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 2019  febbraio 27 Mercoledì calendario

Olanda, il regno mondiale dell’ecstasy

Pascoli, serre, canali e ancora pascoli. Cavalli tarchiati, pecore dal muso nero, un via vai di camion e furgoni. Se non lo scrivessero i rapporti di polizia, sarebbe difficile immaginare in questo cuore verde, umido e lindo d’Europa il laboratorio mondiale di ecstasy e speed: «droghe pesanti» dunque illegali. Che circolino in una discoteca sulla Riviera adriatica, in un party a Ibiza, in un attico a New York, si può affermare con ogni probabilità che le pillole dello sballo sono state sintetizzate qui: tra il Brabante e il Limburgo, nel Sud dell’Olanda, alla «triplice frontiera» con Belgio e Germania.
Un sentore acido, dice l’agente Willem-Jan Uijtdehage, diverso dai vapori dei fertilizzanti o dal puzzo degli allevamenti industriali: è la prima spia. Frenetica attività notturna, secondo allarme, passaggio di veicoli costante; e poi finestre oscurate, addirittura con assi di legno, dov’è invece tradizione tenerle trasparenti. Scatta un blitz che può portare a questo anonimo magazzino dietro a una pompa di benzina sulla strada per il villaggio di Lage Zwaluwe, acquitrini, barche da pesca, casette con le tende ricamate. Oppure a questo rivenditore d’auto del paesino di Rijen, che espone vecchi modelli, carri da luna park con un cuoco grottesco e un pentolone sul fuoco, un rimorchio per friggere patatine. Il laboratorio, uno dei più grandi mai scovati, era nel capannone bianco che ora espone il cartello: «Chiuso su ordine del sindaco per violazione della legge olandese sulle droghe, vietato avvicinarsi». Era sotterraneo ed era appestato, racconta il poliziotto, mostrando un video girato dai colleghi: «Ci sono voluti giorni per bonificarlo». Enormi fusti di sostanze chimiche, tubi, ampolle, miasmi e incrostazioni. Possibile che i vicini di casa non si siano mai accorti di nulla? La dirimpettaia ha appena affidato un bambino alla tata, sorride con un rossetto sbiadito e scuote la testa: «Non avevo sospetti, vendeva solo macchine».Villette a schiera basse, erba bruciata dal freddo, qualche nano da giardino. I chimici underground del Barbante sono olandesi da generazioni, radicati e protetti dal territorio. L’ultima incarnazione di antiche leggende.
Si chiamavano bokkenrijders, già nel XVIII secolo banditi con un’aura diabolica che razziavano le campagne, nel folclore locale a dorso di capre volanti, in una terra di confini labili e molte vie di fuga. Quando il Trattato di Maastricht del 1843 fissa la frontiera tra Belgio e Paesi Bassi, diventano figure più concrete, dedite a un’attività specifica: il contrabbando. Burro, sale, generi alimentari, per cominciare. Province povere ed emarginate d’Olanda; cattolici in un Paese protestante; alloggi sociali negli anni tra le due guerre, poi dopo il secondo conflitto mondiale, un vigoroso taglio ai sussidi: «Al principio era gente che sbarcava il lunario come poteva», spiega Hessel de Ree, il più stimato dei cronisti di nera della regione. Poveri diavoli, in gran parte accampati in roulotte, che però con il traffico di jenever, sorta di gin autoctono, fanno un salto di qualità: cominciano a distillare. «Cuocere» MDMA non è così diverso, ma è via via molto più remunerativo. Siamo oltre gli anni Ottanta, quando le capacità si affinano e gli olandesi diventano i più bravi di tutti. Fanno girare le pasticche per il mondo con l’aiuto della mafia israeliana, accumulano patrimoni e foderano i caravan di banconote, regalano alla stampa personaggi carismatici come John Heijnen, generoso bon vivant della York-bende, protagonista degli anni Novanta, ricatturato a fine 2017.
La giustizia ha arginato come ha potuto, nel Paese che gli stessi agenti, in un sondaggio l’anno scorso, definiscono come Narco-Stato. Scarsi uomini per le forze dell’ordine, leggi che ancora non hanno recepito l’associazione a delinquere di tipo mafioso, pene lievi e una politica di tolleranza, la gedoogbeleid, che nel regno internazionale del commercio finisce per lasciar spazio a tutte le attività, lecite o meno. Il più grande porto europeo, Rotterdam, a pochi chilometri, il secondo, Anversa, a uguale distanza oltre il confine belga. Strade, canali, lo scalo aereo di Schiphol, le infrastrutture migliori possibili; sgravi fiscali e facilità a reinvestire, per ogni tipo di affarista. Italiani compresi. «Qui ci sono un sacco di pizzerie che non fanno pizze», dice De Ree. Lo conferma l’operazione congiunta «Pollino» che lo scorso dicembre ha portato a 84 arresti tra la Calabria e il Nord Europa, esercizi commerciali chiusi, 4 mila chili di cocaina e 140 in pasticche di ecstasy sequestrati. Il principale, enorme, business, dal Sudamerica all’Olanda, ruota ancora attorno alla coca, ma «Pollino» dimostra che la vecchia rotta artigianale tracciata dalle droghe sintetiche s’intreccia ai flussi maggiori, spesso negli scambi di sostanze come forma di pagamento, nelle reti di distribuzione, nel controllo dei container: i precursori necessari ai laboratori arrivano in grandi quantità, via mare, prevalentemente dalla Cina.
Ai vecchi criminali olandesi hanno allora cominciato ad affiancarsi mafiosi turchi, gang marocchine, bande albanesi o russe, oltre che esponenti di ’ndrangheta e camorra. Perché il prodotto è secondario, ma vanta un altissimo margine di profitto: 16 centesimi per fare una pillola che diventano 20 dollari negli Stati Uniti, 30 in Australia. È evidente che conviene esportare. Il mercato interno è molto più economico: una pasticca costa meno di una birra.
Avete presente la serie tv «Breaking Bad»? Immaginate qualcosa
di simile, ma molto più pericoloso Servono giorni per bonificarlo
Ad Amsterdam la via più sicura è chiamare il fornitore come se fosse un taxi, aspettare che si presenti con il «catalogo» e scegliere. L’artista Jozef v. d. H. consuma ecstasy regolarmente dai festival degli anni Ottanta: «Non ho nessuna ragione per non farlo», sorride. Ma in verità ha le sue accortezze: un pusher fidato e un kit casalingo per la verifica della qualità delle pillole. «Esiste anche la possibilità di portarle in laboratori specializzati per farle analizzare». Perché il punto è che negli alambicchi sotterranei nessuno può sapere con certezza quali sostanze siano state mescolate, e di gente bruciata o uccisa ognuno in Olanda può raccontare un aneddoto.
È impossibile, per esempio, avere garanzie sul lotto offerto via Telegram da tale Jordan: 5 pasticche a 20 euro, 10 a 35, fino ad arrivare a 50 per 100 euro. «È il nuovo sistema di vendita delle droghe – spiega Koen Voskuil, autore di Maffia Paradijs — dopo una grossa operazione di polizia nel dark web, il traffico si è spostato su Telegram, che è comunque criptato». Voskuil attraverso i suoi contatti è riuscito a inserirsi con un falso nome in uno di questi mercati clandestini, fa scorrere sul cellulare le merci in esposizione: «Oltre alle droghe, ci sono armi, divise di polizia rubate, marchi contraffatti, e anche molto viagra».
Una sequenza così sterminata che dà l’idea di quanto sia difficile intervenire. Al punto che anche sull’ecstasy in Olanda si è aperto un dibattito: è il momento di cambiare strategia? Capofila della proposta è una deputata Verde, Kathalijne Buitenweg. E c’è una coerenza: la questione è anche ecologica per lo sversamento dei resti chimici della lavorazione nei terreni e nelle falde. La incontriamo al Parlamento dell’Aja. «Le politiche di contrasto al crimine fin qui attuate hanno fallito – osserva —. Il consumo di ecstasy è aumentato e così la produzione, il giro d’affari, l’inquinamento». Dunque: «Ripensiamo la politica sulle droghe e valutiamo di regolarizzare l’ecstasy». Il primo ministro Mark Rutte (popolare) le ha risposto che fa male alla salute, il ministro per la Giustizia Ferdinand Grapperhaus (cristianodemocratico) fa sapere con un messaggio al Corriere che la proposta «non è in agenda». Buitenweg scrolla le spalle: «Un’ipocrisia quando sostanze pericolose come il fentanyl sono in commercio. E certo che è in agenda, dal momento che ne stiamo discutendo…». Molti dibattiti pubblici ad Amsterdam, appena qualche giorno fa i giovani del movimento D66 (liberali, nella coalizione di governo) hanno organizzato l’ennesima azione dimostrativa con omaggio di pillole colorate. E anche nel Brabante il tema è sentito. Il sindaco di Breda, il laburista Paul Depla, ci riceve nel suo studio tappezzato di copertine di dischi. Non la prende alla leggera, precisa, crede nella lotta dura ai criminali ed è stato anche minacciato. «Ma se intimo ai miei concittadini: andate in discoteca ma non usate ecsta sy sono come il Papa quando dice non fate sesso prima del matrimonio. Nessuno mi ascolta». Anche lui è dell’idea di regolarizzare: «Alla fine, non fa più male di alcol e sigarette».
Karl Kasper, educatore alla periferia settentrionale di Amsterdam, ne è meno convinto: «Ho visto troppi ragazzi danneggiati dagli acidi, con problemi mentali». Di tutte le sostanze sintetiche in circolazione, racconta, la peggiore e molto diffusa nei sobborghi è la GHB, chiamata anche la «droga dello stupro» perché disinibisce e stordisce le «vittime». Si fabbrica con materiali inadatti, detersivi e solventi, si distribuisce in flaconcini economici, rende zombie e produce dipendenza. «È molto pericolosa». Dallo speed alla cocaina, Kasper vede dalla strada un panorama sempre più fosco, addirittura tinto di sangue. Lo diceva anche il cronista de Ree: non son tutti tulipani e coffee shop, questo gigantesco traffico di droga che si snoda in Olanda porta violenza.
Il Paese ne ha preso coscienza solo di recente, con le vicende raccolte da Wouter Laumans in Mocro Maffia, adesso anche popolare fiction televisiva. Grosse partite di coca, Suv potenti, festini, sparatorie, inseguimenti, figli di immigrati dal Marocco o dalle Antille. «Fino ad allora nel nostro underworld registravamo sparute rese dei conti tra locali criminali quarantenni – racconta Laumans —, all’improvviso gli inquirenti si sono resi conto che lo scenario è cambiato», ed è molto più simile a Gomorra di quanto immaginassero. «Non ci sono solo i vecchi contrabbandieri olandesi sui quali si sono sempre concentrati i poliziotti: l’economia sotterranea è giovane e sterminata». In una serie tv, sarebbe materiale per molte altre puntate.