La Stampa, 3 marzo 2019
Amazon apre una catena di supermercati
Amazon lancia la sfida del carrello. Non quello rappresentato nell’icona in alto quando si vuole pagare il conto online. La nuova sfida del colosso di Jeff Bezos riguarda piuttosto il carrello tradizionale, quello che per tante generazioni è stato sinonimo di spesa al negozio. La società di Seattle, infatti, punta ad aprire decine di supermercati alimentari negli Stati Uniti, il primo dei quali sarà inaugurato a Los Angeles entro fine anno. Attenzione però – avverte il Wall Street Journal che per primo ha diffuso la notizia - i nuovi negozi saranno distinti da Whole Foods, la catena di supermercati biologici che lo stesso Bezos aveva rilevato nel 2017 con un investimento di 14 miliardi di dollari.
La nuova creatura di Amazon sembra infatti puntare a prezzi più concorrenziali e a punti vendita di soli 10 mila metri quadrati, poco più della metà dei classici supermercati Usa. Non è ancora chiaro se avranno o meno il nome Amazon, ma dalle anticipazioni il progetto sarà “coast to coast” ovvero dopo Los Angeles interesserà anche San Francisco, Seattle, Chicago, Washington e Filadelfia, con altre città in attesa di conferma.
In una seconda fase, Amazon potrebbe optare per l’acquisizione di catene regionali per espandere più rapidamente la sua nuova “creatura”, facendo leva sulla rete di distribuzione di queste ultime. Il tutto con un alto tasso di tecnologia, come ad esempio la cassa automatica all’uscita che permette di pagare senza tirare fuori il portafogli, ma con un semplice movimento di cellulare. Una sortita, quella di Bezos, che rischia di creare grattacapi a diversi concorrenti della grande distribuzione come Kroger, Walmart e Costco.
Dati i precedenti di successo del colosso del commercio elettronico, che sta progressivamente evolvendo in una specie di conglomerata con ampi margini di crescita, il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, è tornato a fare pressing su Bezos per convincerlo a non abbandonare la città. Amazon, infatti, ha rinunciato all’ipotesi di aprire la sua seconda sede nella Grande Mela anche in seguito a una certa opposizione politica, facendo perdere 25 mila posti di lavoro potenziali e 28 miliardi di dollari di nuove entrate fiscali che la società è pronta a portare nello Stato dell’Impero.