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 2019  marzo 05 Martedì calendario

Arrestato il capo ultrà juventino Andrea Puntorno

TORINO Tra risse allo stadio, bagarinaggio, traffico di droga e, va da sé, arresti, Andrea Puntorno, 41 anni, di Agrigento ma a lungo residente a Torino, ci ha ormai riempito una sceneggiatura: del resto, il gruppo di ultrà juventini che comandava, «Bravi ragazzi», aveva soffiato il nome al cinema, per il film di Martin Scorsese sulla mafia italo-americana di Brooklyn. All’alba di ieri, l’operazione della Direzione investigativa antimafia di Palermo ci ha solo aggiunto l’ultimo capitolo: arrestandolo con altre 31 persone, tra cui il presunto boss Antonio Massimino, 50 anni, considerato il reggente della famiglia di Agrigento. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa finalizzata al traffico di droga, detenzione di armi, sequestro di persona a scopo di estorsione e danneggiamento. Un’organizzazione che dalla Sicilia, aveva ramificazioni in tutta Italia, grazie a un’intesa tra mafia agrigentina e ‘ndrine. In particolare – si legge nelle 800 pagine dell’ordinanza del gip – da concorrente esterno Puntorno aveva messo «in contatto gli esponenti mafiosi con soggetti vicini alla ‘ndrangheta calabrese in grado di fornire con continuità sostanze stupefacenti». Nell’ambito della stessa operazione, i carabinieri hanno arrestato due persone per concorso in sequestro e violenza sessuale: eseguiti per ordini del boss.
Per Puntorno era già tutto scritto, vien da pensare, a rileggere la decisione della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Torino che aveva disposto la sorveglianza speciale, confiscandogli beni per mezzo milione di euro. Tra il 2004 e il 2013, aveva dichiarato sui 2.600 euro lordi, innescando la motivazione del giudice: «Redditi molto modesti e decisamente sproporzionati rispetto al tenore di vita». La verità era un’altra, e diversa dal banchetto del pane al mercato: Puntorno ha alle spalle «una lunga carriera di trafficante di droga». Mai chiusa, secondo l’inchiesta. Erano gli anni della marijuana e dell’hashish che dall’Albania, passando per la Sicilia, arrivavano a Torino. Così, si comprò due case, una Triumph Street triple da 10.000 euro e un’Audi Q5, sulla quale gli investigatori piazzeranno poi le cimici. Sono gli anni della curva juventina, e del bagarinaggio: «Avevo rapporti con la biglietteria della società – racconterà – e così gestivamo tagliandi e abbonamenti». Come da menù: «Per una sfida di campionato prendevamo 5-6.ooo euro, ma per Juve-Real si arrivava a ventimila». Furono le intercettazioni dei carabinieri di Torino, coordinati dal pm Paolo Toso, a scoprire il traffico dei biglietti e, da lì, l’intreccio tra ultrà e criminalità organizzata. Che sfocerà in un’altra inchiesta – «Alto Piemonte» – sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Piemonte e nella curva dello Juventus Stadium. Un territorio che Puntorno difenderà, fino all’arresto, nel novembre 2014: lì inizieranno le estorsioni alla moglie, di chi aveva finanziato il bagarinaggio e rivoleva i soldi. Con lui al comando, al massimo, c’era una rissa. Come quella del 3 marzo 2012, contro i «Drughi», il più numeroso gruppo ultrà. Per fare a botte, Puntorno aveva ingaggiato ex pugili e lottatori rumeni, i «Templari», legati all’associazione mafiosa «Brigada», poi stroncata dalla Squadra mobile.
E quando non c’era da menar le mani, ci si affidava al peso della criminalità, come in occasione di un dissidio con Rocco Dominello, neo capo ultrà e condannato in appello come esponente della cosca Pesce-Bellocco: ci fu un incontro, e Puntorno si presentò con Renato Macrì, altro grosso nome della ‘ndrangheta. Si capirono all’istante.