Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  marzo 05 Martedì calendario

Il doping contabile delle squadre di calcio

MILANO Il doping contabile delle plusvalenze salva i conti della Serie A. Il calcio italiano (dati al 30 giugno del 2018) è in rosso “solo” di 65 milioni, meglio dei 315 milioni persi in media ogni anno dal 2010. I numeri però sono in parte” truccati”. A tenere a galla la Pallone Spa non sono i biglietti venduti, gli assegni degli sponsor o i diritti tv ma l’overdose di guadagni garantita dalla compravendita di giocatori: una girandola di scambi – talvolta a prezzi fuori da ogni logica di mercato – che ha regalato ai 20 club di Serie A 724 milioni di entrate extra ( il doppio del 2016). Un tesoretto straordinario che vale ormai quasi un terzo dei ricavi del pianeta calcio. Dietro questa pioggia d’oro – accompagnata da 91 milioni di commissioni versati ai procuratori – c’è un po’ di tutto: molte plusvalenze sono” sane”, figlie cioè di investimenti azzeccati. Basta pensare ai 15 milioni incassati dalla Sampdoria cedendo Milan Skriniar all’Inter o i 17 guadagnati dalla Roma girando Emerson Palmieri al Chelsea. Alcune operazioni sono invece decisamente più acrobatiche: giovani della Primavera venduti a prezzi da star di Premier League, onesti mediani in parabola discendente valutati come crack di 18 anni. Un gioco delle tre tavolette buono per far tornare i conti di fine anno (chi incassa contabilizza subito i guadagni, chi paga spalma la spesa su più anni di bilancio) ma che – quando finirà – rischia di trasformarsi in uno tsunami finanziario per un campionato dove gli stipendi dei calciatori si mangiano da soli il 68% delle entrate reali e i debiti sono oltre 3 miliardi. Dal mercato un terzo del fatturato. In due anni sono raddoppiate le plusvalenze. Una bolla che può esplodere La giostra delle plusvalenze, intendiamoci, è fino a prova contraria legale. La giustizia ordinaria ha assolto Inter e Milan per i 26 milioni di guadagni generato nel 2003 dallo scambio incrociato di quattro ragazzi delle giovanili. Carneadi che poi non hanno quasi mai calcato i campi della Serie A. Stesso verdetto per Antonio Giraudo, Luciano Moggi e Roberto Bettega in merito a operazioni simili della Juventus. Il boom di queste operazioni di cosmesi finanziaria ha fatto però drizzare le orecchie alla giustizia sportiva: il Chievo è stato penalizzato in questo campionato di tre punti dal tribunale federale per “l’evidente sopravvalutazione” di giocatori girati al Cesena con 23 milioni di guadagni. E il neopresidente della Figc Gabriele Gravina ha chiesto in futuro alla Covisoc di segnalare alla procura federale «le operazioni sospette». Di lavoro per la Commissione vigilanza ce n’è molto, come dimostra il boom delle plusvalenze dell’ultimo anno di calcio mercato. Alcune solide e reali come i 76 milioni incassati dalla Roma vendendo Alisson e Strootman a Liverpool e Marsiglia. Altre figlie di partite di giro – in qualche caso a somma zero – dove i milioni volano come noccioline sganciati da ogni contatto con la realtà. Esempi? Il traffico” scopo plusvalenza” sulla rotta Milano- Bergamo tra Inter e Atalanta con la squadra di Luciano Spalletti che ha rilevato per 31 milioni il giocatore dell’Under 21 Alessandro Bastoni consentendo ai Percassi di registrare un maxi-guadagno. Favore ricambiato dalla Dea acquistando dall’Inter per 12 milioni (di cui 11,5 di plusvalenza per i milanesi) i primavera Davide Bettella e Marco Carraro. Il primo finito in prestito al Pescara, il secondo a Perugia, garantendo però all’Inter parte di quei 49 milioni di plusvalenze necessari per rispettare il fair play senza cedere nessun big. Molte di queste transazioni fuori-mercato hanno una sorta di clausola– boomerang: chi vende un giocatore a un prezzo sopravvalutato si impegna a riacquistarlo a termine a cifre simili o superiori, per” sterilizzare” il favore del compratore. Obiettivo: incassare un guadagno oggi rimandando la perdita al domani. Formule simili sono quelle utilizzate ad esempio dalla Juventus negli ultimi mesi: Alberto Cerri è stato girato al Cagliari per 9 milioni, il centrocampista Roberto Mandragora è andato all’Udinese per 20, i portiere Emil Audero è stato riscattato dalla Samp per la stessa cifra mentre Stefano Sturaro è stato rilevato a titolo definitivo dal Genoa per 16,5 milioni. Totale: oltre 40 milioni di plusvalenze, buoni per puntellare i conti dopo il maxi- investimento per Cristiano Ronaldo. Valgono davvero quella cifra i giocatori coinvolti? I prezzi, dicono i protagonisti dei trasferimenti, li fa il libero mercato. Il pericolo è che questa gigantesca catena di Sant’Antonio – magari quando i prezzi dei diritti tv del pallone si raffredderanno – possa crollare. Lasciando sotto le macerie, alla fine, il calcio italiano.