Libero, 7 marzo 2019
I grillini consegnano la commissione giustizia a una praticante legale
Come ti sostituisco la grillina poco trasparente al centro dello scandalo dei mancati rimborsi? Ma con una grillina “ripetente”, che vanta una pratica legale infinita tanto che a 35 anni suonati, nel mezzo del cammin di sua vita, non è ancora diventata avvocato. Da cui la domanda conseguente: è peggio non rispettare il codice etico del Movimento o conoscere a malapena il Codice penale e civile? Nel dubbio ieri i membri della Commissione Giustizia hanno eletto come nuovo presidente, dopo le dimissioni della deputata grillina Giulia Sarti, l’altra pentastellata Francesca Businarolo, premiata con 24 preferenze su 34, e dunque con i voti favorevoli sia di 5 Stelle che della Lega. Si dirà che, quanto ai criteri di “onestà” così come intesi dai grillini, si possono fare meno rilievi alla Businarolo rispetto a chi l’ha preceduta: lei, che risulti, ha restituito tutti i soldi al fondo parlamentari del microcredito, come stabilito dal regolamento 5 Stelle; e di certo non ha denunciato, come la Sarti, il proprio fidanzato, accusandolo di essersi intascato i soldi del rimborso, solo al fine – come ritiene la procura di Rimini – di salvarsi lei stessa la faccia. Ma basta questo a fare della Businarolo una candidata degna di assumere la presidenza di una Commissione così sensibile? Basta l’essere persone specchiate o fedeli esecutori delle regole del Movimento per scalare posizioni in Parlamento? Non ci vorrebbe qualche requisito ulteriore come, non diciamo il merito, ma almeno il curriculum e la competenza? Stando agli atti, l’unica mossa politica rilevante della deputata dei 5 Stelle è aver presentato l’emendamento al ddl corruzione che prevede lo stop alla prescrizione già dopo il primo grado di giudizio. Fatto evidentemente meritorio agli occhi dei giustizialisti grillini, e ora tributato (con questa elezione) anche dai leghisti, in nome di quella che l’azzurro Enrico Costa – uscito dalla Commissione al momento del voto per protesta, insieme agli altri deputati forzisti – definisce «una partita di giro».
VIOLENZA DI GENERE
Ma ancora: è sufficiente questa posizione così intransigente sui presunti rei e questo suo atteggiarsi a paladina anti-corruzione a farne la guida ideale della Commissione Giustizia? E basta a renderla eleggibile il suo impegno politicamente corretto e filo-femminista a proporre subito, da presidente, una «legge contro la violenza di genere»? Non servirebbe qualche titoletto in più?
SCELTA AL RIBASSO
Macché. Dal suo curriculum apprendiamo che la Businarolo, laureata in legge, è un’eterna praticante legale, dato che non è ancora riuscita a superare l’esame di avvocato. Ora, per carità, in un Movimento che vanta come leader un tale che ha raggiunto l’apice della carriera facendo lo steward allo stadio San Paolo e che ha piazzato come ministro delle Infrastrutture l’illuminato assicuratore Toninelli e come sottosegretario all’Economia la laureata triennale Laura Castelli che voleva dare lezioni sullo spread a Padoan, tutto è possibile. Però resta inevasa la domanda: perché continuare ad adottare, come criterio di selezione politica, l’inesperienza e l’incompetenza? Perché fare sempre una scelta al ribasso, in direzione della mediocrità? Perché preferire dei dilettanti a dei professionisti? È questo il senso del voler stare vicini ai cittadini, dell’essere populisti, del contrastare la Casta e del rovesciare le élite? Non hanno capito i 5 Stelle che un movimento politico si regge solo se riesce a costruirsi una propria classe dirigente? Sì, va bene l’uno vale uno, va bene la democrazia diretta, va bene la piattaforma Rousseau, ma anche i populisti, per durare, hanno disperato bisogno di una élite. Di qualcuno cioè capace di passare un esame da avvocato prima dei quarant’anni…