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 2019  marzo 07 Giovedì calendario

Intervista a Sebastiano Lombardi, direttore di Rete 4

meridionalix
Sono passati solo sei mesi dalla «rivoluzione di settembre» che ha trasformato Rete 4 in un canale dedicato all’infotainment, l’informaizone spettacolo che ha segnato un cambio radicale della sua offerta televisiva e una delle poche vere novità della tv generalista italiana. Sebastiano Lombardi, 49 anni, a Rete 4 dal 2014, fa con noi un primo bilancio.
Direttore, partiamo subito dalla patata bollente. Ha licenziato il direttore del suo tg Gerardo Greco dopo nemmeno un anno di lavoro. Cosa è successo?
«Anche Glenn Gould, uno dei più grandi interpreti di Bach del 900, quando ha provato a cimentarsi con altri autori non è così bravo. Succede. Abbiamo puntato su Greco, alla Rai un numero 1, ma l’innesto culturale non ha funzionato. La sua visione è essere un ponte fra la notizia e il telespettatore: oggi questo approccio non funziona più. O domini la notizia o la notizia domina te. Gli abbiamo chiesto di rescindere il contratto, non aderiva al nostro progetto editoriale».
Chi arriverà al suo posto?
«Rosanna Ragusa è la direttrice del Tg 4. E va bene così».
Quando è nato il desiderio di ridisegnare Rete 4?
«In un pranzo del 2016 con Pier Silvio Berlusconi e l’alta dirigenza aziendale: facevamo il punto prima delle vacanze estive. Tolstoj diceva che «le battaglie si raccontano non per come sono andate ma come si vorrebbero che fossero andate» e allora abbiamo cominciato con lo scrivere le linee guida: il 40% è pensiero strategico (cosa mi immagino e come la voglio), il 30% frutto di un incontro tra intelligenze (Marco Paolini, Alessandro Salem, Mauro Crippa, Pier Silvio Berlusconi e Stefano Sala responsabile di Publitalia) e l’ultimo 30% è il risultato imponderabile dell’incontro di queste due forze. Che interpreti solo quando va in onda».
Per il lancio avete scelto i volti dei vostri personaggi di punta. Greco a parte, vi hanno soddisfatto?
«Sì, hanno fatto meglio di quanto immaginassimo. Ora siamo allo 0,6% in più dell’anno scorso, la media di rete è arrivata al 4,5. Abbiamo intercettato un pubblico giovane, istruito, meglio distribuito sul territorio, pregiatissimo. Non certo il pubblico che Rete 4 aveva prima».
Analizziamo le performance dei singoli? Cosa ci dice di Nicola Porro?
«Ha accettato una sfida difficilissima, anche contro Montalbano al lunedì sera. eppure è salito di due punti percentuali (da 3,8 a 5,8) rispetto all’anno scorso. Non ha mai tradito una linea editoriale molto precisa e senza mai prendere scorciatoie è andato diritto all’obiettivo, spesso con ospiti di altissimo profilo».
Piero Chiambretti?
«In prima serata ha capito la rete, il pubblico che aveva di fronte e non è stato mai stato snob. Chiambretti aveva un’idea di televisione ben precisa ma adesso è entrato perfettamente nei meccanismi del talk show. È stato umile, ci ha dato una secchiata di colore che riverbera su tutta Rete 4».
Roberto Giacobbo?
«Ci sono sei camere sempre su di lui, autoproduce tutto, comprese le musiche. La divulgazione spettacolare è esattamente quello che un pubblico popolare sogna di vedere. Lui è il format di se stesso. Preciso e con grandi risultati».
Da stasera torna Paolo Del Debbio dopo lo stop alla sua «Quinta colonna».
«Lo abbiamo fermato perché avevamo capito che era finito il racconto delle “piazze urlatrici”».
Ora cosa succederà?
«Paolo va sul territorio in prima persona, a cercare le grandi contraddizioni di inclusione ed esclusione. A Scampia non c’è solo delinquenza, puoi trovare anche una forza propulsiva straordinaria. Si ha il dovere di raccontare che non ci sono solo fango o solo lustrini. La Milano post-Expo è in continua evoluzione ma ci sono situazioni di degrado importanti». 
Oggi Rete 4 è la sua rete? Vi si riconosce o manca ancora qualcosa?
«Vorrei consolidare la presenza di Chiambretti, dargli più continuità, poi vorrei riportare Maurizio Costanzo a casa. Anche da parte sua c’è l’intenzione di ragionare insieme. Ci stiamo lavorando, la terrò informata».