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 2019  febbraio 27 Mercoledì calendario

Calcio, quel fenomeno di Olivia

«Il mio sogno è diventare la più forte calciatrice del mondo». L’impertinenza di una tredicenne americana occhialuta, Olivia Moultrie da Santa Clarita, California, sobborgo dell’enorme cintura metropolitana di Los Angeles, è finita in mondovisione nella notte degli Oscar, quando la super campionessa di tennis Serena Williams ha introdotto il nuovo video della Nike: «Dream crazier», protagonista (anche) Olivia.
Sognare più pazzo, in effetti, è lo sport di questa ragazzina prodigiosa con la palla tra i piedi, finita sul New York Times per aver rifiutato la borsa di studio che l’Università della North Carolina le aveva offerto due anni fa, quando ne aveva 11. Miss Moultrie è uscita dalla collaudata filiera con cui gli Usa producono le loro macchine da sport perché ha firmato due contratti da «grande»: con il Wasserman Media Group, l’agenzia di management sportivo che ha rappresentato fior di giocatori (Owen, Gerrard, Keane), e con Nike per una somma (segreta) non inferiore a 300 mila dollari, il valore stimato di una borsa di studio universitaria di quattro anni.
Il grande passo (doppio) fa di Olivia Moultrie la calciatrice professionista più giovane del playground mondiale in una disciplina che spesso costringe le giocatrici al doppio lavoro per mantenersi (Italia), a fare causa alla Federcalcio per essere riconosciute (l’argentina Macarena Sanchez) o per ottenere un trattamento uguale agli uomini: proprio le americane, che hanno conquistato tre Coppe del Mondo e quattro ori olimpici, nel 2016 scesero in sciopero per rivendicare parità di guadagni con i colleghi maschi, pagati quattro volte tanto a fronte di risultati ben più modesti. Una professionista con i tacchetti spuntati, però: le regole della Fifa, infatti, prevedono la maggiore età per poter firmare contratti sia con la Nwsl (National women’s soccer league, la seria A americana femminile) che con un club straniero, salvo deroghe ad hoc che, probabilmente, verranno chieste per Olivia. «Tutto le viene facile da quando ha cinque anni – racconta papà K.C. che cura un profilo Instagram da 90 mila followers in vertiginoso aumento —, vederla allenarsi è uno spettacolo. Non ha altro desiderio che diventare la più brava di tutte». Dopo aver battuto i maschi, frequentato stage in Europa (Olympique Lione e Paris Saint Germain in Francia, Bayern Monaco in Germania: non a caso i due Paesi del continente in cui il calcio donne è più diffuso ed affermato) e scattato selfie con tutte le stelle della Nazionale Usa, Olivia si ritrova improvvisamente prigioniera della sua gabbia dorata. Nella storia del calcio donne americano, si ricordano solo due casi di rifiuto di borse di studio universitarie: Mallory Pough da Ucla alle Washington Spirits e Lindsey Horan da North Carolina University al Psg. Ma la prima aveva 19 anni e la seconda 18 compiuti.