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 2019  marzo 01 Venerdì calendario

La nuova Auditel

roma
Pronti ai blocchi di partenza. E il via, senza intoppi dell’ultim’ora, dovrebbe arrivare per fine marzo. Restano poche settimane, dunque, prima di una piccola, grande rivoluzione che promette di fare da linea di demarcazione fra un prima e un dopo della tv italiana: dal piccolo schermo alla “televisione oltre il televisore”; dalla logica del flusso e dei palinsesti a quella delle clip, Sacro Graal della tv del futuro. La misurazione targata Auditel della “total audience” – e quindi degli ascolti realizzati anche su smartphone, pc, tablet, smart tv – sta per lasciare l’ambito della sperimentazione (i dati ci sono da metà dicembre, ma non pubblici) per affrontare la prova del mercato. Il tutto per dare alla tv quello che è della tv; per “restituirle” quegli ascolti che nel tempo hanno lasciato il piccolo schermo per approdare, appunto, sugli altri device.
Il nuovo «superpanel» 
C’è voluto «un anno e mezzo fra progettazione e realizzazione», ha spiegato il presidente di Auditel Andrea Imperiali nella sua Relazione annuale presentata in un convegno alla Camera dei Deputati. Un tempo «record, contro i 5 anni del Regno Unito, i 4 della Germania, i 3 della Francia». Condizione preliminare è stata il rinnovamento del panel: dalle 5.700 famiglie del 2017 a 16.100, corrispondenti a circa 41mila individui. Un “superpanel” che «permetterà di scattare una fotografia, ancora più precisa, in alta definizione della società italiana e delle sue trasformazioni» e che farà da base statistica al nuovo standard cui si è arrivati grazie al lavoro di Comscore sul versante tecnologico. Nielsen continuerà ad occuparsi invece degli ascolti tradizionali. Per Imperiali, con questa Auditel “4.0” arriva «un passaggio epocale per l’industria». Modelli di consumo e comportamenti di fruizione non sono del resto più quelli di un tempo e di certo l’industria televisiva – che vede i colossi dell’on demand, guidati da Netflix e Amazon Prime, picchiare sulle mura del castello – non può permettersi di aspettare passivamente. Ovvio, quindi, che la rilevazione tradizionale non basta più, rischia di sottostimare importanti situazioni. Non a caso la Rai ha cercato di evidenziare al massimo le views del Festival di Sanremo attraverso web, social e la propria piattaforma Raiplay. Ma dalla XFactor di Sky ai frammenti di Otto e mezzo su La7, a Crozza su Discovery, alle Iene o Striscia la Notizia sulle reti Mediaset, di share aggiuntiva ce n’è. 
Le principali novità 
La nuova rilevazione Auditel promette maggiori garanzie con il campione allargato e un più ampio spettro di analisi con i nuovi device, ma anche di porsi come metodo «censuario sui device digitali». Alla base c’è infatti un meccanismo secondo cui i broadcaster dovranno prevedere, già all’emissione del segnale, un “tag” associato al video che sarà letto da tutti i device. Ogni passaggio su siti e app sarà così computato. Dopo quasi tre mesi di analisi dei dati, spiega Imperiali, alcuni cambiamenti sembrano emergere. Innanzitutto che «i punti di “share addizionale” appaiono complessivamente contenuti, ma la novità è che non si distribuiscono più in maniera lineare bensì secondo logiche del tutto nuove e diverse». Poi, per i programmi nativamente organizzati per clip e pensati per un target giovane l’ascolto addizionale sui device digitali «può arrivare a raddoppiare o addirittura triplicare l’ascolto rilevato sulla sola tv tradizionale». Infine c’è una fruizione «sempre più “on demand”, in mobilità» secondo la formula: «Meno tempo, più attenzione, più scelta». Tutte considerazioni messe a disposizione dei broadcaster come degli investitori pubblicitari (la tv è ancora il primo mezzo, con il 45% sugli 8,4 miliardi totali di raccolta del 2018) che si troveranno uno «strumento formidabile» che permetterà di misurare «le incoerenze, le contraddizioni e le opacità di metriche autoprodotte, non omogenee e, soprattutto, non verificabili, attraverso cui oggi orientano i loro investimenti». Riferimento evidente ai giganti del web, attori di «un mercato digitale opaco, non regolato». Qui la nuova Auditel ha l’ambizione di porsi come «la prima metrica di misurazione interamente vigilata, certificata, pienamente rispondente alle regolazioni europee», sistema «capace di rendere più trasparente ed equilibrata la competizione in un contesto caratterizzato, fin qui, da un’asimmetria normativa e regolatoria non sostenibile». Miele per le orecchie dei rappresentanti dei broadcaster presenti in sala. È comunque chiaro che ora si dovrà verificare chi, all’interno della tv tradizionale, guadagnerà o perderà ascolti. E quello sarà un altro discorso.
Garanzia di trasparenza 
Nel frattempo una pacca d’incoraggiamento è arrivata dai rappresentanti delle Istituzioni. Il Garante europeo della Privacy Giovanni Buttarelli ha parlato di dati «utilizzati in un quadro di trasparenza senza il minimo rischio che si vada a finire in una nuova Cambridge Analytica», mentre il presidente Agcom Angelo Cardani ha lodato la collaborazione fattiva di Auditel con l’Autorità, sottolineando che «l’estensione dell’analisi anche ai media digitali è un fatto epocale». Per il neopresidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, «la ricerca di base Auditel rappresenta un dato da cui difficilmente si può prescindere nell’analisi della società». In questo senso un giudizio positivo è arrivato anche dal sottosegretario Claudio Durigon come da Alessandro Morelli, presidente della Commissione Trasporti, poste e tlc della Camera che ha confessato di «non avere un televisore a casa», ma di fruire della tv su altri device e proprio per questo di essere simbolo di un cambiamento da considerare per tutelare un’industria che va salvaguardata. Secondo il presidente della commissione di Vigilanza Rai, Alberto Barachini, «le istituzioni guardano con grande favore il percorso di Auditel» anche «per impatti e risvolti che riguardano il servizio pubblico». Anche per questo il presidente di Auditel dovrebbe presto essere convocato per un’audizione dalla bicamerale. Le polemiche per il “baco” del 2015 sono lontane.