Corriere della Sera, 3 marzo 2019
Trump ossessionato dal Nobel
NEW YORK L’ossessione del premio Nobel per la Pace, che lui pensa di meritare assai più di Barack Obama, scuote Donald Trump da più di un anno: un fiume carsico di sortite con le quali, mese dopo mese, il presidente si è vantato di aver fatto cose enormi per la pace, dalla Corea alla Siria, si è autocandidato, ha criticato la giuria norvegese («lo so, non mi sceglieranno mai») e la sua scelta di premiare il predecessore «15 secondi dopo che era andato alla Casa Bianca: una designazione che lui stesso trovò incomprensibile».
Il sospetto che Trump fosse pronto a fare concessioni sconsiderate a Kim Jong-un pur di cementare la sua candidatura al premio dell’accademia scandinava con l’annuncio di un accordo nucleare con la Corea del Nord è caduto col fallimento del vertice di Hanoi: ma la questione del Nobel, che sembrava destinata a tornare in sonno per un po’, riemerge improvvisamente in superficie con la notizia di due false candidature del presidente americano al premio che sono arrivate ai cinque commissari norvegesi nel 2018 e all’inizio di quest’anno.
A differenza degli altri Nobel, conferiti dall’Accademia svedese a Stoccolma, quello per la Pace viene deciso in Norvegia. I cinque commissari di Oslo hanno concluso il lavoro di raccolta delle candidature: ne sono arrivate (dagli aventi diritto come capi di Stato e di governo, ministri, parlamentari, alcune categorie di accademici e giudici dei tribunali internazionali) ben 329: 217 per individui e 112 per organizzazioni. In base alle regole del Nobel, istituito nel 1901, la commissione non fornisce per almeno 50 anni alcuna informazione sulle candidature ricevute.
La notizia delle due false candidature a favore di Trump è diventata pubblica (l’ha riportata ieri il New York Times) perché il caso è stato denunciato agli investigatori norvegesi che hanno avviato un’indagine coinvolgendo anche l’Fbi. Rune Skjold, capo del dipartimento crimini economici della polizia di Oslo, non ha mostrato le lettere falsificate giunte alla commissione né ha fornito indicazioni sulle persone coinvolte limitandosi a dire che i firmatari, contattati dall’organizzazione del Nobel, hanno negato di aver proposto il presidente Usa per il premio. Chiamando in causa i federali americani, però, i norvegesi fanno pensare che i messaggi siano arrivati dagli Stati Uniti.
Autopromozione
Da mesi il presidente si vanta di aver fatto cose enormi per la pace, dalla Corea alla Siria
Per adesso di questo caso misterioso non si sa altro. Misterioso anche perché candidature di Trump al Nobel ne sono già arrivate per vie legali: 18 deputati repubblicani del Congresso Usa hanno scritto a metà dell’anno scorso alla commissione, dopo il primo vertice con Kim a Singapore, proponendo Trump per il premio. Seguiti subito dopo da due conservatori norvegesi, l’ex ministro della Giustizia Per-Willy Amundsen e un deputato del Progress Party.
Di recente, poi, lo stesso Trump si era vantato di essere stato candidato al Nobel anche dal premier giapponese Shinzo Abe. Da Tokyo nessuna conferma formale ma fonti ufficiose del governo hanno fatto sapere che, sul Nobel, Abe aveva ricevuto pressioni dal governo americano.
Una fiera delle vanità che qualche mese fa aveva spinto anche il presidente sudcoreano Moon Jae-in a dichiarare Trump meritevole del premio, proprio mentre il presidente nei comizi veniva accolto dai suoi fan che gridavano «Nobel, Nobel». Tanto che alla fine anche Kim deve essersi chiesto «e perché io no?». Così i media di Stato di Pyongyang hanno cominciato a parlare di un Nobel diviso tra i due leader.
Adesso, invece, la questione del possibile conferimento del Nobel per la quinta volta a un presidente Usa (in precedenza, oltre a Obama, sono stati premiati Carter, Woodrow Wilson e Theodore Roosevelt) finisce sul tavolo degli investigatori norvegesi e dell’Fbi.