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 2019  marzo 05 Martedì calendario

I nuovi corrieri del sangue fanno tremare lo sport

«Ho confessato perché stavo impazzendo: non dormivo, non mangiavo più. Piangevo e basta. Domenica ho scritto una mail di dimissioni alla squadra e mi sono presentato alla polizia di Graz. Andrò in prigione, ma almeno sono a posto con la coscienza». 
Georg Preidler, austriaco, 28 anni, corre (anzi correva) in bici col team Groupama-Fdj, tra i più importanti al mondo. Ha vinto una frazione al Giro di Polonia 2018, è stato terzo nel tappone di Corvara del Giro d’Italia 2016. «Troverete anche il mio sangue nelle sacche sequestrate al dottor Mark Schmidt, a Erfurt, in Germania – ha detto Preidler —. Me lo sono fatto prelevare ma giuro: non l’ho mai usato». Il Comando Cobra della polizia criminale austriaca, che mercoledì scorso ai Mondiali di sci nordico di Seefeld (Austria) ha condotto l’Operazione Erfurt – incastrando anche un fondista, Max Hauke, colto in flagrante durante una trasfusione – crede solo alla prima parte del racconto. Lunedì, dopo essere stato portato in cella, un altro ciclista, Stefan Denifl, vincitore di una tappa alla Vuelta, ha svelato il meccanismo che ha portato all’arresto, per ora, di dieci persone tra atleti e fiancheggiatori. 
Una catena di montaggio: sangue «potenziato» (prelevato a più riprese in un laboratorio tedesco) e dosato in sacche veniva consegnato in hotel agli atleti prima delle gare ed estratto dopo la loro conclusione per eliminare le tracce di manipolazione. Operazione riuscita: i passaporti ematici dei corridori (approvati dalla Federazione e consegnati ai team prima della firma di un nuovo contratto, a garanzia della «pulizia» del corridore) risultavano impeccabili. 
La giustizia austriaca non è quella spagnola di dieci anni fa, il dottor Schmidt non è il dottor Fuentes dell’Operación Puerto, la più grande occasione mancata della storia dell’antidoping. «A Erfurt – ha spiegato il procuratore Kai Graber – abbiamo sequestrato sacche di almeno 40 atleti di sei sport diversi. Sono contrassegnate da sigle e codici: dagli arrestati accetteremo solo confessioni con nomi e cognomi». Il dottor Schmidt, in cella col padre Ansgard, suo braccio destro, sta collaborando, le intercettazioni fanno il resto. Tremano sciatori, ciclisti, specialisti dell’atletica leggera, calciatori, pattinatori sul ghiaccio e triatleti. Karel Tammjarv, uno dei fondisti arrestati, ha parlato di reclutamento basato sul passaparola e spesa per le «cure» tra gli 8 e i 15 mila euro l’anno. 
Grande imbarazzo tra le Federazioni coinvolte e l’Agenzia mondiale antidoping, la Wada. Ieri l’Unione ciclistica internazionale ha ammesso di essere stata tenuta all’oscuro dell’inchiesta. Nelle due ruote l’ultimo passaporto biologico irregolare risale a ben sei anni fa, gli ultimi dopati di alto livello smascherati a quattro. Nello sci nordico, a dispetto dell’allarme lanciato due anni fa dal Sunday Times su decine di fondisti con valori sballati, nessuno è stato mai sanzionato direttamente. Nel calcio, dopo un’apparizione ai Mondiali 2014, il passaporto è andato in soffitta. E all’ultimo convegno della Wada, a Roma, i ricercatori scettici sull’efficacia di questo strumento di controllo delle oscillazioni ematiche, presentato come infallibile acchiappa-bari, erano molti: le microdosi (di Epo e di sangue) ne vanificherebbero ogni utilità. 
Ieri su Twitter l’ex ciclista danese Rasmussen ha pubblicato i dati del passaporto degli anni in cui si dopava: «Allora risultavo pulito – ha ironizzato l’ex maglia gialla del Tour —, oggi sarei pulitissimo. Il passaporto è lontano dalla perfezione».