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 2019  febbraio 28 Giovedì calendario

Voglio un cuore da eschimese

Tutto comincia con gli eschimesi, consumatori abituali di pesce. Parte da loro, circa quarant’anni fa, l’interesse della scienza per gli acidi grassi omega- 3. Studiando le malattie in quell’area si è visto che l’incidenza degli eventi cardiovascolari era di molto inferiore rispetto alle popolazioni dei Paesi nordici limitrofi e che quando gli eschimesi stessi si trasferivano in Danimarca, per esempio, modificando i loro stili alimentari, aumentava la probabilità di sviluppare una patologia cardiovascolare.
«Da quell’osservazione, unita a ricerche di laboratorio che hanno dimostrato gli effetti degli omega- 3 sull’organismo, ha preso il via una serie di studi che ci hanno permesso di mettere meglio a fuoco il ruolo fisiologico di questi composti che si trovano in tutto l’organismo ed hanno la capacità di rendere più “fluide” le membrane cellulari oltre ad avere una serie di effetti biologici importanti – spiega Elena Tremoli, direttore scientifico del Centro cardiologico Monzino, IRCCS, di Milano – ad esempio, riferendoci all’apparato cardiovascolare, hanno un effetto sull’aggregazione delle piastrine, cellule fondamentali nella coagulazione del sangue. La presenza di omega- 3 nei fosfolipidi piastrinici ne migliora le caratteristiche e quindi le rende meno portate ad unirsi tra loro (aggregazione) riducendo così il rischio che si formino trombi all’interno delle arterie coronariche dando luogo ad un infarto del miocardio». Ovviamente, limitare alle sole piastrine gli effetti degli Omega- 3 è riduttivo. Perché gli studi stanno ormai dimostrando effetti anche insospettabili.
Nel tempo la ricerca ha infatti dimostrato che questi acidi grassi altamente polinsaturi possono favorire la salute dell’endotelio, lo strato più interno della parete dei vasi, contribuire a ridurre la quantità dei trigliceridi circolanti, avere un blando effetto positivo sulla pressione arteriosa, specie se i livelli sono ai limiti superiori della norma. Ma la grande sfida si gioca sul campo dell’infiammazione, sempre più considerata “carburante” delle malattie cardiovascolari e non solo.
Poco tempo fa una ricerca condotta alla Trobe University di Melbourne ha dimostrato come il consumo regolare di pesce grasso possa ridurre i sintomi dell’asma nei bambini. Il miglioramento delle funzioni polmonari dei piccoli si osserva già dopo sei mesi ed è probabilmente legato all’azione antinfiammatoria degli acidi grassi omega-3. Il consiglio che si può offrire è quindi semplice: l’alimentazione dovrebbe offrire il necessario introito di omega-3, quindi bisogna sforzarsi di mangiare più pesce. Per quanto riguarda l’eventuale supplementazione, sta al medico stabilire se e in quali dosi questi composti debbano essere somministrati. No al fai-da-te.