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 2019  febbraio 28 Giovedì calendario

Intervista a Carlo Ancelotti

Alle pareti del suo ufficio le foto della carriera. Fuori ci sono venti gradi, ma qui si parte da meno tredici, la distanza tra Juve e Napoli alla vigilia della sfida diretta.
Ancelotti, dice la verità questa classifica?
«Sì, non mente. Merito della Juve e demerito nostro. Loro sono sopra la media, noi dentro una media molto elevata. Abbiamo sbagliato poche partite e fatto un campionato buono, ma è un giudizio annacquato dalla straordinarietà della Juventus».
Ha pensato di poter competere con la Juve?
«Certo, altrimenti non sarei venuto qui. Questa squadra può e deve riuscirci». 
Domenica che Juve si aspetta?
«Al di là del momento, difficilmente sbagliano certe partite. Verranno qui per chiudere la pratica scudetto sfruttando le loro caratteristiche: difesa solida, contropiede, agonismo, velocità. Non ci sono segreti tra queste due squadre. Certo se vincono possono pensare ad altro, se perdono devono stare ancora all’erta».
Atletico-Juve: si aspettava finisse così?
«Non mi aspettavo il risultato, ma quel tipo di partita sì. Attenzione, aggressività: qualità che prescindono dal gioco. L’Atletico la mette sempre su quel piano, sono bravissimi».
Rimedi per il ritorno?
«Forzare il gioco, tenerne il controllo con più lucidità. A Madrid la Juve ha provato a gestire la partita e con l’Atletico è rischioso: finisce sui loro binari e non la recuperi più».
Campionato italiano poco allenante: vero o falso?
«Se ti alleni poco è poco allenante. Il ritmo partita dipende dall’avversario, ma anche da come lavori in settimana. Non puoi aspettare che sia il campionato ad allenarti, ma devi preparare la squadra a ritmo ed intensità».
Spunti da questa stagione?
«Stiamo tralasciando difesa e contropiede, siamo simili alla Liga. Io sono ancorato al calcio non modernissimo, questo continuo rifugiarsi nel portiere non mi piace, è una tattica ostruzionistica. Io preferisco chi para, non chi gioca bene con i piedi. In generale abbiamo abbandonato il calcio all’italiana, c’è meno attenzione a livello difensivo».
Meret è un portiere che para?
«È un grande talento. A livello tecnico mi ricorda il primo Buffon. Ha avuto tanti problemi fisici e quindi è un po’ apprensivo. Ma con il tempo guadagnerà in personalità».
A proposito di difensori. Ha allenato Maldini, Thuram, Thiago Silva, Sergio Ramos: Koulibaly sta in questa categoria?
«Sì. È molto intelligente. Di solito chi è così forte e veloce pensa che non serva altro per risolvere i problemi. Io divido i giocatori in ottimisti e pessimisti. Lui è pessimista, sa che non basta solo quello. Per cui è molto attento e ha una forte personalità».
Insigne può crescere ancora?
«No, la sua crescita sta nel trovare continuità. Deve raggiungerla anche attraverso le pause, basta che non siano ripetute. Al talento non puoi chiedere troppo: nel Real a Ronaldo piaceva giocare a sinistra, avrebbe dovuto lavorare anche in copertura, ma neanche ci provavo. Preferivo aggiustarmi sacrificando altri. Sacchi si arrabbiava con Van Basten perché correva poco, lo facevo io volentieri per lui. E Marco mi diceva “dammi la palla e corri ad abbracciarmi”».
Potrebbe ritrovare Ronaldo: è lo stesso che ha allenato a Madrid?
«Molto motivato, concentrato su quanto deve fare. È sempre uguale. A lui non devi dire molto, è uno di quei giocatori che è meglio ascoltare».
Come sulla punizione poi suggerita a Milik domenica scorsa a Parma?
«Esatto. Non posso certo insegnargli come calciare».
De Laurentiis dixit: «Darei l’Oscar ad Ancelotti per come ci protegge. Ci fa vivere come in un liquido amniotico». Davvero così difficile lavorare a Napoli?
«Guardi che questa città non trasmette tensioni, ma molto amore. Anche se le cose non vanno bene. A Napoli c’è un clima ovattato, la gente non si prende troppo sul serio. E ci sono meno problemi di quello che sembra da fuori. E io sono uno del Nord...».
La cosa più divertente che le hanno detto a Napoli?
«Omm’ e panz’, omm’ e sustanz’».
E lavorare nel Napoli invece com’è?
«Il gruppo dei giocatori è meno formato rispetto a Real, Bayern o Chelsea per esempio, quindi puoi incidere di più. In questo mi ricorda l’esperienza al Milan. E De Laurentiis è simile a Berlusconi, gestisce la società come una grande famiglia. E io mi sento uno di famiglia».
Benitez, Conte, ora Sarri: perché è difficile allenare il Chelsea?
«Il difficile non è allenarlo, ma rimanerci. La società non vuole aspettare, i progetti sono stagionali, non a lungo termine. Più in generale l’allenatore di oggi non ha tempo. Il risultato sportivo determina molto quello finanziario, quindi le cose si sono complicate. Ma l’errore clamoroso è giudicare un tecnico solo per i risultati, certi dirigenti non hanno la competenza per andare oltre. Io qui gestisco 50 persone, non solo una squadra».
Sorpreso dalle critiche ad Allegri?
«È il nostro mondo. Perdi con l’Atletico e sei incapace, ma la realtà è ben diversa. Allegri vede cose che gli altri non vedono e intende il calcio come me: gestisce una squadra in base ai giocatori».
Se Ancelotti avesse pieni poteri che farebbe della Var?
«La Var è utile e importante, ma ora c’è un abuso nell’utilizzo. I falli di mano per esempio: restano un fattore soggettivo anche dopo aver rivisto l’azione. E il caso di Firenze è emblematico. Io punirei solo il fallo chiaro ed evidente. E adotterei il tempo effettivo, basta con i maxi recuperi».
Che mondo è dove si insulta a morte la figlia di Simeone e si oltraggia la memoria di Astori?
«Un mondo malato. Sono venuti a mancare i cardini, una volta si rispettavano le differenze tra il genitore e il figlio, tra il professore e l’alunno. Ora non più. Se uno oltraggia la memoria di Astori è malato nella testa, i social hanno dato la parola a tutti, ma uno che è malato nella testa non ha il diritto di parlare. Siamo in un eccesso di democrazia, dovremmo limitarla per evitare certe degenerazioni». 
Sacchismo, guardiolismo, cholismo, sarrismo: e l’ancelottismo?
«Non esiste, a me interessa avere una squadra che non abbia una sola identità ma che sappia fare di tutto. Devi costruire in base alle caratteristiche dei giocatori che hai, non puoi fare una granita senza il ghiaccio. Il calcio si può giocare in tante maniere».
Ancelotti, conosce lo stress da panchina?
«Se lo conoscessi, avrei accettato di allenare la Nazionale, ma io ho bisogno di lavorare tutti i giorni. Lo stress è benzina, se non sei mai preoccupato non puoi avere energia, ma troppo stress ti debilita, ti toglie sicurezza. E la squadra lo avverte».
A Madrid ha sopportato l’ossessione per la Decima. La Juve vive uno stato d’animo simile per la Champions?
«A Madrid la Decima sembrava un’ossessione e invece era una motivazione, il confine è labile. Per la Juve credo valga lo stesso».
Uno sfizio che ancora non si è tolto?
«Vincere con il Napoli. E prima o poi succede, sono sicuro».