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 2019  marzo 04 Lunedì calendario

Mangiatori compulsivi

«Ciao, mi chiamo Mara e sono una mangiatrice compulsiva». È un pomeriggio inoltrato di fine febbraio. A Milano, intorno al tavolo di una saletta gentilmente concessa dalla chiesa, si incontrano quanti hanno, o hanno avuto, difficoltà con il cibo. Mangiatori compulsivi, si chiamano, e sono anonimi. I rintocchi della campana che risuonano nella sala alla cui parete c’è un dipinto che ritrae Gesù a tavola, donano quel tocco di spiritualità in più che scioglie qualsiasi inibizione e aiuta i presenti, tredici in questo incontro, a condividere preoccupazioni, drammi, paure e traguardi altrimenti sopiti senza la preoccupazione di essere giudicati per quel che si è e quel che si fa. Si è semplicemente accettati, la base perfetta per poter iniziare un percorso di rinascita. Ognuno con una storia, tutti ossessionati da pane, pasta, proteine, zuccheri, da tutto ciò che si ingerisce, dal cibo, insomma: troppo, troppo poco, zero, da ingurgitare senza gusto, da vomitare. Ognuno con un passato, e per alcuni un presente, fatto di diete ipocaloriche, di ossessione per il peso, di utilizzo delle calorie come l’unica soluzione dei mali. Un rapporto compulsivo che per giorni, mesi, anni, ha fatto loro perdere il controllo, controllo di cui si stanno riappropriando grazie a Oa: Overeaters Anonymous, mangiatori compulsivi in italiano. La seduta inizia con la lettura dei 12 passi, l’abc per i mangiatori compulsivi, i principi attraverso i quali si promuove il cambiamento interiore e si invoglia ad abbandonare le vecchie abitudini per fare spazio alle nuove. Sono anche scritti, incorniciati e appesi ad una parete della saletta. L’obiettivo è liberarsi dalla schiavitù del mangiare compulsivo, di scatto, che porta ad ingurgitare alimenti fino a farsi male, mentre la testa dice di fare il contrario, per poi nascondersi per la vergogna, prima di tutto da se stessi. nel vivo Si entra nel vivo. Primo giro di “consultazioni”: timer alla mano, si hanno a disposizione due minuti per descrivere il proprio stato d’animo. «Ciao, mi chiamo Angela (i nomi sono tutti di fantasia, nda) e sono una mangiatrice compulsiva». Lei, capelli ricci e occhi chiari, ha poco più di 30 anni. Mangia poco, troppo poco, quasi trema a sbattersi la realtà in faccia ancora una volta. «In testa ho un frullatore. Faccio fatica a fare tre pasti al giorno e quando ci riesco, anche se non mangio tutto ciò che dovrei, mi sento sollevata. Ma ancora il solo pensiero di ingerire certi cibi, seppur sani, mi fa soffrire. La testa inizia a viaggiare da sola. Ma ci sto lavorando, ci arriverò...». Il tempo è scaduto. «Ciao, sono Maria e sono una mangiatrice compulsiva», si fa avanti un’altra. «Dopo un anno di astinenza ho avuto una scivolata, sono qui perché sono sicura di potermi aiutare». C’è anche una ragazza inglese che, seppur in vacanza, non ha voluto rinunciare al programma che la sta aiutando. Capisce l’italiano, non lo parla, ma qui si sente al sicuro. È il turno di Daniela. «Ciao, sono Daniela e sono una mangiatrice compulsiva. Dovrò parlare in pubblico fra qualche giorno e questa cosa mi fa stare male. Ho difficoltà ad essere astinente. Sono in ansia». la pancia «Ciao, sono Angelo e sono un mangiatore compulsivo». A parlare è l’unico uomo del gruppo, pancia vistosa, aspetto un po’ trasandato che fa a pugni con la voglia di riscatto. «Sono bulimico», dice, «se non avessi trovato questa stanza mi sarei affidato alla chirurgia. Non ti arrendere, mi diceva lo sponsor. Ce la sto facendo, però mi urta che la gente continui a guardarmi con sospetto. Ma da qui esco con le pile ricaricate». Angelo, intanto, ha perso 35 chili e continua a combattere, e fa tenerezza quando confessa che la sua paura più grande, adesso, è Carnevale. Sì, la festa del travestimento lo proietta in uno stato di paura costante. carnevale «Vedo dolci ovunque, bar, pasticcerie, colleghi che al lavoro me li offrono». Ma, dice con fermezza, «devo resistere». Resistere, non cadere in tentazione, non mangiare più del necessario, si chiama “astinenza” nel gergo dei mangiatori compulsivi anonimi. L’associazione “Overeaters Anonymous” (Oa) è nata nel 1960 negli Usa quando una donna decise di applicare il metodo degli “Alcolisti anonimi” a se stessa, mangiatrice compulsiva, per poi condividerlo col mondo. Da allora i paesi coinvolti sono man mano cresciuti fino a diventare una ottantina. In Italia dal 1988, i mangiatori compulsivi anonimi sono presenti in tutte le regioni. La parola alcol è stata sostituita col termine cibo, alcolisti con mangiatori. Gli astinenti, nei momenti di crisi, possono confidare nello sponsor, una persona che aiuta ad applicare i principi a chi attraversa l’inferno della malattia – perché di malattia si tratta, «fisica, emotiva e spirituale» – per trovare la luce attraverso il sostegno. Non ci sono diete, non si contano calorie, non si chiedono soldi, ci si autofinanzia, ci si “recupera” un giorno alla volta. E se si ricade, ci si rialza seguendo il programma di recupero. la lettura Nella sala scarna è tempo di una lettura, tratta dai testi che l’associazione approva. Quella scelta da Marianna, mangiatrice compulsiva, parla del rapporto con la bilancia. Al termine dice orgogliosa: «La bilancia per me non esiste più. Mi misuro con un paio di pantaloni una volta al mese». Si prosegue. «Ciao sono Anna e sono una mangiatrice compulsiva. Oggi mi è successa una cosa bella che mi fa stare male», ride con amarezza, con l’aria di chi teme che il “sogno” duri poco. «La bilancia a casa non ce l’ho più. Ma quando pochi giorni fa sono andata in bagno a casa di un’amica e l’ho vista sono andata in crisi». 

SENZA CONTROLLO
Mi peso? Non mi peso? Cosa faccio? «Ho paura di pesarmi», dice lei, che per anni ha declinato la sua vita in base al numero su cui si fermava l’ago della bilancia. Uno in più o in meno, a seconda dei periodi, l’avrebbe devastata. «Mi pesavo prima di mangiare, dopo aver mangiato, perfino dopo aver bevuto un bicchiere di acqua, mi pesavo vestita, svestita, prima di fare pipì, dopo...». Alla fine, a casa dell’amica non si è pesata ed è tornata a sorridere pensando alla sua vittoria, che per il suo percorso è come aver vinto una medaglia d’oro alle Olimpiadi. «Ciao, sono Anna e sono una mangiatrice compulsiva. Il programma per me ha funzionato perché non c’era il controllo della bilancia. Ma nel resto delle cose la mia vita non funziona. Mi affido alle mani di Dio». Non che per partecipare alle riunioni si debba essere cattolici, l’associazione non è religiosa, ma spirituale. «Sono atea, credo nel potere di queste stanze, credo nel potere di non pensare alle calorie durante la giornata». Il tempo è scaduto, un’altra settimana di astinenza attende gli anonimi. Fuori è ormai buio. Ognuno se ne va per la propria strada. Una volta in strada ognuno si riappropria della propria identità con la consapevolezza che «mangiare non mette a posto ciò che non va». Anzi...