Il Messaggero, 4 marzo 2019
Intervista a Nanci Brilli
«Abbiamo la fortuna di vivere in un momento storico in cui la seconda carica istituzionale, quella del presidente del Senato, è rivestita da una donna. Ma non è stato sempre così. Ci sono state epoche in cui la vita delle donne erano completamente gestita dai padri che poi sceglievano il marito, e a loro non restava che crescere i figli». Fasciata nel suo tailleur nero, voce ferma, bellezza sofisticata, Nancy Brilly due giorni fa si è presa la scena con disinvoltura nell’Aula di Palazzo Madama, ospite del secondo incontro culturale voluto da Maria Elisabetta Alberta Casellati, presidente del Senato, «per celebrare la donna attraverso il linguaggio universale dell’arte».
Dopo Paola Gassmann e Cristiana Capotondi, l’attrice romana ha recitato un brano de La bisbetica domata di Shakespeare, spettacolo con cui ha girato mezza Italia nelle ultime due stagioni teatrali. Ma a lei non basta performare la sua parte. A 55 anni, ha deciso che può prendersi la libertà di dire subito quello che pensa della libertà delle donne e dell’egemonia dell’autore maschile, a sua volta vittima di regole sociali: «Shakespeare era stato costretto a sposare una donna che non amava. E nella figura di Caterina vediamo riflessa l’immagine di questa sua detestata moglie. Però protagonista dell’opera non è Caterina, ma Petruccio, che in un celebre monologo insegna agli altri uomini come domare una donna di questo tipo. Ecco, io mi sono permessa di modificare un po’ il testo, perché la donna può pure mettere la mano sotto il piede del marito, come recitano le battute shakespeariane, ma solo se questa scelta è frutto di una collaborazione, di un atto d’amore condiviso». Alla fine del suo intervento vale la pena andare in fondo a questa storia.
Siamo sicuri che a un certo punto si può arrivare a mettere la mano sotto il piede dell’uomo?
«Quello è il linguaggio poetico di Shakespeare. Volevo arrivare a una conclusione mia: si può arrivare a dire sì, ma solo nella condivisione».
Nella sua vita lei è arrivata alla stessa conclusione?
«I miei rapporti d’amore sono durati tanti anni, e non posso dire di aver fallito. Però le relazioni vanno a chiudersi sempre sullo stesso problema».
Ovvero?
«I rapporti di potere».
Da due anni, lei è single. Felicemente?
«Direi serenamente, più che felicemente».
Cosa le manca?
«Il lavoro di squadra».
Cioè?
«Con mio figlio Francesco, che oggi ha 19 anni (ndr, nato dalla relazione con Luca Manfredi, figlio di Nino) faccio squadra, con molte donne ho un rapporto di squadra, ma non è facile averlo con gli uomini».
C’è un nuovo amore all’orizzonte?
«Diciamo che, in maniera stupefacente, ho molti corteggiatori». Da quest’anno, lei è la testimonial di Telefono Rosa. Come si prepara alla battaglia?
«Mettendoci tutto il mio impegno».
Che significa?
«Impegnarsi in prima persona. Il 9 marzo andrò a Valmontone per un evento».
Il lato più oscuro della violenza contro le donne?
«Il sentimento di vergogna delle donne stesse.».
Lei ha mai subito violenza? «Ho subito delle avances pesanti da parte di un produttore che mi aveva fatto firmare un contratto triennale. Dopo il mio rifiuto, non ho più lavorato con lui. Non faccio il suo nome perché è morto».
Lei sarà la protagonista femminile del prossimo film di Brizzi, Se mi vuoi bene.
«Inizieremo le riprese il 7 marzo a Torino».
Cosa l’ha attratta della sceneggiatura?
«La protagonista è una specie di bisbetica per niente domata. È arrabbiata, ma solo con l’ex marito».
Lei è sempre stata innocentista nei confronti di Fausto Brizzi. Perché?
«Con me si è comportato in maniera più che corretta».
E le ragazze che l’hanno accusato?
«Non mi convinceva il fatto che le ragazze parlassero prima in televisione, che non avessero sporto denuncia. Io credo nelle istituzioni».
I fatti sembrano averle dato ragione. Brizzi è stato assolto. «Pare proprio di sì».
Ha mai subito ostracismo da parte delle donne?
«Recentemente, una donna di potere mi ha detto: tu sei una degli anni Novanta! Adesso le ragazze non sono come te».
Che cosa voleva dire?
«Che sono troppo appariscente. Mi sono sentita offesa. Era un modo di sottolineare la mia età e la mia sfera di appartenenza culturale».