Il Sole 24 Ore, 3 marzo 2019
Gli inganni della statistica
Nel Vangelo secondo Luca: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?». Recenti esperimenti condotti da Cao, Weiner e Banaji, scienziati cognitivi delle Università di Harvard e del MIT, hanno dimostrato la saggezza di questa domanda retorica che allude al «Discorso della pianura»: «Non giudicate e non sarete giudicati».
La storia parte da lontano. Jean Delumeau, nel suo erudito La paura in Occidente (Saggiatore, 2018), mostra come, secoli fa, gli eventi temuti erano quelli improvvisi e impressionanti. Si aveva paura dell’insolito e delle sue conseguenze negative, spesso immaginarie. Un tipico esempio è la comparsa delle comete: «… gli uomini di Chiesa non si lasciarono sfuggire l’occasione di questi segni celesti per indurre i cristiani alla penitenza con l’annuncio di prossimi castighi». Non c’era malafede. Tutti condividevano le stesse paure, potenti uomini di Chiesa e regnanti. In occasione della cometa del 1577, l’elettore Augusto di Sassonia incaricò i funzionari e il teologo Selnekker di preparare speciali preghiere liturgiche da recitare in ogni parrocchia. I flagelli persistenti e sempre presenti, come le morti di neonati e bambini, erano dati per scontati e non facevano paura.
Le cose cambiano per sempre quando, con le assicurazioni, si cominciò a misurare la frequenza con cui i rischi diventavano veri e propri incidenti. Quelli che un tempo erano necessariamente pre-giudizi si sarebbero potuti trasformare in giudizi ponderati e obiettivi grazie ai dati raccolti dagli statistici. Le persone, finalmente, si sarebbero preoccupate dei rischi veramente pericolosi e non di paure immaginarie.
In realtà è successo il contrario. Alle prese con la modernità dei media e della rete il nostro cervello produce un aumento e non una diminuzione della distanza tra i pre-giudizi, cioè le stime soggettive, e i giudizi corrispondenti alle frequenze oggettive dei fenomeni. Come un tempo succedeva con le comete, i rischi di eventi improvvisi che capitano in modi impressionanti sono molto sopravvalutati, per esempio le azioni terroristiche e criminali. I pericoli sempre presenti, che lavorano sotto traccia, sono sottovalutati. Non ne vediamo né sentiamo gli effetti sui tempi brevi, come per esempio nel caso del riscaldamento globale o delle diete sbagliate.
Gli esperimenti degli scienziati di Harvard e del MIT esplorano la questione sul piano dell’etica. È moralmente corretto giudicare sulla base della frequenza oggettiva dei fenomeni?
Dopo un’operazione provate a chiedere se il chirurgo era donna o uomo.È vero che tra i chirurghi ci sono più uomini che donne. Sulla base delle statistiche potreste rispondere: «Probabilmente era un uomo». E tuttavia i più giudicano questo tipo di risposta scorretto e immorale perché il sesso del chirurgo è irrilevante. Donne e uomini operano nello stesso modo.
A parità di comportamenti, parità di giudizi: si tratta di un principio ugualitario presente nelle costituzioni di più di 150 paesi. Quando vi domandano il sesso di un chirurgo, se non lo conoscete, la risposta corretta è: non so, anche se è più probabile che sia maschio. Con questo tipo di risposte, definite “morali”, è d’accordo più del 90% delle persone interrogate.
Gli esperimenti mostrano però che le stesse persone, quando sono loro a essere in gioco, si rifanno alle frequenze statistiche. In questo caso ci si comporta trascurando le minoranze e i giudizi personali cozzano contro il principio ugualitario. Di qui una scissione profonda tra i nostri comportamenti e i valori che vorremmo fossero universali.
Non è facile correggere queste distorsioni perché non affiorano mai alla coscienza. Le scopriamo solo con l’aiuto di procedure sperimentali ingegnose. Ecco un caso in cui le persone vedono il fuscello negli occhi altrui e non si accorgono della trave che le acceca. Purtroppo non abbiamo strumenti per guarire questa presbiopia, se non la pietà cristiana e i moniti evangelici.