La Stampa, 28 febbraio 2019
Come salta Tamberi
L’atletica «radicale» del direttore tecnico Antonio La Torre parte dagli Europei indoor di Glasgow. Lui voleva un’élite ristretta e l’ha avuta, ora deve farla rendere al meglio: sulla strada per Tokyo 2020 serve dare qualche segno di vita per non sparire.
Come funziona la via minimalista?
«Non ci sono più interferenze tecniche: sui convocati di questo europeo nessuno ha messo becco. Il presidente fa il presidente e non ha toccato palla sulle questioni di pista».
Cosa è meglio di come sembrava?
«La chiarezza iniziale ha smosso delle situazioni. Persino nei lanci mettiamo le basi per ricostruire un settore».
Ha detto «non si possono investire energie e soldi su realtà che non esistono». Ha cambiato idea?
«No. Non voglio l’atletica assistita, ciò non significa ignorare, ma essere irremovibili: bisogna meritarsi tutto, a partire dalla considerazione. Fabbri ha fatto lanci che in Italia non si vedevano da 20 anni e questo perché il suo tecnico, Dal Soglio, si è deciso a concentrarsi solo su di lui. Dopo tre mesi da dimenticare passati a discutere, vedo meccanismi virtuosi. Bisogna essere radical. È una linea che con Stecchi ha pagato».
In che senso?
«Aveva il miglior allenatore al mondo, Petrov, ma faceva sempre da sparring partner ad altri. Con un trittico di tecnici dedicato e l’aiuto di Gibilisco è salito a 5,80. In questi Europei può grattare centimetri. Farlo fino al bronzo è complicato ma a me interessa la crescita. Con lui e il suo staff si può iniziare una scuola italiana dell’asta».
Le note dolenti?
«Il mezzofondo veloce è un deserto. Ci vorrà tempo. L’unico che dà segnali è Barontini sugli 800 metri, ma ha 20 anni, è presto».
Lei crede che i leader debbano trainare il movimento. In questi Europei tocca a Tamberi.
«Nella gara degli Assoluti di Ancona si è liberato quindi me lo aspetto esplosivo. Se saltasse in discoteca farebbe sempre il record del mondo. Prende adrenalina dal casino totale, una virtù che ci serve. E poi dicevano tutti che il suo allenatore, il padre, fosse ingestibile invece io ci lavoro benissimo».
Tortu salta gli indoor.
«E va bene così. I 60 metri non sono casa sua e lo voglio in forma per i Mondiali di staffetta di maggio. Del resto i suoi rivali inglesi non fanno questi Europei».
Andrà ad allenarsi con Prescod e Hughes a Tenerife.
«Ottima idea, sarà un’esperienza per lui e per il suo tecnico. Altro padre-allenatore con cui sono in perfetta sintonia».
Sull’aiuto del biomeccanico lei sembrava più entusiasta di loro.
«Invece ho visto allenamenti con nuovi parametri e un maggior supporto muscolare».
Ha chiesto a Eleonora Giorgi di spostarsi sulla 50 km, ma ora la distanza sparirà.
«Un peccato, ma non sarà lavoro buttato perché lei è intelligente. Farà la 50 km ai Mondiali di Doha e in futuro le servirà per la 30 km».
La marcia doveva resistere ai cambiamenti?
«Non poteva, ma può e deve usare bene la fase di transizione. Sulla 10 km ho dei dubbi, proverei a insistere sulla 20».
Il Cio però vuole sport giovani, come la breakdance.
«Io non schifo nulla, neanche gli E-games che sono da studiare: i professionisti fanno 400 movimenti al minuto, alla faccia dello stress. Però un conto è capire come intercettare sponsor, un altro è passare da “Un mercoledì di leoni” ai Giochi. Se bisogna guardare quel che piace contano molto anche le mode e non si possono seguire tutte. Anche le ultramaratone piacciono. E sono più lunghe della 50 km».
La chiamano Wolf, come l’aggiustatutto di «Pulp Fiction». Ha già risolto un problema dell’atletica?
«Ora sento dire “noi” e infatti deve essere un lavoro corale. La direzione tecnica unica aiuta. Meno conflitti significa meno caos. Un po’ di ordine lo posso dare».
Con Baldini come siete rimasti?
«Lui è innamorato dell’atletica e dà sempre il suo contributo, anche come allenatore della giovane over 40 Straneo».