Corriere della Sera, 8 marzo 2019
L’ultimo Blockbuster del mondo
WASHINGTON A questo punto l’ultima insegna di Blockbuster si trova a Bend, una cittadina nel profondo Oregon, sulla costa occidentale degli Stati Uniti. Alla fine di marzo chiuderà l’altro negozio superstite, nell’Australia occidentale e da quel momento, sull’intero pianeta, esisterà solo questo posto dove noleggiare i dvd. Per i nostalgici degli anni Novanta è già diventato un luogo da visitare. Il New York Timesracconta che ci sono viaggiatori che si sobbarcano deviazioni per centinaia di chilometri per farsi un giro tra gli espositori, provarsi un cappellino, comprare una maglietta. O anche assaggiare la birra speciale «The Last Blockbuster», offerta da un produttore locale.
Sandi Harding, general manager dello store, ha commentato l’inaspettato record con un’esclamazione, vintage naturalmente, anche se postata su Facebook: «Holy Cow it’s exciting», letteralmente «santa vacca (ovvero: caspiterina)» che eccitazione. Ma la vera sorpresa è che gli affari vanno bene. Gli abbonati sono circa quattromila e ogni giorno, ha spiegato Harding al quotidiano newyorkese, se ne aggiungono altri. A disposizione hanno circa 14 mila titoli. Il Blockbuster store, aperto nel 2000 e ora stretto tra un coffee shop che vende marijuana (legalizzata in Oregon) e un obitorio per animali, non ha, dunque, alcuna intenzione di chiudere.
Bend è una cittadina di circa 70 mila abitanti, ma come fa notare la sindaca Sally Russell, le persone sono raccolte in piccole comunità, disperse su un territorio enorme. La connessione Internet ad alta velocità non arriva dappertutto e non in tutte le case. Per molti, quindi, è difficile vedere i film in streaming, collegandosi alle piattaforme come Netflix ormai padrone dell’intrattenimento.
Il declino e poi il crollo di Blockbuster sono stati rapidissimi. Ancora nel 2004 la catena contava circa 9 mila punti vendita negli Stati Uniti. Sei anni dopo si erano ridotti a 300 e la società fu costretta a ricorrere al capitolo 11 del codice della bancarotta per rimborsare gradualmente i creditori e tenere vivo il business.
Ma prima l’offerta delle tv via cavo, poi i film acquistabili on demand direttamente sullo schermo e infine il gigantismo di Amazon, Netflix e altri, hanno spazzato via il rito del noleggio. A Bend, ai margini delle foreste dell’Oregon, sopravvive, sembra di capire, qualcosa di più di un semplice esercizio commerciale. Il Blockbuster gestito da Sandi Harding è un punto di connessione, di chiacchiere dal vivo, per una volta senza la mediazione di un computer o di un telefonino. Un po’ bar, un po’ libreria. Si soppesano, si commentano le novità degli Oscar, oppure si riprende in mano per la centesima volta un dvd di Steven Spielberg, il «Re Leone», oppure il cofanetto del «Padrino».
Così la notizia dell’ultimo Blockbuster ha suscitato tanti commenti sui social e sui siti di informazione. C’è chi ricorda come fosse un passaggio obbligato nel giro delle spese e delle commissioni, specie nel fine settimana. Chi osserva come fosse diverso scegliere il film da portarsi a casa, vagando tra i raccoglitori, tra il reparto dei «classici» e dei «nuovi arrivi» e così via. Abitudini, esperienze condivise per anni da milioni di persone nel mondo. In realtà a suo tempo non tutti erano d’accordo. Vale la pena ripescare una delle sequenze di «Caro diario», il film di Nanni Moretti. L’attore-regista arriva con la sua Vespa tra le villette di Casal Palocco, poco lontano da Roma. In quel momento un signore scende dall’auto con un paio di videocassette in mano. Moretti gli va incontro: «Perché siete venuti qui? Questo mi spaventa: cani dietro il cancello, videocassette, pantofole...». Era il 1993.