La Stampa, 1 marzo 2019
Europee, allarme degli 007 Usa: “Cina, Russia e altri 15 Paesi provano a influenzare il voto”
C’è un allarme americano su crescenti intrusioni nel processo elettorale europeo di Russia, Cina e di un’altra quindicina di Paesi extra-Unione, alcuni legati al vecchio blocco sovietico. L’allarme arriva da Dan Coats capo della National Security Intelligence, l’agenzia di coordinamento di tutti i servizi americani. Un allarme che l’ex senatore repubblicano e uno degli uomini più vicini alla Casa Bianca ha condiviso con il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani in visita ufficiale a Washington.
Coats conosce a fondo l’Europa, è stato ambasciatore americano a Berlino dal 2001 al 2005 e al Senato ha lavorato per anni alla Commissione Intelligence. È dunque uno dei maggiori esperti sia in materia di relazioni transatlantiche sia di sicurezza.
«Il resoconto di Coats è molto preoccupante, conferma in parte le informazioni che avevamo raccolto in Europa sulla Russia, allarga alla Cina l’azione di intrusione e disturbo del nostro processo elettorale e dà soprattutto un contesto sistemico all’azione sia di Mosca sia di Pechino: l’obiettivo comune, anche se con propositi diversi, politico per la Russia, e politico/economico per la Cina, è quello di indebolire e addirittura spaccare l’Europa e questo oggi preoccupa l’America» dice Tajani in un’intervista esclusiva con La Stampa.
“Un fenomeno endemico”
Coats ha riferito che le operazioni di disturbo del processo elettorale e di intrusione nel sistema politico europeo avvengono in modo sistematico e si muovono su tre direttrici: hacking, fake news e importanti finanziamenti in varie forme a partiti favorevoli a un sovranismo anti-europeo. L’Intelligence Usa ha intercettato e scoperto numerosi centri di produzione di fake news per i social media. Il fenomeno è endemico e difficile da controllare perché i centri di produzione di fake news o le operazioni di hacking, di intrusione in reti riservate, cambiano rapidamente indirizzi una volta bloccati dai centri controllo dei social o dai servizi di protezione delle reti e a volte saltano da un Paese all’altro. «Il paradosso è che questo tentativo di spaccare l’Europa – pensiamo all’iniziativa 16+1 della Cina – si traduce anche in un indebolimento di quelle sovranità nazionali che i sovranisti vorrebbero privilegiare» osserva ancora Tajani.
La sponda atlantica
Nell’intervista con La Stampa il presidente del Parlamento europeo riscontra dunque un cambiamento di umore politico a Washington, nei colloqui con Coats, ma anche nel dialogo con il segretario al Commercio Wilbur Ross: «C’è una disponibilità ad allungare i tempi per l’introduzione di tariffe sulle importazioni di auto europee in Usa e c’è un interesse a formare un fronte comune sia per riprendere il Ttip (l’accordo per il libero scambio nell’Area atlantica) che per avere un approccio strategico comune nei confronti della Cina. Per noi il controllo cinese del Pireo in Grecia o della rete elettrica in Portogallo, sono campanelli di allarme quando non c’è reciprocità per investimenti europei in Cina».
In incontri informali, ad esempio durante una cena a Villa Firenze dove ha visto influenti personaggi della Casa Bianca tra cui Kellyanne Conway o in un incontro privato con il nuovo ambasciatore venezuelano a Washington Carlos Greco, Tajani ha registrato una convergenza di interessi su un livello più sistemico fra Washington e Bruxelles: «Su vari tavoli ci siamo trovati d’accordo su un punto – dice ancora Tajani – recenti eventi geopolitici, la crisi venezuelana, le motivazioni delle interferenze di Russia e Cina di cui abbiamo parlato, gli investimenti strutturali cinesi in Europa e nel mondo, ad esempio in Africa o con un progetto in Nicaragua alternativo al Canale di Panama, hanno convinto l’America di Trump dell’importanza di un’Europa coesa a non divisa e di un’alleanza transatlantica solida e non minacciata da sovranismi».
Si tratterà di capire se questo pensiero sarà condiviso da Trump. Quando si trova in difficoltà il presidente ricorre a un aumento delle tensioni e della conflittualità, anche con gli alleati, per galvanizzare la sua base politica. E le notizie di questi giorni le abbiamo sotto gli occhi: Trump è reduce dal fallimento del vertice con la Corea del Nord in Vietnam e sotto il feroce attacco al Congresso del suo ex avvocato Michael Cohen. Un cocktail letale per un aumento esponenziale della sua imprevedibilità.