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 2019  marzo 03 Domenica calendario

All’asta il tesoro di George Michael

Per una volta, il titolo The George Michael Collection non segnala l’uscita di un disco post-mortem indesiderato dall’artista, bensì la sua collezione di opere d’arte contemporanea, oltre duecento pezzi messi all’asta sul sito di Christie’s dall’8 al 15 marzo e che il 14 marzo saranno battute live nel quartier generale londinese. Anche solo tramite il prezioso catalogo (276 pagine, 80 euro), collezionisti e fan avranno l’opportunità di capire in che modo la popstar dagli oltre cento milioni di dischi venduti sia riuscita a dialogare con i colleghi delle arti visive, soprattutto con il movimento Young British Artists, lanciato dalla mostra Freeze del 1988. Un gruppo senza manifesto e intermediari, con atteggiamento anti-establishment, composto da creativi freschi di scuola d’arte, spesso provenienti dalla working class e disinteressati al circuito delle gallerie, che riorganizzavano stabili abbandonati, spazi industriali e vecchi magazzini per esporre i propri lavori.
Ispirati dalla lezione di Marcel Duchamp e dal professore della Goldsmiths, cioè l’artista concettuale Michael Craig-Martin, che spiegava quanto l’arte avesse a che fare più con l’osservazione che con l’invenzione, e sostenuti dal collezionista Charles Saatchi, negli anni finali della Thatcher crearono sculture, dipinti e installazioni attingendo alla routine e alla vita urbana, destando choc e panico morale, garanzie di attenzione internazionale. La gang a Londra era capitanata da Damien Hirst, oggi l’artista più pagato al mondo, all’epoca dedito a carcasse di animali imbalsamati e immersi in formaldeide, ossessionato da morte, decadenza e dall’idea di provocare una reazione.

LA CARRIERA
 Così negli Anni ’90, mentre la YBA sovvertiva e rinfrescava la scena, come in musica faceva il Britpop, George Michael inforcava la sua carriera solista, abbandonando gli Wham! e l’edonismo Anni ’80 fatto di lacca e abbronzatura ibizenca. Aveva imboccato la strada sbagliata per la felicità e l’isteria del pubblico, spaventosa, lo portò al deragliamento e al desiderio di autodistruzione. Davanti tutto luccicava, dietro si disgregava. Voleva ritirarsi, invece nel 1990 pubblicò il suo atto di libertà Listen Without Prejudice Vol. 1, niente promozione, no interviste, nessuna sua foto su disco. Fu imprenditore di sé stesso, seguendo il vento della YBA. Il nuovo rischioso corso lo riposizionò. Si cominciava ad ammettere che fosse la più bella voce del pop e autore di brani che sarebbero rimasti. Poi ci fu la guerra all’etichetta discografica schiavista, la morte per Aids del suo partner Anselmo, la depressione, guai con la giustizia.

IL TEXANO
Un’altalena di trionfi e tonfi. Ribellione e innovazione lo attraevano, frequentava gli studi degli artisti YBA, li supportò, divennero amici. A partire da Tracey Emin che lo introdusse agli altri e lo stimava: «Il semplice suono della sua voce riesce a far piangere». Michael acquistò le opere fra il 2006 e il 2007, anni della nascita della Goss-Michael Foundation a Dallas, fondazione sua e del compagno texano Kenny Goss, diventata una delle più importanti collezioni di arte britannica negli Stati Uniti. Fecero coppia per tredici anni. Per celebrare la loro relazione la Emin ideò la scritta al neon George Loves Kenny. Secondo Cristian Albu, co-direttore del dipartimento di arte contemporanea presso Christie’s, Michael spesso sceglieva le opere dal titolo, se poteva sembrare di una sua canzone: Drunk to the Bottom of My Soul (la coperta ricamata della Emin), The Sweet Smell Of Excess e Excessive Sensual Indulgence di Noble & Webster, Emotional Detox di Marc Quinn.

L’IMMORALITÀ
Quando nel 1998 fu arrestato per condotta immorale in un bagno pubblico nei confronti di un poliziotto in borghese, la popstar comprò tre opere di Craig-Martin: la scritta Sex, l’urinale God e un paio di manette disegnate. L’autoironia lo salvò. Si fece anche fare un ritratto pop art utilizzando un software. All’asta vanno opere iconiche come The Incomplete Truth di Hirst (oltre un milione di euro), quella colomba che sembra librarsi in cielo e invece è intrappolata nel liquido, ingolfata in aria come si sentiva George, e il suo Saint Sebastian Exquisite Pain, dove c’è un toro trafitto al posto del martire cristiano; Songbird, la tela di Bridget Riley che teneva sopra al camino, e anche un Andy Warhol del 1957.
L’asta chiude la mostra itinerante che ha toccato anche la Cina, dove gli Wham! fecero due concerti storici nel 1985 (prima band occidentale nel dopo-Mao) e il ricavato sosterrà le iniziative filantropiche di George Michael, morto il giorno di Natale del 2016, quando il mondo musicale perse più di quanto fino ad allora fosse stato disposto ad ammettere.