Il Messaggero, 28 febbraio 2019
L’America ai tempi del Green Book
Prima che il Civil Rights Act del 1964 (e sue successive integrazioni) sancisse la fine della segregazione razziale negli Stati Uniti, la popolazione afroamericana non poteva decidere di affrontare un viaggio, o di andare semplicemente in vacanza, senza incorrere in pericoli di ogni genere. Bisognava individuare i pochi alberghi che accettavano clienti di colore, i ristoranti disponibili a sfamarli; e spesso si incontravano episodi di ostilità di ogni genere. «È un brutto colpo scoprire, all’età di cinque o sei anni, che in un mondo di Gary Cooper tu sei l’indiano», diceva con amarezza lo scrittore James Baldwin.
L’America appariva, alla popolazione nera, come un mondo sinistro e pieno di pericoli. E l’unico Virgilio a disposizione per affrontare l’Inferno era il cosiddetto Green Book (detto anche Negro Motorist’s Green Book), che ha ispirato il film di Peter Farrelly, con Viggo Mortensen e Mahershala Ali, che ha fatto man bassa di premi agli Oscar. Nel film il jazzista Don Shirley affronta un tour nel 1962, mentre erano in vigore ancora le leggi varate da Jim Crow, che avevano istituito un regime di separazione per gli afroamericani e tutti gli altri gruppi diversi dai bianchi. Ed è proprio al Green Book che il musicista si affida, per decidere dove mangiare, dormire, fare rifornimento di benzina.
GLI INDIRIZZI
La guida che tante famiglie afroamericane sfogliavano con curiosità e apprensione era stata creata nel 1937 da un funzionario delle poste, Victor Hugo Green (il suo secondo nome era ispirato al grande scrittore francese), che aveva raccolto tutti gli indirizzi utili per evitare «situazioni imbarazzanti» – vale a dire: scoprire come non imbattersi in proprietari razzisti. Prima della pubblicazione della sua guida, amava dire lo stesso editore, «bisognava affidarsi al passa parola e anche in quel modo, a volte, le sistemazioni non risultavano disponibili».
Agli inizi il suo libello, di appena 16 pagine, costava 25 centesimi: era dedicato, in massima parte, alla regione di New York. Nel 1964, prima che diventasse obsoleto, era arrivato a cento pagine, e copriva tutto il territorio degli Stati Uniti, oltre a parti del Messico e del Canada. Ogni anno veniva aggiornato, per essere distribuito dalle stazioni della ExxonMobil, nei negozi per neri, o tramite abbonamento. Green aveva raccolto, proprio grazie al suo lavoro nelle poste, molti indirizzi utili per i suoi stessi spostamenti; così decise di condividerli con chi aveva le stesse necessità di viaggiare attraverso l’America. A volte, capitava che in certe località fossero poche le strutture ricettive disposte ad accogliere afroamericani, e in quel caso la scelta cadeva su stanze affittate da privati. Ma era soprattutto il Sud, dove il razzismo era più radicato, a costituire un problema; e si incorreva in limitazioni di ogni genere. In certe regioni del Delta del Mississippi, per esempio, i neri non potevano superare le automobili guidate dai bianchi. La motivazione (che oggi appare veramente pazzesca) era che avrebbero potuto sollevare polvere e sporcare le loro auto. C’erano anche zone in cui gli afroamericani (come si vede nel film) non potevano viaggiare di notte; e in certe località era sconsigliabile fermarsi, anche se si trovavano lungo il percorso: di qui la necessità di spostarsi sempre con ingenti scorte di acqua, cibo e carburante.
IL TERRORE
La grande attivista Rosa Parks, che nel 1955 si rifiutò di cedere il posto in autobus a un bianco, ha ricordato che a quel tempo i diritti civili non esistevano affatto, e che la gente sperava soltanto di avere la fortuna di sopravvivere: «Quando ero ragazza andai a dormire e udii il rumore di un assalto del Ku Klux Klan, di un linciaggio, ero terrorizzata che la mia casa venisse data alle fiamme da un momento all’altro».
«Verrà un giorno – diceva Green – forse nel prossimo futuro, in cui questa guida non dovrà più essere pubblicata. Questo accadrà quando ogni razza godrà di uguali diritti e privilegi negli Stati Uniti. Sarà un grande giorno, per noi, quando sospenderemo questa pubblicazione, perché questo vorrà dire che potremo andare ovunque vogliamo, e senza imbarazzi».
LA META
L’editore di Harlem, morto nel 1960, non riuscì a vedere realizzato il suo desiderio; e le edizioni continuarono grazie all’opera di sua moglie. «Anche se dovrete affrontare le difficoltà di oggi e di domani, io ho ancora un sogno», disse tre anni più tardi Martin Luther King in un celebre discorso al Memoriale di Lincoln, a Washington. «Ho un sogno: che un giorno questa nazione si sollevi e viva appieno il vero significato del suo credo: Riteniamo queste verità di per sé evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali...»
Il reverendo King fu ucciso da una pallottola il 4 aprile del 1968; ma la strada verso l’uguaglianza era ormai segnata. Il 20 gennaio del 2009 un certo Barack Obama fu il primo afroamericano ad entrare alla Casa Bianca. Ma continuiamo a esercitare la memoria. Ne va della nostra umanità.