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 2019  marzo 01 Venerdì calendario

De Gregori va a teatro e fa spegnere il cellulare

Venti date, cinque giorni alla settimana per un mese, un teatro da 230 persone in uno dei tanti cuori di Roma, la Garbatella. Il debutto questa sera, l’ultimo appuntamento il 27 marzo. Inutile aggiungere che è tutto sold out. 
A Francesco De Gregori puoi togliere lo studio di registrazione e i dischi («Ormai le case discografiche da me vogliono solo greatest hits»), ma non il live: salire sul palco, suonare e cantare, dando vita ogni volta a un’esperienza nuova e irripetibile: «Alla fine ci saremo esibiti davanti a 4.600 persone, avrei potuto guadagnare di più e faticare meno facendo un unico concerto in un posto più grande. E invece avevo proprio voglia di questo tipo di live. Avevo voglia di stare vicino agli spettatori, di fare un concerto più intimo. E poi lo ammetto, mi diverto». 
La prova generale
Mercoledì sera al Teatro Garbatella è andata in scena, davanti un centinaio di amici e a un manipolo di giornalisti musicali, la prova generale di Off the record. Questo «tour da fermo» si chiama così perché «non registriamo nulla. Non sarà seguito da un disco. Però mi piacerebbe rifarlo in un’altra città». E allora fortunati coloro che assisteranno a questo live ogni sera diverso: «C’è un nucleo che sarà più o meno sempre lo stesso, ma abbiamo stilato un listone di 64 canzoni dal quale attingere. Decideremo il pomeriggio per la sera». 
A scorrere i titoli ci sono il De Gregori più noto e quello meno, e non manca qualche sorpresa. La formazione però è sempre lo stessa, con lui sul palco due chitarristi (Paolo Giovenchi e Alessandro Valle), Guido Guglielminetti al basso e Carlo Gaudiello a piano e tastiere. Niente batteria. Gli spettatori del Garbatella non rimarranno delusi: è un live potente pur nel suo essere raccolto. Per aprire la prova generale ha rispolverato Viva l’Italia, «una canzone che avevo rifiutato e che invece adesso sono contento di fare. L’Italia ha bisogno di speranza».
Niente politica né Sanremo
Due i temi tabù: «Non fatemi domande di politica e su Sanremo», anche se poi è lui stesso a citare il Festival: «Canzoni come San Lorenzo e A Pà sono adatte a spazi come questo teatro, richiedono attenzione. Non sono noccioline. Se le portassi a Sanremo non vincerebbero di sicuro». Il cantautore romano dice di non sentirsi migliore di altri, ma una distinzione la sottolinea: «Non saprei spiegare cosa rende le mie canzoni differenti, ma così è. Io non faccio pop radiofonico e infatti Le mie canzoni in radio non passano». 
Sbaglierebbe però chi pensasse di avere trovato un sostenitore della mozione «alla radio una canzone italiana ogni tre»: «Una sciocchezza». De Gregori riconosce infatti un ruolo fondamentale nella sua formazione di musicista dell’ascolto delle canzoni straniere: «Non riesco a immaginare come sarebbe stata senza». 
In estate ci sarà il tour con un’orchestra da quaranta elementi che avrà il Gnu Quartet al centro (si parte l’11 e 12 giugno dalle Terme di Caracalla), poi si apriranno per la prima volta le porte della Cina: «Un impresario cinese ha così insistito che ho accettato». Per adesso però spazio alle venti date consecutive nello stesso teatro. Ma non paragonate il suo Off the record allo show di Bruce Springsteen: «Anche se cronologicamente il mio è arrivato dopo, vi assicuro che non l’ho copiato. Era da tempo nei miei progetti. Io Springsteen nemmeno lo conosco bene». E poi la battuta: «Ma secondo voi gli hanno mai chiesto se per la sua Born in the Usa aveva preso ispirazione da Viva l’Italia?».
De Gregori sta invecchiando decisamente bene, sul palco si muovo a suo agio come se da lì non dovesse scendere mai, la voce non sta risentendo del tempo che passa, è semplicemente cambiata ma sempre precisa, mai calante. Si diverte, è visibile. Scherza con i musicisti e anche con il pubblico, certi spigoli del passato sono stati smussati ed è emersa quell’indole romana un po’ sorniona che in fondo c’è sempre stata. Anche nell’appello al pubblico a non usare gli smartphone si intravede un sottile senso dell’umorismo. Ogni sera sarà distribuita agli spettatori la scaletta del live, in calce troveranno scritto: «Off the record, please! Francesco ringrazia e si congratula con tutti i suoi amici che decideranno di non usare il cellulare all’interno del teatro». «Io non sopporterei di avere accanto uno che sta col telefonino per aria tutto il concerto. Io il mio pubblico lo voglio tutelare».