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 2019  marzo 07 Giovedì calendario

A Dinami nessuno chiede il reddito di cittadinanza

DINAMI ( VIBO VALENTIA) Nel Comune più “povero” d’Italia nessuno chiede il reddito di cittadinanza. Un paradosso che racconta il Paese reale meglio di tanti fatti e numeri. «Stamattina al bar scommettevamo su chi avrebbe presentato la domanda, ma fatti due conti ci siamo detti che alla fine non lo chiederà quasi nessuno…»: Giuseppe è il titolare del caffè al centro di Dinami, duemila anime sotto i monti delle Serre. Siamo in Calabria, nella provincia di Vibo Valentia. Laggiù si intravede uno spicchio di mare. Azzurrissimo. Più in là la cima innevata dell’Etna. Qui c’è il reddito pro-capite più basso della regione che, a sua volta, è in coda alla classifica italiana del benessere. Lo ha certificato il ministero dell’Economia: 9.051 euro annui che si confrontano con i 19.500 medi del Paese. Sono le dichiarazioni dei redditi del 2017, ma non è che nel frattempo la situazione sia cambiata. Anzi. «Mio figlio Vincenzo è l’unico nato in paese nel 2018 – dice ancora Giuseppe – e intanto negli ultimi mesi si sono celebrati sei funerali». Eppure non è solo la demografia a spiegare il paradosso di Dinami. «È vero, qui ci sono molti pensionati – spiega Gregorio Ciccone, il sindaco, indicando dalla finestra del municipio gli uliveti che degradano verso il mare – ma ci sono anche modelli economici che fanno di Dinami il paese più povero solo sulla carta. Penso all’agricoltura, ad esempio, che grazie all’intreccio tra il sistema delle giornate lavorative, del versamento dei contributi, delle malattie, dell’indennità di disoccupazione e degli assegni per i figli a carico, consente a tante persone di mantenersi dignitosamente. E i controlli sono scarsi». Come dire (e non dire) che esiste quell’economia tra sommerso e elusione su cui si basa gran parte del Mezzogiorno (e non solo) e per la quale in molti casi il Reddito di cittadinanza rischia di rappresentare un’inutile complicazione burocratica. A meno che non si voglia rischiare aggiungendolo al lavoro in nero. Ecco così che nell’ufficio postale e nel Caf del paese non si ancora presentato nessuno a fare domanda: «Consideri – aggiunge il sindaco – che nel nostro Comune non più di sette persone hanno utilizzato il Rei, il reddito di inclusione che, oltretutto, è molto più logico e trasparente del reddito di cittadinanza». «Qualche giovane di qui forse ne avrebbe anche diritto – racconta Giuseppe mentre serve un caffè – ma tutto sommato con la pensione dei genitori e dei nonni o con qualche lavoretto vario, tira avanti comunque. Gli altri continueranno ad andarsene dal paese». In ogni caso la semplificazione “Dinami, Comune più povero d’Italia” non va giù a Ciccone: «Io ho conosciuto la povertà vera. A casa mia eravamo sei figli e vivevamo solo con il lavoro di papà, la carne si mangiava ogni tanto e non sapevamo cosa fosse la frutta a tavola. Non credo che debba essere lo Stato a coprire ogni difficoltà delle persone; semmai i soldi andrebbero investiti nei servizi e nelle infrastrutture, così chi va a lavorare in altre parti del territorio può mantenere le radici dove è nato». Eppure la Calabria resta fanalino di coda dell’economia italiana: il tasso di disoccupazione (oltre il 22%) è il doppio di quello medio nazionale e il triplo di quello europeo, mentre «la ripresa dell’attività economica – spiega Bankitalia nell’ultimo aggiornamento congiunturale – è insufficiente a colmare la caduta registrata durante la crisi». Secondo le proiezioni dell’Inps sono 144mila i calabresi potenzialmente beneficiari del Reddito di cittadinanza, ma in tutta la regione ieri non c’e’ stato il temuto “assalto” ai Caf e agli uffici postali: «Nel primo giorno abbiamo elaborato un totale di 600 pratiche, con picchi a Cosenza, Crotone e Cirò Marina», dice Valentino Marzella, responsabile dei Caf Cgil regionali. Ovviamente è troppo presto per i bilanci, per capire cosa significhi il reddito di cittadinanza in Calabria e quali saranno gli effetti dello strumento vessillo del M5S. Ma il paradosso di Dinami qualcosa forse insegna.