Corriere della Sera, 28 febbraio 2019
Churchill e l’artista
Fu il cozzo fragoroso fra due gladiatori nell’arena, un corpo a corpo che oppose il pittore modernista Graham Sutherland al primo ministro Winston Churchill, ormai vecchio e al crepuscolo della carriera. Un moncone di quella battaglia, uno studio preparatorio della mano dello statista, sarà in mostra a Maastricht: perché il risultato finale, un ritratto di Churchill terribile nella sua verità, venne distrutto dalla moglie dello statista, che ne era rimasto sconvolto.
Il quadro era stato commissionato nel 1954 dalla due Camere del Parlamento britannico: doveva essere l’omaggio al premier per i suoi 80 anni e gli sarebbe stato consegnato nel corso di una cerimonia nella Great Hall di Westminster. Churchill era al termine del suo ultimo mandato da premier: ormai anziano e stanco, restava ostinatamente aggrappato al potere, mentre alle sue spalle scalpitava il successore, il ministro degli Esteri Anthony Eden.
Churchill passava molto tempo nella sua residenza di campagna, dilettandosi col suo hobby preferito, la pittura di paesaggi a olio: e fu lì che venne informato del ritratto da realizzare. Il vecchio statista probabilmente non conosceva Sutherland: e certamente non si fidava di un pittore modernista che magari sospettava di simpatie per il detestato socialismo.
Churchill avrebbe preferito essere immortalato al massimo della pompa, nell’uniforme di cavaliere dell’Ordine della Giarrettiera: ma i deputati avevano chiesto di vederlo nel consueto abito parlamentare, cioè in frac e panciotto. E a Winston probabilmente non sarebbe dispiaciuta una posa in piedi, statuaria, magari con l’amato sigaro fra le dita: però Sutherland gli chiese di restare seduto, appoggiato ai braccioli della poltrona. Perché ciò che aveva di mira erano l’accuratezza e la verità.
Churchill aveva le sue idee sulla pittura: ed erano certamente diverse da quelle dell’artista che gli stava di fronte. Il premier-paesaggista preferiva abbellire la realtà, ritratta per come avrebbe dovuto essere più che per come si presentava. Sutherland invece aderiva a una verità più profonda, con uno sguardo clinico che rasentava la crudeltà.
Lo scontro
Il primo ministro non aveva gradito il dipinto, che lo rappresentava come un uomo fragile
È anche per questo che nelle sedute di posa l’artista realizzò soltanto degli schizzi, concentrandosi sul volto e le mani, preferendo poi ultimare il quadro in studio, lavorando anche su fotografie. Ciò che aveva di mira era un essenziale che andava oltre l’apparenza.
Per Churchill, invece, quel ritratto al culmine della sua vita avrebbe dovuto rappresentare qualcosa di molto di più: non semplicemente l’uomo politico, ma la carica che rappresentava, anzi lo stesso sistema di governo britannico. Churchill si vedeva come l’incarnazione dei valori della Gran Bretagna e del suo ruolo nel mondo: aveva speso molte delle sue energie a costruire un monumento a se stesso, con la sua prolifica attività di scrittore. E quel ritratto, per lui, avrebbe dovuto essere non solo la celebrazione della sua vita e della sua carriera, quanto anche di quella democrazie e di quella libertà che lui aveva sempre difese.
Il risultato andò in tutt’altra direzione. Sutherland produsse un ritratto che faceva emergere la realtà umana di Churchill, dipinto in tutta la sua fragilità e decadenza senile: aggrappato ai braccioli, accigliato, un po’ calato in avanti, circondato da toni grigi, marroni e neri. Quando lo vide, Churchill ne rimase scioccato: lo percepì come un’umiliazione, una mancanza di rispetto, addirittura come un tradimento anti patriottico. Ma la verità era che gli aveva aperto gli occhi su stesso e lo aveva costretto a contemplarsi qual era, come in un novello ritratto di Dorian Gray.
Il quadro avrebbe dovuto restare esposto in Parlamento, ma venne invece donato a Churchill, che lo portò nella sua residenza di campagna. Nessuno ebbe più modo di vederlo e le ripetute richieste di prestito, in occasione di diverse mostre, vennero sempre respinte. La verità fu che lady Churchill, dopo averlo nascosto in cantina, lo aveva infine dato alle fiamme.