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 2019  marzo 07 Giovedì calendario

Biografia di Florentino Pérez

Florentino Pérez (Florentino Pérez Rodríguez), nato a Madrid l’8 marzo 1947 (72 anni). Imprenditore. Presidente e amministratore delegato del gruppo Acs (Actividades de Construcción y Servicios). Dirigente sportivo. Presidente del Real Madrid (dal 2009; già dal 2000 al 2006), con cui ha vinto quattro campionati spagnoli (2000/2001, 2002/2003, 2011/2012, 2016/2017), due Coppe del Re (2010/2011, 2013/2014), quattro Supercoppe spagnole (2001, 2003, 2012, 2017), cinque Coppe dei Campioni (2001/2002, 2013/2014, 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018), quattro Supercoppe europee (2002, 2014, 2016, 2017), quattro Mondiali per club (2014, 2016, 2017, 2018) e una Coppa intercontinentale (2002). Politico. Secondo l’ultima classifica della rivista Forbes (aggiornata al 5 marzo 2019), detentore di un patrimonio netto di 2,2 miliardi di dollari, che ne fa la nona persona più ricca di Spagna e la 1.057a più ricca del mondo. «Un buon giocatore costa. Un grande giocatore costa ma si paga da solo, fra rendimento, trofei e ritorni d’immagine» • «Sono nato nel 1947, l’anno in cui fu inaugurato il Bernabéu. Potevo diventare tifoso di un’altra squadra? Non solo: mamma, papà, parenti, tutti – e sottolineo: tutti – madridisti fino al midollo. Non avevo scelta. Prima volta allo stadio, a quattro anni. E poi, con papà, ho girato l’Europa in auto, dietro allo squadrone delle cinque coppe» • «Terzo dei cinque figli di un modesto profumiere» (Gian Antonio Orighi). «Aveva 13 anni quando suo padre […] gli regalò la tessera numero 5.894 di socio» (Roberto Perrone). Laureatosi in Ingegneria al Politecnico di Madrid, dopo aver mosso i primi passi nel settore privato si accostò alla politica, aderendo all’Unione di centro democratico (Ucd), il partito fondato dall’allora capo del governo Adolfo Suárez, il primo a essere stato democraticamente eletto dopo la caduta del regime franchista. Pérez ricoprì allora, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, una serie di incarichi pubblici, sia in ambito locale, come membro della giunta madrilena, sia in ambito nazionale, come dirigente ministeriale (prima al dicastero dell’Industria e dell’Energia, quindi a quello dei Trasporti, infine a quello dell’Agricoltura), per poi lasciare l’Ucd e diventare segretario generale del Partito riformista democratico, formazione che non ottenne però alcun seggio alle elezioni generali del 1986, dissolvendosi poco dopo. Abbandonata la politica, Pérez tornò al settore privato, iniziando una proficua carriera in ambito edilizio, nella quale seppe coniugare abilmente alle sue capacità imprenditoriali le conoscenze e i contatti acquisiti durante la sua esperienza politica: assunta nel 1983 la guida delle Construcciones Padrós, riuscì infatti nell’arco di pochi anni, grazie a una serie di fusioni, a espandere le proprie attività, fino a giungere, nel 1997, al vertice del gruppo Acs. Sotto la sua gestione, l’azienda si è grandemente sviluppata, mettendo a segno una serie di importanti acquisizioni: tra le più rilevanti, quella del concorrente gruppo spagnolo Dragados nel 2003, grazie alla quale la Acs divenne una delle più importanti imprese edilizie nazionali, e quella della tedesca Hochtief nel 2011, che fece della Acs la prima società di costruzioni di Spagna, proiettandola ai primi posti in ambito internazionale e consentendole così, nell’ottobre 2018, di partecipare insieme all’italiana Atlantia all’acquisizione della multinazionale spagnola delle infrastrutture Abertis, in misura quasi paritetica (Atlantia ha infatti ottenuto la maggioranza assoluta della società, con il 50% delle azioni più una). A conferire fama e lustro a Pérez è però soprattutto la presidenza della più gloriosa squadra calcistica della storia, il Real Madrid, conquistata, dopo un primo tentativo fallito nel 1995, nel luglio 2000, in uno dei momenti più critici per la società. All’epoca, infatti, «le agenzie di stampa battevano una notizia che ferì un mucchio di cuori, specie quelli più nostalgici: il Real Madrid ha debiti per oltre 230 miliardi di lire, e l’Uefa è pronta a escluderlo dalla Champions League. E, mentre i tifosi si disperavano, il piano di salvataggio veniva approntato: si vende Roberto Carlos, poi Anelka, poi Raúl, poi Morientes, poi… Poi, un tubo. Perché qualche giorno più tardi Florentino Pérez […] prese più voti dell’allora presidente Lorenzo Sanz e ascese al trono: numero 1 del Real Madrid, presidente del club più famoso del mondo. Si presentò dicendo: prendo Figo e poi anche Zidane. L’uscente Sanz gli rise in faccia: “Demagogia: Pérez non prenderà nessuno”. Infatti. Pérez rubò Figo al Barcellona, e […] s’è preso anche Zidane. […] In dodici mesi appena, […] il buco nero è diventato (tornato) la stella più lucente del calcio mondiale. Il club dei club, quello che più o meno era negli anni meravigliosi per i madridisti, certo di Puskás e Di Stéfano, Santamaría e Gento. Com’è potuto accadere? Intanto la politica, perché alla fine la ruota gira sempre e dappertutto allo stesso modo. Il costruttore Pérez alle elezioni si era presentato avendo già in mano l’asso pigliatutto, ovvero la certezza che la città di Madrid avrebbe acquistato dal Real la Ciudad Deportiva, il centro tecnico del club: una cosa come Milanello o Trigoria, ma dentro la capitale. E infatti, una volta asceso alla carica massima, Pérez concluse l’affare: la Ciudad alla città, 590 miliardi di lire al Real, che di quella somma ha poi investito solo una parte per costruire un nuovo centro tecnico, […] la Ciudad del Madridismo. Oplà, magia: il debito era sparito. Ora si poteva fare le cose in grande. […] Il punto di partenza per la rinascita è stata una delle massime di Pérez: “Il Real è un marchio universale, per cui ha bisogno di giocatori universali. È con i migliori giocatori del mondo che si fanno i soldi, non con gli altri…”. Universale: se lo dice un allenatore, è per indicare un calciatore che sa giocare dappertutto; se lo dice un presidente, è per indicare un giocatore che si "vende" dappertutto. E allora: Roberto Carlos, Figo, Raúl, McManaman, Zidane, Flávio Conceição, Morientes, Sávio tutti insieme senza contare gli altri, per la più universale delle squadre. Quella che chiunque vuol vedere giocare, quella di cui tutti comprano maglie, poster e le mille diavolerie che i maghi del marketing riescono a inventare» (Alessandro Tommasi). Iniziò così la stagione dei cosiddetti galácticos, appunto i «giocatori universali», componente fondamentale di una squadra assemblata sul modello «Zidanes y Pavones». «La “solución mágica”, come venne definita in Spagna, ai problemi del Real Madrid era, in fondo, quello che un club con grande tradizione e immancabile ambizione dovrebbe perseguire: investire denaro (anche molto) per acquistare “solo” i più grandi giocatori del mondo (Zidane) soprattutto all’attacco, e recuperare l’importanza della “cantera”, del settore giovanile e, con essa, dell’identità del club (Pavón, giocatore doc) in difesa. Via la classe media, quella che pesa sui bilanci. […] La prima cosa che fece, quando venne eletto, il 16 luglio 2000, fu di indicare Alfredo Di Stéfano, uno degli idoli delle “sue” leggendarie merengues degli anni Cinquanta-Sessanta, alla presidenza onoraria. Il giorno dopo mostrò il contratto di Luís Figo, come promesso agli elettori. […] Ronaldo [«il fenomeno», naturalmente – ndr] […] fu il terzo grande acquisto: prima Figo, poi Zidane (strappato alla Juve nel 2001 per 140 miliardi di vecchie lire). Quindi, nel 2003, David Beckham, poi Michael Owen, […] infine, tra il 2005 e il 2006, Robinho e Cassano. Non ha vinto neanche poco: due titoli della Liga (2000/2001 e 2002/2203), una Champions League (2002), una Intercontinentale (2002), due Supercoppe spagnole (2001 e 2003) e una Supercoppa europea (2002). Però forse ha vinto meno di quello che s’aspettava, e i Galácticos, come Pérez ha battezzato lo squadrone, hanno ottenuto più successo come macchine da marketing che da gol. Le camisetas del Real hanno fatto il giro del mondo, il Real è stato il primo a fare il raduno pre-campionato in Cina» (Roberto Perrone). «L’unico successo incontestabile è venuto dal punto di vista del marketing. A cominciare dalle magliette: per ogni star, la società è riuscita a venderne almeno mezzo milione. E poi le tournée estive in tutto il mondo, e le scuole di calcio aperte nei cinque continenti. E gli sponsor, i diritti d’immagine, il merchandising, i diritti internet e radio-tv. Con Pérez presidente, il Real Madrid è diventato un grandissimo affare» (Alessandro Oppes). Contestato da parte dei tifosi per i risultati sportivi ritenuti insoddisfacenti, e preoccupato per la bolla speculativa che incombeva sul mercato immobiliare spagnolo, nel febbraio 2006 Pérez rassegnò le proprie dimissioni dalla presidenza della società, per poi però ricandidarsi nel maggio 2009, ed essere nuovamente eletto dai soci il 1° giugno successivo. «Nel 2009 si ripresenta con Cristiano Ronaldo e Kaká, ma gli ci vorrà Mourinho in panchina per tornare almeno in semifinale di Champions e vincere una Liga, nel 2012. Ma intanto con lui il Madrid diventa il club più ricco del mondo per 11 anni di fila» (Andrea Sorrentino). «Tra il 2009 e il 2013 il Madrid aveva sofferto terribilmente lo strapotere del Barça, aveva vinto solo una Liga e una Copa del Rey ed era scosso dalle tante guerre, interne ed esterne, scatenate da José Mourinho. Carlo Ancelotti ha portato la pace e la Décima [la decima Coppa dei Campioni, lungamente agognata dalla società madrilena – ndr], e da lì il Madrid è tornato a volare» (Filippo Maria Ricci). Negli anni successivi, infatti, la società ha conquistato uno straordinario numero di trofei: spiccano, su tutti, le tre Coppe dei Campioni consecutive vinte nel periodo in cui la squadra è stata allenata da Zinedine Zidane (2016-2018). Decisamente negativa, invece, la stagione in corso, segnata, oltre che dall’abbandono di Cristiano Ronaldo per le tensioni nel rapporto con Pérez, da un andamento del tutto insoddisfacente sia in campionato sia nelle competizioni internazionali: se l’umiliante sconfitta per 5-1 rimediata nell’ottobre 2018 con il Barcellona al primo Clásico è già costata la panchina a Julen Lopetegui a soli quattro mesi e mezzo dal suo insediamento, la nuova sconfitta al secondo Clásico e, soprattutto, la cocente eliminazione per 1-4 inflitta dall’Ajax agli ottavi di finale di Coppa dei Campioni nel marzo 2019 sembrano destinate a causare l’esonero del nuovo tecnico, Santiago Solari. In ogni caso, nel giugno 2017 Pérez è stato confermato presidente fino al 2021, anche grazie alle nuove clausole da lui stesso introdotte nel 2012 per garantirsi la conferma l’anno successivo. «“Non è che qui può arrivare uno qualsiasi, magari straniero, raccontare quattro fesserie e prendersi il Madrid. Non siamo una bocciofila, ma il club più importante al mondo”. La frase fa infuriare la Federbocce spagnola, ma provoca un’ovazione tra i soci del Real, ciò che interessa a Florentino Pérez, che quelle parole ha pronunciato. Siamo nel 2012: El Ingeniero riesce a far passare il nuovo statuto, che gli consegna lo scettro fino quando lui vorrà: per presentare la candidatura alla presidenza bisognerà essere soci da vent’anni e versare una fideiussione, dal proprio conto personale, pari al 15% del patrimonio del club, circa 100 milioni. Si deve essere ricchissimi, oltre che soci storici. Ergo, bisogna essere Florentino Pérez» (Sorrentino). «Il mio mandato scade nel 2021. Poi decideranno i soci. Sarò presidente sino a quando lo vorranno loro» (ad Alberto Cerruti) • Vedovo, tre figli. «Tutti rigorosamente “bianchi” [cioè madridisti – ndr]. […] Come regalo di fidanzamento offrii a María Ángeles la tessera di socio» (a Roberto Beccantini) • Ottimi i rapporti con i principali istituti di credito spagnoli, che sostengono da sempre le sue campagne acquisti. «Tra il 2010 e il 2011 Banco Santander e Bankia chiesero aiuto alla Bce presentando come garanzia i finanziamenti concessi al Real Madrid per gli ingaggi di Cristiano Ronaldo (94 milioni) e Kaká (60 milioni): il sistema bancario spagnolo, indebitato fino al collo, fa il calciomercato per la Casa Blanca. E pare sia successo anche con Gareth Bale, acquistato dal Tottenham nel 2013 con un esborso record di 101 milioni, reso possibile dai prestiti elargiti dalle stesse banche salvate qualche anno prima con i soldi dei risparmiatori e dei contribuenti europei» (Gabriele Lippi) • Tra i pochi calciatori che ha corteggiato senza successo, Francesco Totti («Totti è una delle leggende che tutti avrebbero voluto. Prima del 2006, all’inizio della mia presidenza, gli avevo telefonato per chiedergli di venire, ma lui mi disse che non poteva muoversi da Roma») e, soprattutto, il campione dei rivali catalani, Lionel Messi. «Florentino ha provato almeno due volte a strappare Messi al Barça, e i suoi amici dicono che la seconda ci è andato vicinissimo» (Sorrentino) • «Costruttore fra i più potenti d’Europa, amico intimo di José María Aznar, ex premier di Spagna e madridista fino al midollo» (Beccantini). «Simpatico, seduttore, molto ambizioso e con un grande potere di persuasione» (Orighi). «Intelligente, pragmatico ed estremamente calcolatore» (Oppes). «La verità è che Florentino ormai è il Re Sole del Madrid. […] Molti acquisti del Real si sono saldati ai suoi affari. Compra Özil e Khedira in Germania nel 2010, e poco dopo la sua Acs ha la maggioranza della più grande impresa di costruzioni tedesca; ingaggia James Rodríguez e ottiene appalti milionari per costruire due autostrade in Colombia; arriva Chicharito Hernández e ad Acs va l’appalto per rimodernare una raffineria in Messico; acquista il giovane norvegese Ødegaard e, fatalità, dopo qualche mese ecco la sua azienda presente in Norvegia per i treni ad alta velocità e in un’azienda di trivellazioni petrolifere nell’Atlantico. È un Re Sole, o forse un Carlo V sul cui impero non esisteva tramonto. E il Madrid non ha problemi di spese. […] Poi, si sa, certi re non apprezzano ironie, critiche e attacchi alla propria maestà, e a volte ne fanno le spese i giornalisti. A Madrid non si muove foglia che Florentino non voglia, e un paio di prestigiose firme del giornalismo sportivo spagnolo hanno avuto i loro problemi: chi ha dovuto cambiare giornale, chi ha dovuto smettere di occuparsi del club. […] Dopo aver pubblicato per mesi le rivelazioni di Football Leaks sui problemi fiscali di Cristiano Ronaldo, è caduto il direttore del Mundo, Pedro Cuartango. Proprio lo stesso giorno, sul Mundo, sono comparse due pagine di affettuoso ritratto di Florentino Pérez, descritto come un presidente illuminato. Accade anche questo, alla corte del Re Sole» (Sorrentino) • «Ha portato al Real Madrid un progetto rivoluzionario che ha stupefatto Milan e Bayern Monaco, Juventus e Manchester United, Inter e Barcellona. “L’idea fondamentale è quella del branding. Cioè, dare al marchio Real Madrid una grandissima forza a livello mondiale. Solo dopo potrai gestire diritti di immagine e sponsorizzazioni di valore finanziario unico. Alle multinazionali non basta che il Real Madrid sia il numero uno in Spagna ed in Europa: a loro interessa anche una forte attrazione mondiale, in sintonia con la loro vocazione globale. […] Ma questo è possibile solo se crei l’equazione ‘Real Madrid uguale massimo spettacolo e divertimento’”» (Martin Gomez) • «Il suo idolo? “Alfredo Di Stéfano. Non era un semplice campione: era un campione più un altro più un altro ancora. Totale: undici. Da solo, faceva una squadra”» (Beccantini). «Io venero la memoria di Santiago Bernabéu, che costruì una squadra da leggenda, che vinse tutto, tra cui anche 5 Coppe dei Campioni di fila. Ci riuscì portando al Real Di Stéfano e Puskás, Kopa e Santamaría, Gento e Didi. […] Io cerco di ripercorrere la stessa strada di don Santiago: solo che ora, con le grandi star, oltre a conquistare trofei conquistiamo anche mercati». «La Fifa nel 2000 ci ha assegnato il titolo di miglior club del XX secolo. Lavoriamo per ricevere lo stesso riconoscimento nel XXI».