La Stampa, 3 marzo 2019
I segreti di Neverland in tv
C’erano state proteste, denunce, picchetti e tanta polizia alla presentazione del film. Cose mai viste prima al Sundance Festival, dove Leaving Neverland ha avuto a fine gennaio la prima mondiale. Un po’ come la standing ovation per i due protagonisti del documentario, Wade Robson e James Safechuck, che per quattro ore nel film raccontano la strana frequentazione che ebbero con Michael Jackson e lo accusano, a lungo e dettagliatamente, di abusi sessuali.
Chi si occupa dell’imponente eredità di Michael Jackson (un fondo g estito da un suo avvocato e un ex discografico di cui sono beneficiari per metà sua madre e per l’altra metà i tre figli) aveva cercato di bloccare la presentazione al festival, senza fortuna. Ha poi denunciato Hbo, la rete tv via cavo e satellitare tra i produttori del film, chiedendo un risarcimento di 100 milioni di dollari e il blocco della messa in onda, che invece avverrà regolarmente oggi e domani in tutto il Nordamerica.
Dopo Weinstein e #MeToo
I tempi sono cambiati, e la standing ovation al Sundance lo dimostra. Il caso Weinstein e la campagna #MeToo non sono passati invano, oggi chi denuncia, anche tardivamente e anche se prima aveva affermato il contrario, trova ascolto. Su tutte le reti: lunedì sera la popolarissima Oprah Winfrey intervisterà in tv i due accusatori. «Lo fanno solo per i soldi e per diventare famosi», hanno detto i fratelli Jackson, che però anche loro, in questo caso, cercano soprattutto visibilità. Dall’eredità sono tagliati fuori: il Trust che la gestisce, da quando il re del pop è morto, il 25 giugno 2009, ha guadagnato 2,1 miliardi di dollari. Lo show del Cirque du Soleil Michael Jackson: One va ancora forte a sei anni dal debutto e nel 2020 partirà a Broadway il musical Don’t Stop ‘Til You Get Enough. Altri incassi in arrivo, se il documentario non farà troppi danni.
Testimoni senza compenso
Leaving Neverland è costruito intorno alle interviste con Robson, Safechuck e i loro familiari. Comincia con il primo incontro: per Robson, australiano, è su un palcoscenico, a Brisbane, quando a 7 anni vince un concorso di piccoli imitatori; per Safechuck, è il set di uno spot della Pepsi Cola, dove lui fa la parte di un ragazzino che si infila di nascosto nel camerino della star. Non ha ancora 10 anni. Per entrambi, il rapporto coinvolge da subito le famiglie, che a quanto pare non hanno problemi a lasciare i bambini da soli con Jackson, anche la notte, anche in viaggio, o a casa sua, a Neverland. Il racconto è speculare, dai giochi del pomeriggio agli abusi notturni, seguiti da lunghi discorsi del cantante sulla necessità di non fidarsi dei genitori e delle donne in generale.
La seconda parte del documentario parte dal 1993, quando il tredicenne Jordan Chandler accusa Jackson di molestie. Robson e Safechuck con i loro familiari testimoniano in favore della difesa. Safechuck ricorda di aver chiesto poi a sua madre di non farlo più, dicendo che Michael «non era una persona buona», mentre Robson racconta di aver continuato a difenderlo fino a pochi anni fa per paura di danneggiare la carriera di coreografo che aveva intrapreso e per proteggere i figli di Jackson. Entrambi oggi sono padri di famiglia, ma confessano di soffrire di insonnia e di disturbo post-traumatico da stress.
«L’abbiamo fatto per aiutare chi ancora non riesce a raccontare storie simili alla nostra», hanno spiegato nelle interviste i due, che non hanno ricevuto compensi per la testimonianza. È evidente che la profondità delle tracce che questo film lascerà, dipenderà da quanto e come il pubblico deciderà di credergli. Che l’atmosfera sia cambiata l’abbiamo già detto, ma è necessario ricordare che Michael Jackson è stato assolto da accuse simili nel 2005 e che prima ancora ha chiuso il caso del 1993 pagando 23 milioni di dollari.
Il giornalista Randall Sullivan, autore di una dettagliatissima ricerca sugli ultimi anni di vita della star (in italiano M. Vita, morte, segreti e leggenda del Re del Pop, Piemme, quasi 700 pagine) e più titolato di tanti ad avere un’opinione, ritiene per esempio che non ci siano prove conclusive di abusi su minori compiuti da Jackson. Il suo libro dipinge un individuo asessuale, «anzi, pre-sessuale», che odia tutti i familiari tranne la madre, descritto da molti come un padre eccentrico ma esemplare. Il mistero continua, e non sarà Leaving Neverland a dissipare i dubbi, in un senso o nell’altro.