Corriere della Sera, 6 marzo 2019
Gli sbarchi e il calo delle nascite
Preoccupati di difenderci gli uni dagli altri e da nemici in parte inventati, noi italiani stiamo indebolendo le nostre capacità di proiettarci in progetti utili al presente e al futuro di ciascuno di noi. Il nostro sguardo è rivolto dalla parte sbagliata. Guardiamo con apprensione agli arrivi via mare di migranti e rifugiati. Nel frattempo, come risulta al ministero dell’Interno, gli sbarchi hanno subito un crollo costante. Nel 2016 avevano portato in Italia 181.436 persone. Nel 2017 sono state 119.310. L’anno scorso 23.370. Nel 2019, finora, 271.
Il calo demografico, invece, non ci spaventa per niente, mentre in due anni ha contribuito a far sparire dal totale della nostra popolazione l’equivalente di una provincia come Sondrio o Matera.
Secondo l’Istat, se si prende come punto di riferimento il primo gennaio scorso, il numero dei residenti in Italia è calato di 90 mila persone rispetto all’anno prima. A inizio 2018 la diminuzione, sul 2017, era stimata in quasi centomila. Sono dati pubblici, tutt’altro che segreti.
A risiedere in Italia siamo in 60 milioni e 391 mila. La nascite calano dal 2008. Si trasferiscono all’estero più italiani di quanti tornano. Si innalza l’età media delle donne che partoriscono: 32 anni.
L’Italia invecchia (speranza di vita di 80,8 anni per i maschi e 85,2 per le femmine) e non ci preoccupiamo di dotarla (dotarci) di servizi sociali economicamente durevoli.
È come se le paure immaginarie o esagerate, la ricerca di nemici esterni, il disprezzo per l’Europa, la repulsione verso intese politiche consigliabili per reggere la competizione internazionale ci servissero a proteggerci dai timori più seri. Quelli fondati, da rimuovere.