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 2019  febbraio 28 Giovedì calendario

Basf e i super ortaggi

Tredici sedi, otto stabilimenti produttivi, 1.400 dipendenti, 1,9 miliardi di euro di fatturato (per il 75% esportato oltreconfine) e investimenti per 130 milioni di euro negli ultimi cinque anni e altrettanti in programma per il prossimo lustro: numeri di un big nel panorama industriale tricolore, dove sono appena 200 le società con ricavi superiori al miliardo. Ma il big in questione è la divisione italiana di Basf, il colosso chimico della Renania-Palatinato – 62,6 miliardi di fatturato 2018 e 122mila dipendenti, di cui 11mila ricercatori, nel mondo – che continua a scommettere sul nostro Paese dal 1946. «Il gruppo è approdato in Italia nel dopoguerra per avere una base commerciale, ma ha sviluppato negli anni una presenza manifatturiera sempre più estesa e diversificata, valorizzando anche la ricerca chimica per l’agricoltura e le costruzioni, con centri R&S diventati benchmark internazionali. E questo è frutto non solo delle grosse acquisizioni realizzate dal 2006 a oggi su scala globale, ma è anche merito delle competenze, delle professionalità e della capacità di lavorare trasversalmente che la casamadre riconosce ai collaboratori italiani», spiega Filippo Di Quattro, direttore Operations di Basf Italia. 
L’ultima new entry, il centro R&S Breeding della divisione Agricultural Solution di Sant’Agata Bolognese, è l’esempio concreto della scelta paziente, sostenibile e digitale che Basf sta portando avanti: a poca distanza dalla roboante fabbrica di bolidi Lamborghini, in mezzo alla campagna emiliana, si aprono 13 ettari di campi con 13 serre sperimentali e un laboratorio di fitopatologia che è il punto di riferimento per tutta Europa nel miglioramento genetico di specie orticole. Su 80 persone che ci lavorano, metà sono ricercatori, che dedicano anni (anche dieci) a incroci genetici di pomodori, peperoni, angurie e lattughe, per rendere gli ortaggi più adatti e resistenti ai cambiamenti sia di clima sia di patogeni e anche più belli, più saporiti: «In ogni serra – racconta il senior farm manager, Claudio Castellari – sperimentiamo in media 700 tipi diversi di incroci, raccogliamo i semi, li analizziamo e li sistematizziamo in banche dati; poi nelle camere di crescita, sotto luci rosse e blu per massimizzare la fotosintesi, cresciamo piantine che ammaliamo artificialmente per testarne la resistenza in laboratorio. Ci vogliono migliaia di insuccessi e 3-4 anni di lavoro per selezionare l’incrocio giusto e passare alla fase di coltivazione in campo aperto della nuova varietà e passano così altri due o tre anni di test, prima di arrivare alla commercializzazione».
Anche questa è chimica e senza il centro di Sant’Agata (entrato nella galassia Basf con l’acquisizione del marchio Nunhems da Bayer, per i vincoli imposti dall’Antitrust all’operazione Bayer-Monsanto) non avremmo sul mercato i pomodori pachino o le mini-angurie senza semi. Così come senza la ricerca sviluppata nel centro di Treviso (Construction Chemicals) saremmo assai più indietro in Europa nei nuovi materiali edilizi. «Basf investe ogni anno oltre 25 milioni di euro nei siti italiani, un terzo in digitalizzazione, un terzo per ammodernare le strutture e l’altro terzo per la sostenibilità e la sicurezza», precisa Di Quattro. Investimenti che sono confermati anche per i prossimi anni, con un baricentro che va sempre più spostandosi lungo la via Emilia, rispetto all’headquarter di Cesano Maderno, in Brianza. Nel sito di Pontecchio Marconi, nel primo Appennino bolognese – il più importante insediamento produttivo Basf in Italia, specializzato in additivi per plastica, 330 dipendenti – la società di Ludwigshafen ha concentrato 80 dei 130 milioni di euro spesi dal 2013 lungo lo Stivale, portando qui pure il laboratorio di Process Technology, prima a Basilea, per la ricerca sui processi produttivi degli stabilizzanti luce (e a Pontecchio c’è pure il centro R&S di riferimento per tutta Europa che studia l’impatto degli agenti atmosferici sui materiali plastici utilizzati in automotive e agricoltura). E ora è già approvato un ulteriore consistente investimento per costruire un nuovo reparto produzione che sarà operativo dal 2020. Ma anche a Sant’Agata sono già previste altre 20 assunzioni e 3 milioni di euro per rafforzare le attività di R&S in agricoltura. Con un terzo sito a Lugo di Romagna, nel Ravennate (dove si testano erbicidi, insetticidi e pesticidi per tutto il Sud Europa), che fa dell’Emilia-Romagna, con 450 dipendenti sui 1.400 di Basf tra Giussano e Latina, un’area sempre più strategica per la chimica made in Italy.