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 2019  marzo 06 Mercoledì calendario

La app che controlla le donne arabe

Un sms viene inviato all’uomo, il «guardiano», ogni volta che la donna usa il proprio documento di identità al check-in di un aeroporto o in qualsiasi altro punto di confine nazionale. E bastano pochi click perché un permesso di viaggio possa essere negato, un aeroporto vietato, una destinazione messa al bando. Benvenuti in Arabia Saudita, dove la tecnologia dei colossi del settore high tech finisce al servizio di un regime dispotico che vieta alle donne di poter uscire, lavorare o espatriare senza il permesso del loro «guardiano», che sia il marito, il padre, il fratello e persino un figlio. Per questo un gruppo di deputati statunitensi si è rivolto direttamente all’amministratore delegato di Google, Sundar Pichai, e a quello di Apple, Tim Cook, chiedendo di rimuovere la App con cui la dittatura saudita consente ai propri cittadini maschi di controllare ogni spostamento delle donne.
Sul banco degli imputati è finita Absher (o Abshar), una app in arabo (il cui nome vuol dire «predicatore» ed è accessibile anche in inglese) disponibile sia su Apple App Store che su Google Play Store ma gestita dal regime di Riad, che la offre ai propri sudditi per gestire pratiche amministrative di carattere statale. La app è uno strumento messo a disposizione dal ministero dell’Interno con cui i sauditi possono svolgere attività burocratiche e accelerare alcune procedure, dal pagamento di una multa al rinnovo della patente di guida (concessa alle donne per la prima volta lo scorso anno). È già stata scaricata oltre un milione di volte, un successo. Eppure – ecco la denuncia delle associazioni per i diritti umani e di una ventina di deputati americani guidati dalla democratica Jackie Speier – la app è diventata anche uno strumento per impedire movimenti non autorizzati alle donne e bloccare eventuali fughe all’estero. Sofisticata ma semplicissima da usare, consente agli uomini di fissare in anticipo dove possono recarsi le donne di cui sono guardiani, quante volte possono farlo e quando. Un sistema di allarme avverte anche quando la moglie/sorella/madre usa il passaporto. In Arabia Saudita un migliaio di donne ogni anno cerca di scappare dall’oppressione di un sistema basato sulla sottomissione femminile nel nome della sharia, il principio per cui la legge del Corano è anche legge dello Stato.
«Quella app è complice dell’oppressione delle donne saudite», hanno denunciato in una lettera diretta ai vertici di Google e Apple 14 membri del Congresso Usa, tra cui anche Ilhan Omar, Rashida Tlaib, le prime due donne musulmane a sedere nel Congresso americano. «Non solo le due aziende hanno la possibilità di fare qualcosa per rimuovere la App ma lo hanno fatto in passato a proposito di un altro strumento che incoraggiava i propri utenti a convertire gay e lesbiche», ha spiegato la deputata Speier, da tempo impegnata in battaglie contro la discriminazione di genere. L’uso di Absher – è la convinzione dei membri del Congresso Usa – violerebbe quel principio di non-discriminazione sulla base di età, religione, sesso o razza che è fra le condizioni di uso del servizi Google ed Apple.
Eppure nulla. La campagna dei deputati americani non ha portato i suoi frutti. Nei giorni scorsi è arrivata la risposta dei vertici dei due colossi, stringata e apparentemente definitiva: la app non sarà rimossa perché non viola alcuna regola aziendale. Una replica definita «profondamente insoddisfacente» dagli autori della denuncia.