La Stampa, 27 febbraio 2019
Anno 2020, debutterà la stazione cinese per i taikonauti
Ricorda la stazione russa «Mir» per caratteristiche, dimensioni e forma. E non è poco, considerando che, per essere il primo grande avamposto della Cina nello spazio, si tratta di un complesso pesante quasi 100 tonnellate.
Che l’agenzia spaziale di Pechino punti a una presenza umana nello spazio sempre più continuativa è noto: i due moduli-laboratorio Tiangong 1 (precipitato nell’atmosfera terrestre un anno fa, come previsto dal programma) e soprattutto il Tiangong 2, operativo in orbita anche se attualmente disabitato, ne sono la conferma. Si tratta del primo passo verso la realizzazione di una vera e propria stazione spaziale, battezzata «Tianhe» (Armonia del Paradiso): i primi moduli verranno lanciati nel 2020, mentre il completamento della stazione - modulare e dotata di pannelli solari - è previsto per il 2024. Poi, toccherà all’altro traguardo: lo sbarco sulla Luna, attorno al 2030, dei primi «taikonauti».
Il programma della «Tianhe» ha conosciuto diverse tappe: una delle prime presentazioni in Occidente avvenne nel 2012, al congresso di astronautica a Napoli, alla presenza della prima astronauta cinese, Liu Yang. Pur non appartenendo a una cooperazione internazionale allargata come accade per la Stazione Spaziale Internazionale, l’iniziativa è aperta ad altre nazioni. E l’Italia è in prima fila.
Grazie a una serie di accordi tra l’Asi, l’Agenzia Spaziale Italiana, e la China National Space Agency sono già numerosi i progetti spaziali in comune: se lo scorso anno una delegazione cinese visitò gli stabilimenti di Thales Alenia Space a Torino, vista l’esperienza maturata con i moduli abitati, c’è stata anche l’«esoesperienza» di Samantha Cristoforetti: nell’estate 2017 ha compiuto una serie di esercitazioni di sopravvivenza con le navicelle cinesi assieme all’astronauta tedesco Matthias Maurer e a 16 «taikonauti». L’agenzia cinese ha infatti confermato che «Tianhe» potrà ospitare astronauti di tutte le nazioni che parteciperanno al programma.
Ma come sarà questa stazione? Le ricostruzioni grafiche sono ancora parziali e non definitive, ma è già noto che avrà una vita operativa di 10 anni (contro i 25 della Stazione Internazionale e i sei inizialmente previsti per la «Mir»). Sarà in grado di ospitare sei «taikonauti, che si avvicenderanno tre alla volta, per permanenze variabili da tre a sei mesi. Poi si punterà a permanenze di un anno.
È previsto che possa accogliere due navicelle «Shenzhou», le stesse che già da tempo portano in orbita gli equipaggi: avranno il compito di fare da «taxi» spaziali, ma anche di fare da scialuppe di salvataggio. La Stazione sarà lunga 39 metri, peserà 70 tonnellate. Al modulo centrale si potranno agganciare due moduli aggiuntivi e alle porte attraccheranno, radialmente, i moduli della stazione stessa, mentre frontalmente approderanno le «Shenzhou». La porta superiore consentirà le «passeggiate spaziali», mentre su quella posteriore attraccheranno le «Tianzhou», le navicelle-cargo.
Il modulo centrale, dotato di un braccio robotizzato, verrà lanciato nel 2020, poi arriverà la navicella «Shenzhou 12» con il primo equipaggio, mentre il primo modulo-laboratorio, il «Wentian», verrà inviato in orbita nel 2021, seguito subito dopo dalla «Shenzhou 13» con un gruppo di altri taikonauti. Il secondo modulo-laboratorio attraccherà nel 2022 e completerà (in buona parte) il complesso orbitale.
I moduli hanno un diametro di 4,5 metri e una lunghezza di 15,5. Nel 2022 toccherà a un altro veicolo-cargo e alla «Shenzhou 14». Poi, nel 2023, verrà lanciata la piattaforma scientifica «Xuntian» che ospiterà un telescopio. Così, con i pannelli solari, dal 2024 la struttura sarà completata. Sarà il primo passo «made in China» per l’esplorazione spaziale: poi Pechino punterà alla Luna e a Marte, che nel frattempo verranno esplorati da un nutrito programma di sonde. La «Chang’è 4», scesa sul lato nascosto della Luna, è solo un assaggio.