il Giornale, 8 marzo 2019
La crisi delle griffe degli anni ’90
L’addio agli Anni ’90, iniziato lunedì scorso con la prematura scomparsa di Luke Perry (Dylan McKay in «Beverly Hills 90210») e del cantante dei Prodigy Keith Flint, prosegue con il tramonto di alcuni dei brand più iconici per la generazione X: da Abercrombie&Fitch a Victoria Secret. E il momento non è dei migliori neppure per Diesel la cui divisione Usa ha chiesto la protezione dai creditori prevista dal Chapter 11; American Eagle che ha diffuso stime sotto le attese; LK Bennett, che pur avendo tra le clienti anche Kate Middleton, da ieri è in amministrazione controllata; e Gap che ha annunciato la serrata di 230 vetrine.
Non si tratta sempre e solo di numeri di bilancio che per quanto riguarda Abercrombie&Fitch, dopo anni di difficoltà, hanno battuto le stime degli analisti grazie al marchio Hollister (le vendite di Abercrombie sono in calo del 9%), ma della difficoltà di questi gruppi di centrare un modello di business vincente nell’era di Amazon. Il problema è reinventarsi, intercettando youtuber e influencer, i figli di quei ragazzini che sognavano di sfilare tra gli angeli di Victoria’s Secret o stazionavano ore davanti alle vetrine di Abercrombie&Fitch sulla 5th Avenue a Manhattan per farsi fotografare con i modelli a torso nudo del brand.
Abercrombie&Fitch, con l’ultima trimestrale (l’utile netto è 96,94 milioni di dollari dai 74,21 milioni precedenti), ha annunciato la chiusura di altri 40 negozi sugli 861 attuali. E potrebbe non essere finita qui. La ristrutturazione è in corso e la parte più complessa è legata al cambiamento della percezione del marchio. «Non siamo più quell’Abercrombie&Fitch che una volta conoscevate» ha detto Fran Horowitz alla guida dal 2017.
Ancora più emblematica la situazione Victoria’s Secret (marchio di lingerie del gruppo L Brands) che con le sue sfilate di «Angeli» ha dettato i canoni di bellezza per tutta la generazione X. Il brand ha appena annunciato la chiusura di 53 vetrine, 15 in più rispetto a quanto messo in conto in origine e ha fatto sapere che «tutte le opzioni sono aperte». Nell’ultimo trimestre del 2018 la società ha registrato un utile netto di 540 milioni di dollari, dai 664 milioni del 2017, su ricavi per 4,85 miliardi, sotto le attese degli analisti. Ad abbandonare il sogno proposto da Victoria Secret sono soprattutto la generazione Z e i Millennial che preferiscono un intimo più sportivo rispetto al modello tutto pizzo e merletti ideato dal brand. Il viale del tramonto intrapreso Victoria’s Secret ha perfino spinto il fondo attivista Barington a chiedere la separazione del marchio dal ben più profittevole Bath & Body Works (sempre di L Brands).