la Repubblica, 6 marzo 2019
Lo sciopero delle cooperative, i libri non arrivano più in libreria
Di dieci libri sugli scaffali delle grandi catene così come dei piccoli librai, almeno otto sono stati movimentati a Stradella, provincia di Pavia. E cosa succede se nella cosiddetta” città del libro” i lavoratori della logistica, dipendenti di cooperative non di rado sottopagati e con turni massacranti, decidono di incrociare le braccia? «Si rimandano le uscite dei nuovi prodotti editoriali programmate mesi fa, saltano le partecipazioni ai festival, le presentazioni con gli autori, gli stand alle fiere: un danno che si ripercuoterà per mesi in tutto il mercato editoriale», si racconta da una delle principali casi editrici italiane. Già perché la vicenda, per adesso, corre sotto traccia nel mondo dell’editoria. La protesta è cominciata giovedì notte, con uno sciopero bianco: ovvero si entra nello stabilimento ma poi non si movimenta la merce. Al quarto giorno di stop, è suonato il campanello di allarme e il pressing sulla multinazionale svizzera della logistica Ceva: risolvere la vertenza, con le buone o con le cattive: «Ci risulta che degli editori abbiano richiesto di utilizzare altri impianti per la movimentazione dei libri», racconta Massimo Colognese della Filt Cgil. Ancora ieri sera le trattative erano in corso per sbloccare la situazione, ma finora l’unica certezza è che il complicato sistema di appalti e subappalti, così come l’utilizzo di coop tali solo sul piano formale, si traduce in spesso proibitive condizioni di lavoro. Nel complesso logistico aperto nel 2010 – una superficie di 80mila metri quadrati su un’area complessiva di 160mila metri quadrati – la scorsa estate scattarono anche le manette per dodici persone ( tutte italiane) per reati come sfruttamento di lavoratori in stato di bisogno, frodi fiscali e associazione a delinquere. Una quarantina di società del consorzio Premium Net evasero circa 6 milioni di euro di tasse e non versarono oltre 9 milioni di euro di contributi ai lavoratori, costretti a lavorare anche 12 euro al giorno nei magazzini, in certi casi assunti con contratti di lavoro romeni e addirittura pagati in parte con la moneta romena. Un vero e proprio sistema di caporalato. «Dovevo spostare 10mila libri per turno, era un lavoro insostenibile. Di notte, il mio compagno mi vedeva piangere sempre perché avevo dolori ovunque, in particolare forti dolori alle braccia e alle gambe. Successivamente sono stata in cura all’ospedale San Matteo per varie patologie», fu uno tra i molti racconti di lavoratori e lavoratrici messi a verbale dai finanzieri di Pavia. «Sono emersi chiari, precisi e concordanti elementi relativi all’intermediazione illecita e allo sfruttamento dei lavoratori, al reclutamento di manodopera destinata al lavoro presso la Ceva in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori e la corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali; violando reiteramente la normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, alle ferie, in totale dispregio delle norme di igiene e del lavoro», scrisse invece il gip di Pavia. «Dopo l’inchiesta giudiziaria, Ceva avrebbe dovuto pagarci in surroga i Tfr che ci spettavano – spiegano oggi i lavoratori – ed entro la fine di gennaio era previsto un incontro per discutere le modalità di erogazione, impegno disatteso». Il nuovo consorzio subentrato al precedente infine, secondo le organizzazioni sindacali, non ha ancora riconosciuto i livelli di inquadramento né l’anzianità di servizio degli operai.