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 2019  marzo 02 Sabato calendario

Intervista al tenore Vittorio Grigolo

«Rodolfo? Sarà pure un bohémien, ma non è stupido. La sua donna, Mimì, la protegge». E Romeo? «Che carattere. Io l’ho portato all’Arena di Verona, mi sono sentito un gladiatore». Il tenore Vittorio Grigolo, 42 anni, presenta i suoi uomini, «eroi romantici, maschi veri», di cui canta passioni e debolezze, vizi e virtù, nei teatri d’opera di tutto il mondo.
Il Duca del Rigoletto.
«Giovane, ma è un re, un padrone, cosciente del suo potere. Per un attimo, in un’aria, si lascia andare ai sentimenti, ma poi ritorna a La donna è mobile e alla certezza che a lui nessuna può dire di no».
Oltre che contemporanei, i suoi personaggi diventano seducenti.
«Un Romeo con la pancia non si può vedere... E come lo scavalca il balcone!»
Lei è considerato un divo, il nuovo Pavarotti: si sente così?
«Sono un passionale, capace di scappare a Los Angeles, tra una replica e l’altra di Rigoletto al Met di New York, per convertire le star degli Oscar in un recital a suon di bella figlia dell’amore, schiavo son de’ vezzi tuoi. Gli idoli del rock saranno pure famosi, ma questa musica ti apre le porte dell’anima».
Ha dimostrato presto il talento, il fascino e la determinazione che poteva mettere a disposizione della lirica: nello studio di un dentista. 
«A quattro anni, appena arrivato a Roma da Arezzo dove sono nato, mentre aspettavamo il turno, sento qualcuno nella stanza accanto che intona un’aria e gli vado dietro. Nessuna sapeva che potevo cantare così, forse neanche io».
Il coro della Cappella Sistina lo adotta all’istante e a 17 anni nei panni del pastorello di Tosca debutta al Teatro dell’Opera di Roma, condividendo la scena con Big Luciano.
«Ho ancora una sua letterina dove mi scrisse: non mollare mai, hai talento».
Alla Scala un altro primato: il più giovane cantante ad aver debuttato nel tempio. E poi Covent Garden, Opera di Parigi, Met, concedendosi un disco pop.
«You Are My Miracle nel 2006. Un milione di copie. Le stelle che tu conterai... te le regalerò, è il leitmotiv. E poi un duetto con il mito Brian May intonando Lucean le Stelle a Verona: sono cresciuto con i Queen anche io».
E ora un ritorno nell’Arena dove quest’estate sarà di nuovo Alfredo nella Traviata kolossal targata Zeffirelli.
«Nel frattempo sono cresciuto, sbagli, amori, divorzi. Ma la posizione di Alfredo crea difficoltà anche un uomo adulto. Lei lo fa impazzire, si prostituisce, forse va pure con il padre, insomma, ce ne vuole a star dietro a una storia così».
Sbagli? Che cosa non rifarebbe?
«In amore è tutto concesso. Nel lavoro no. Mi sono buttato nel mondo del pop troppo presto, senza avere alle spalle una carriera lirica consolidata».
Lo rifarebbe?
«Ora sì. Sto organizzando un tour in Italia, un sogno. Poi Broadway. E sarò il direttore artistico di Amici. Ho cancellato date per dedicarmi alla tv. Voglio trasmettere l’amore per l’opera a tutti. Il mio sogno è il camionista che canta Vincerò. Io ascolto anche rap, trap. E perché i rapper non devono appassionarsi la lirica?».
Sfera Ebbasta che canticchia Turandot?
«Io l’ho conosciuto. Avevo uno studio a Milano, tanti anni fa, dove progettavo elicotteri in scala ridotta. Un pallino. Come la Harley-Davidson. Lì sotto c’era un bar dove i ragazzi facevano rime in strada. E nel gruppo c’era lui. Si capiva già da allora che aveva da dire. Vanno abbattuti i muri. Aprire un dialogo. Non dico convertirli all’opera, ma incuriosirli. È il mio obiettivo. Per questo vado dalla De Filippi».
Un po’ come Roberto Bolle?
«E infatti siamo amici. Anzi lo devo chiamare perché sono un po’ ingrassato. Andrò a fare la sbarra con lui».
Fissato con la dieta come le sue colleghe?
«No. E mi è venuta la pancia. Ma è meglio dimagrire quattro chili che ricomprare il guardaroba. Come Bolle non sarò mai. Lui è una statua che cammina. Ma un fisico gradevole è meglio di uno sgradevole».
Bolle deve ballare in body. Lei no.
«Mi hanno chiesto di spogliarmi. Non un nudo integrale, ma con il giusto indispensabile».
Tra le varie sfide, anche dei nuovi ruoli?
«Carmen a Parigi, al Met, alla Scala. Poi Ballo in maschera. Che meraviglia. E il Trovatore, sempre al Met».
E Roma?
«Magari tornarci a fare Tosca. L’inizio di tutto».
Come mai non abita più a Roma? 
«Ho abbandonato Roma, quando l’ha abbandonata l’amministrazione».
E la lirica è abbandonata?
«Una follia. È l’industria made in Italy per eccellenza. Se i politici conoscessero certe arie forse governerebbero meglio».