il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2019
Intervista a Juan Guaidó
Juan Guaidó sbarca in Argentina, salutato in piazza dalla vasta comunità venezuelana in esilio per essere poi accolto dal presidente Macrì, che lo riconosce così come leader legittimo del Paese nelle mani di Maduro. È una tappa del frenetico tour sudamericano che il giovane antagonista del presidentissimo bolivariano ha intrapreso per internazionalizzare il braccio di ferro con il regime.
Il presidente del Parlamento di Caracas viene osannato in piazza San Martin, sede del ministero degli Esteri, da circa 5000 compatrioti in una manifestazione dove l’emozione e le lacrime di gran parte dei presenti (l’Argentina ha dato ospitalità a circa 130.000 venezuelani) si sono mescolate alla gioia, allorché Guaidó ha promesso loro un rapido rientro nella loro terra natale.
Incontrandolo nella sede del ministero degli Esteri, Guaidó ha tra l’altro insistito sul ruolo chiave delle Forze armate, decisivi per rompere lo stallo del potere e di una transizione non sanguinosa e ha ribadito che chi regna ora a Caracas cerca solo la conservazione del potere a ogni costo.
“Ciò che è successo una settimana fa, con il blocco degli aiuti di emergenza alle frontiere del Paese, missione in cui erano coinvolti diversi Stati, è la dimostrazione di quanto all’attuale regime non interessi la vita del popolo venezuelano: un regime che è arrivato anche a uccidere indios che stavano trasportando aiuti. Attualmente circa 300.000 venezuelani sono a rischio di morire di fame e oltre 3 milioni soffrono di condizioni gravissime di salute. Lo sforzo diplomatico internazionale in corso ha come scopo non solo il ritorno del Venezuela alla democrazia, ma mettere la parola fine alla tragedia che il popolo sta vivendo”.
Quali sono dunque le ragioni di questo viaggio?
Per il popolo venezuelano è di estrema importanza il riconoscimento fatto da 60 nazioni del mondo di una lotta che dura da anni per ottenere la democrazia e il rispetto della Costituzione. Il grande dilemma attuale del Paese è quello tra dittatura e democrazia. È una lotta tra povertà e miseria contro progresso e prosperità. Ed è per questo che sono qui per spiegare il nostro progetto e di come vogliamo recuperare il Paese verso una transazione pacifica.
Come pensa di poter ritornare in Venezuela?
Sono ben cosciente della situazione di repressione che nel corso di questi anni ha coinvolto gli oppositori al regime e molti parlamentari dell’opposizione, alcuni dei quali sono stati uccisi, altri sequestrati, minacciati, arrestati e, nel migliore dei casi, costretti all’esilio. Ci dobbiamo preparare responsabilmente a iniziare questo periodo di transizione. Noi ci appelliamo alle garanzie che ci offre la Costituzione e anche all’appoggio internazionale di cui godiamo.
Come vede le relazioni di Cina e Russia con il Venezuela?
Rispetto a questo problema ci stiamo lavorando, però vorrei dire una cosa: capisco il supporto dato al Venezuela negli accordi multilaterali e in quelli diplomatici, ma se vogliamo entrare nei fatti, nessuno di questi due Paesi ha messo un dollaro nel periodo 2015-2016 e i successivi investimenti, fatti con capitali notevoli, nel 99% sono stati posti in settori che non stanno minimamente funzionando. Un governo serio avrebbe sviluppato le attività nelle quali sono stati fatti investimenti: invece qui ci troviamo per esempio con Pdvsa, la società petrolifera di Stato, con il fatturato catastroficamente ridotto. Il Venezuela, maggior produttore di petrolio al mondo, si trova oggi costretto a importare questa materia ed è il simbolo del collasso energetico. So bene che il processo di relazioni diplomatiche abbia i suoi tempi ma noi siamo sempre aperti al dialogo.
Nelle ultime riunioni dell’Organizzazione degli Stati americani e quella del Gruppo di Lima alle quali ha partecipato si è decisa un’amnistia da concedere ai militari. Ma come mai il fronte militare?
Le Forze armate sono state protagoniste in tutti questi anni di episodi di uccisioni, tortura e repressione ed è impensabile che un regime che continua a violare i diritti umani possa rimanere impunito di fronte alle accuse internazionali in questo senso. Per cui Maduro esercita tutte le pressioni possibili per evitare lo smembramento delle forze armate e poter continuare a esercitare il potere. Ma qui entra in gioco anche Cuba e la sua influenza logistica e di intelligence nel terrorizzare le truppe per evitare che si ribellino minacciando di imprigionarle: finora abbiamo registrato 180 defezioni nell’esercito e nel- l’aeronautica, con alti gradi e responsabili di reparti blindati. Si minacciano anche ritorsioni contro le famiglie di eventuali disertori. Bisogna anche tener conto di alti gradi dell’esercito che sono coinvolti in attività lucrative, come per esempio la gestione di imprese nazionalizzate dal regime. Noi garantiamo quanto prescritto dalla Costituzione e stiamo lavorando a una soluzione in questo senso: manteniamo a tutti la porta aperta per partecipare attivamente al periodo di transizione che ci aspetta cosa che include, ovviamente, le Forze Armate…
Quali saranno le prossime iniziative in Venezuela?
Si avvicina il Carnevale, un evento che non potremo festeggiare a causa della tragica situazione, per cui trasformeremo questa festa in un’occasione di protesta.