ItaliaOggi, 5 marzo 2019
Centinaia di migliaia di colf indonesiane e filippine prestano servizio senza diritti
Hong Kong, ex colonia britannica che conta 7 milioni di abitanti e un prodotto interno lordo per abitante quasi equivalente a quello della Svizzera, è uno dei posti avanzati di un nuovo aspetto della globalizazione: i servizi alla persona. E secondo i sindacalisti locali costringe a una nuova forma di schiavitù moderna.Gli abitanti di Hong-Kong sono ricchi e devono essenzialmente la propria fortuna alla finanza, all’immobiliare e al commercio intenazionale. Per occuparsi dei bambini e delle persone anziane si affidano alle domestiche: una famiglia su otto ne ha una alle proprie dipendenze e una su tre se in famiglia ci sono dei bambini, secondo le cifre riportate da Le Monde. Le helper, come vengono chiamate le collaboratrici domestiche, sono 370 mila ad Hong Kong, secondo quanto ha riportato Le Monde, e le stime del governo indicano che saliranno a 600 mila, quasi il 10% della popolazione, nei prossimi trenta anni.
Le collaboratrici famigliari di Hong Kong non sono di nazionalità cinese, perchè non parlano inglese e perchè potrebbero porre problemi politici. Perlopiù queste centinaia di migliaia di colf e badanti sono indonesiane (si occupano quasi sempre degli anziani) e filippine (seguono i bambini) e lavorano in condizioni molto vicine alla schiavitù in questo piccolo territorio semiautonomo cinese. Lavorano da 14 a 16 ore al giorno e si contano numerosi casi di schiavitù e di umiliazioni. Raramente queste donne che lavorano al servizio delle famiglie di Hong Kong osano lamentarsi perchè se lo fanno perdono l’imiego e vengono espluse.
In Indonesia sarebbero 3 mila le agenzie di reclutamento del personale in questo settore, secondo la federazione internazionale dei lavoratori a domicilio, ripresa da Le Monde. Quasi il 95% delle domestiche migranti sono indebitate. Una su due ha dovuto indebitarsi per farsi reclutare dall’agenzia per trovare un posto di lavoro e i tassi di interesse cui devono restituire il prestito oscillano dal 48% al 60% l’anno, ben oltre il tasso massimo legale.
Le famiglie che assumono una domestica sono obbligate per legge a ospitarla in casa, ma non dispongono dello spazio sufficiente. Nelle migliori delle ipotesi solo qualche metro quadrato: così c’è chi è obbligata a dormire sul divano e a lavorare da 6 a 22 ore. La domenica, poi, il centro di Hong Kong offre uno spettacolo unico al mondo: centinaia di migliaia di donne per le strade a non fare niente. Aspettano che il tempo passi nel loro giorno libero. Nei giardini pubblici, nei centri commerciali, ai piedi dei grandi hotel o all’entrata delle stauzioni della metropolitina aspettano sedute a non far niente, a guardare il proprio telefono cellulare indifferenti alle Jaguar, Bmw e altre berline di lusso che sfilano nelle vie.
A Hong Kong queste donne guadagnano 4.500 dollari di Hong Kong (circa 500 euro), quasi il doppio di quanto potrebbero guadagnare nel proprio paese, ma devono inviare quasi tutto il loro stipendio a casa.
I rapporti con i propri datori di lavoro sono molto variabili. Hanno gli stessi diritti sociali degli abitanti di Hong Kong, a parte il salario minimo calcolato su una base mensile e non oraria. Tuttavia, la realtà è ben diversa. Lavorano da 14 a 16 ore al giorno senza osare lamentarsi perchè perderebbero il lavoro. E una volta perduto sarebbero costrette a lasciare Hong Kong entro 15 giorni. Un termine molto ridotto per far valere i propri diritti, secondo quanto ha riportato Le Monde. Ed è per questo che secondo il sindacato di categoria di Hong Kong, qui c’è ancora la schiavitù moderna che riguarda circa il 10% dei casi. Rientrare nel proprio paese è complicato se non si hanno soldi e un progetto, specialmente nelle Filippine.