo: prima si assume, poi si controlla».
Olé! Non è una misura un po’ allegra?
«No, i controlli ci saranno, ma abbrevieremo i tempi».
Quali controlli?
«Presto in Aula ci sarà la legge che prevede il controllo biometrico per i dipendenti pubblici. I tornelli non bastano: un furbetto può passare dieci cartellini. Ma con l’impronta digitale oggi, o con l’iride o il riconoscimento facciale domani, combatteremo l’assenteismo».