ItaliaOggi, 7 marzo 2019
Il problema dell’Italia: fa sempre meno figli
C’è un enigma che non sono mai riuscito a decifrare: come mai è così difficile, in Italia, riuscire a richiamare l’attenzione su problemi molto seri, destinati a creare gravi conseguenze se lasciati andare per conto loro? Problemi facili da capire, che non richiedono particolari competenze, ma soltanto un po’ di buon senso. Come la questione demografica.
Leggendo il libro Italiani poca gente del professor Antonio Golini, nella bella intervista realizzata da Marco Valerio Lo Prete, si rimane allibiti: possibile che tutte le cose che vengono dette, spiegate, documentate, non riescano a innescare una reazione vitale in persone che, per cultura e formazione, dovrebbero essere particolarmente sensibili a queste problematiche? Il professor Golini, nel corso della sua lunga carriera di demografo, ha avuto modo di verificare spesso questa indifferenza. Me ne resi conto anch’io quando nel 2008 scrissi con Lorenzo Pinna Perché dobbiamo fare più figli, un libro sulle conseguenze del declino delle nascite.
È come se questo problema riguardasse gli altri, e non noi.
In realtà i giovani che oggi vanno a scuola vivranno sulla loro pelle l’effetto contemporaneo e devastante della diminuzione delle nascite e dell’allungamento della vita. Infatti il futuro non è così lontano. Quando si parla per esempio del 2050 si ha l’impressione che si tratti di un tempo quasi remoto, ma uno studente che entra oggi all’università, nel 2050 sarà un giovane cinquantenne. I bambini che vediamo oggi nei parchi giochi, seguiti amorevolmente dai genitori, nel 2100 saranno più giovani di me. In altre parole dovranno affrontare in prima persona tutti i cambiamenti di questo nuovo secolo. Qualcuno si è mai preoccupato del loro avvenire?
Gli uomini (e ancor più le società) tendono solitamente a reagire solo quando un pericolo diventa direttamente visibile, ma non quando è necessario simularlo mentalmente. Inoltre il futuro appare sempre incerto, mentre il presente è sempre molto importante. Per la demografia però non è così: la demografia lavora su tempi lunghi, nell’arco di generazioni. Ed è implacabile. Qualcuno ha fatto l’esempio della scala mobile: i pochi, o i molti, che ormai vi sono saliti non potranno più aumentare o diminuire: sono già in movimento sui vari scalini e rappresentano la struttura della futura società, non più modificabile.
Nella futura demografia italiana ci saranno grandi novità rispetto al passato. In particolare cambierà la classica sequenza studio-lavoro-pensione: da un lato il periodo dello studio mediamente si allungherà (vi saranno meno giovani italiani ma più figli di immigrati); dall’altro una massa crescente di anziani, sempre più bisognosi di cure e di assistenza. In mezzo, una fascia attiva (che comprenderà molti immigrati e probabilmente non pochi lavoratori anziani) che dovrà essere molto efficiente per riuscire a produrre per tutti, e a mantenere un alto livello competitivo in un mondo globalizzato.
Stiamo preparando la nuova generazione (a scuola e non) a farlo? Le domande sono tante, perché i cambiamenti demografici influenzeranno direttamente e indirettamente ogni aspetto della società. Leggere il libro Italiani poca gente è un’operazione salutare per aprire la mente, ma anche per capire cosa è ancora possibile fare per correggere la traiettoria.
*Dalla prefazione di Italiani poca gente, il libro-intervista di Marco Valerio Lo Prete