la Repubblica, 28 febbraio 2019
Meno olio e più discount
Stop (o quasi) alle serate al cinema. Il sogno dell’auto nuova messo in naftalina o ridimensionato, con l’addio al miraggio del Suv e la scelta – questione di prudenza – di un’utilitaria. Per la spesa di tutti i giorni, invece, nessun dubbio: nell’era della recessione tecnica meglio il discount, l’ultima trincea per provare a risparmiare senza rinunciare per ora – a nulla o quasi.I numeri parlano chiaro. Il crollo della fiducia dei consumatori italiani – scesa ai minimi degli ultimi 18 mesi, mentre quella delle imprese sprofonda addirittura al record negativo da 4 anni – è una realtà che si tocca già con mano nella quotidianità Il Pil scende, le promesse elettorali – alle prese con l’amara realtà dei conti dello Stato – faticano a prendere forma. E nei portafogli tricolori è scattata l’ora dell’austerity. La frenata delle vendite al dettaglio dello 0,7% a dicembre è solo la foto di gruppo della crisi. Dietro cui si nascondono sforbiciate ai budget familiari degne della Troika: i cinema hanno venduto nell’ultimo weekend di febbraio il 30% di biglietti in meno dello stesso periodo 2018 (già un annus horribilis per il grande schermo…). Gli acquisti di auto a gennaio sono crollati del 7,9% causa sboom delle vetture di lusso (-41%) mentre sempre più persone si sono orientate sui modelli più economici, cresciuti del 5%.
La parola d’ordine è prudenza. «Pesano le incertezze sul reddito futuro» dice Mariano Bella del centro studi Confcommercio. Le spese non necessarie vengono così rinviate e sui conti correnti degli italiani a fine gennaio c’erano 25,9 miliardi in più di un anno prima. «Per capire che aria tira, basta vedere dove la gente va a fare la spesa oggi», spiega Nicola De Carne, partner di Nielsen: tra settembre 2018 e fine gennaio il giro d’affari dei discount, dove lo scontrino è low-cost, è salito del 4,9%, quello dei nuovi grandi magazzini al risparmio di detersivi & C. del 6,3% mentre nei grandi iper gli incassi sono scesi dello 0,7%.
Il carrello della spesa viaggia oltretutto a due velocità. «C’è una parte d’Italia più ricca che continua a spendere per prodotti di qualità – sostiene Albino Russo, direttore generale Coop – mentre la fascia più debole ha stretto i cordoni della borsa e penalizza i prodotti più di base».
La prova? L’identikit degli acquisti sugli scaffali dei supermercati degli ultimi quattro mesi. Volano tutti i prodotti ad alto valore aggiunto, nel mirino di solito delle famiglie con più soldi che tempo: le insalate confezionate sono cresciute dell’8%, la carne tagliata e pronta all’uso del 33%. In gran spolvero (forse si beve per dimenticare) anche le materie base per l’aperitivo, con 15 milioni di euro di snack salati venduti in più e altrettanti di Prosecco Doc.
Gli optional della vita – o meglio «i prodotti di gratificazione» come li chiama De Carne – tirano ancora, con performance da sogni per i prodotti bio e quelli salutisti. Le materie prime delle ricette tricolori invece battono in testa, complice il taglio del budget deciso da chi di solito si affida al fai-da-te e cucina in proprio per risparmiare: tra settembre e gennaio sono andate a picco le vendite di olio d’oliva (-11%, 42 milioni in meno), come quelle di zucchero (-9,6%), polpa di pomodoro per i sughi (-4%) e latte (-2%). Il peggio però, per gli esperti, rischia ancora d’arrivare. Le sforbiciate alle spese sanitarie (-3,3% i medicinali venduti nel 2018), la picchiata dell’elettronica dopo il boom del Black friday e lo stop alle compravendite di case – calate per la prima volta in 18 mesi nel terzo trimestre 2018 – sono un brutto segnale. «E con il rischio di manovra aggiuntiva, la spada di Damocle dell’aumento dell’Iva e la forbice tra promesse elettorali e realtà dei fatti», dice Bella, anche chi ha provato finora a non tagliare il budget per la spesa rischia di essere costretto a lavorare di lima.