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 2019  marzo 08 Venerdì calendario

Intervista a Ligabue: «Avevo perso la voce»

meridionalix
Fuori tutto il resto. In Start c’è il Ligabue essenziale, quello più vicino ai primi dischi e anche più aderente allo spirito rock. «Sì, energia è la parola d’ordine», dice lui che è asciutto pure nel fisico e si illumina sempre di quella malinconia incazzosa che è il suo tesoretto compositivo. «Questa è una partenza, proprio come dice il titolo: per me ogni volta si parte daccapo, non si riparte da dove mi ero fermato». Basso chitarre voce e batteria sono il corrimano dei testi di un disco che esce oggi ed è uno dei suoi migliori da tempo perché, nello stile tipico di questo artista instancabile, ci sono lampi di fiducia nel futuro e di affidamento alle persone che ama. In più, evviva!, le chitarr(on)e dell’iniziale Polvere di stelle e di La cattiva compagnia danno più agilità a un disco che dal vivo sarà un soffio di energia: «E difatti, dal 14 giugno allo stadio San Nicola di Bari, i miei concerti saranno pieni di queste canzoni».
Scusi, Ligabue, da dove arriva questa grinta?
«Arriva anche dall’inferno che, anche io come quasi tutti, ho dentro».
Qual è la temperatura del suo inferno?
«Diciamo piuttosto ribollente. Io ho tutto per stare bene e chi mi vede da fuori magari può pensare che cosa vuole questo. Ma è qualcosa che ho dentro da sempre».
Uno dei brani più belli è La cattiva compagnia nel quale si parla di chi «è pieno fino al collo di cattive compagnie» e di chi «nasce rovesciato». Lei come è nato?
«Io in realtà sono nato impedito, come si dice dalle mie parti, cioè avevo il cordone ombelicale arrotolato intorno a me. L’ostetrica è stata bravissima, altrimenti... Comunque quel brano parla delle cattive compagnie dell’anima che ciascuno si porta dentro».
Però in Start c’è un Ligabue molto muscoloso.
«Avevo già tutte le canzoni quasi pronte quando mio fratello mi ha presentato Federico Nardelli, che aveva appena prodotto Gazzelle. Ho detto: perché no? E lui si è dimostrato pieno di energia, abbiamo sempre avuto un confronto franco e, a differenza di quasi tutti gli altri, mi ha sempre tenuto testa».
Se Start è una partenza, prima c’è stato uno stop.
«Beh, il 2017 è stato il peggiore della mia carriera. La voce che sparisce. L’intervento alla gola. La paura. C’è una data, quella del 14 marzo al Forum di Assago, che non voglio ricordare ma non riesco a dimenticare: io senza voce davanti al pubblico. Per fortuna, come mi avevano spiegato i medici, la mia voce è tornata meglio di prima».
Qual è il sentimento che guida questo disco?
«È un atto di fiducia nel futuro».
Impegnativo.
«Il futuro non esiste: esiste la nostra idea di futuro. Tutti, ormai per abitudine, ci aspettiamo il peggio, ma chi dice che sia così? In più, la tua idea di futuro condiziona anche il tuo presente».
Però diciamo che c’è molta negatività in giro. E i social network talvolta ne sono il detonatore. 
«Abbiamo a disposizione una tecnologia fantastica. Se solo vent’anni fa mi avessero detto che avrei potuto ascoltare in tempo reale tutta la musica che volevo... Però, se la tecnologia è superlativa, l’uso che ne facciamo ci rispecchia molto».
E lei che uso ne fa?
«Beh, io sulle piattaforme divento maldestro...».
Il primo singolo è stato Le luci d’America, per 4 settimane il più trasmesso dalle radio. A chi si riferisce quando canta: «Io vedo fumo sulle macerie/ Tu guardi nello stesso punto e sorridi».
«A mia moglie. Per come la vediamo, la realtà è fatta di pochi dati e molta interpretazione personale. Uno sguardo amorevole aiuta nei momenti di sconforto. E mia moglie, che ha un percorso spirituale intenso e nutriente, è lo sguardo di cui ho bisogno».
Poi c’è il pubblico.
«Si riferisce al tema di Io in questo mondo?».
Il suo rapporto con i concerti.
«Faccio questo mestiere, se si può chiamare così, specialmente per stare sul palco. È una sorta di dipendenza, ormai. Quando sono in scena, guardo molto le facce delle prime file, mi piace vedere chi mi guarda».
Lo farà presto: nove stadi tra metà giugno e metà luglio.
«Non solo canterò molte nuove canzoni, ma vorrei anche adeguare il mio repertorio a questa nuova grinta. Massì, spingeremo un po’ di più il basso e la batteria».