la Repubblica, 27 febbraio 2019
Una mostra sui giocattoli
Giochiamo? Con questo invito i bambini si mettono al lavoro per diventare adulti. E gli adulti? Beh, come diceva Bernard Shaw, non smettono di giocare perché invecchiano, ma invecchiano perché smettono di giocare. Ad aprire il complesso fronte, che hanno studiato in millanta, da Huizinga a Lacan, è adesso “Let’s Play: come giocavamo. Giochi e giocattoli della collezione privata di Gianni Marangoni”, mostra di punta di Mercanteinfiera, a Parma dal 2 marzo. Perchè i giocattoli sono un mondo speciale e ancora semisconosciuto all’interno del collezionismo. Se tutti gli oggetti che usiamo a lungo diventano talismani dove si concentrano i nostri ricordi e i nostri affetti, i giocattoli sono gli amuleti della nostra infanzia. Che magari riscopriamo dopo anni di dimenticanza, come è capitato a Gianni Marangoni, figlio del fondatore della celebre scuola milanese di moda e oggi presidente onorario della MKS Fashion School. Un dato biografico pertinente: «La mia passione è nata negli anni Sessanta», spiega, «quando alla Marangoni è stata commissionata una ricerca sugli abiti delle bambole. Ho scoperto il mondo dei giocattoli e ho iniziato a cercare quelli legati all’abbigliamento. Di lì, il passo alla collezione vera e propria è stato breve».
Quello dei giocattoli è un settore del collezionismo molto particolare: il numero degli appassionati non è mai stato calcolato, e le quotazioni hanno ancora relativa importanza. «Anche se», avverte Alessandro Franzini, direttore del Museo del giocattolo e del bambino di Cormano, vicino a Milano, «l’arrivo di Internet sta cambiando tutto. La compravendita online ha aumentato la circolazione degli oggetti, ma ha fatto lievitare i costi. Per noi, che compriamo non per rivendere e guadagnare, ma per conservare e condividere, comincia a essere un problema».
In realtà il prezzo di molti giocattoli resta ancora di qualche decina di euro e comunque difficilmente si superano le poche migliaia, come chiunque può verificare su eBay e Amazon. Come se ne stabilisce la quotazione? «Dobbiamo distinguere il valore antiquariale da quello collezionistico: il primo tiene conto di fattori come l’epoca, la rarità, la costruzione, i materiali, la conservazione. Il valore collezionistico invece dipende essenzialmente dall’interesse degli appassionati e dalle mode del momento». Gianni Marangoni in realtà è collezionista anomalo: «Ho sempre comprato pochissimo, preferendo cercare dai robivecchi che svuotavano le soffitte o tra gli amici. Inoltre, mentre i collezionisti in genere vogliono il giocattolo perfettamente conservato, magari ancora con la scatola originale, io scelgo quelli che sono stati usati, con una storia, magari anche danneggiati, così mi diverto a ripararli».
I giocattoli possono essere studiati da molti punti di vista: per esempio per capire a che cosa serve il gioco, attività apparentemente inutile e improduttiva, eppure indispensabile. «L’uomo è stato ludens », nota Franzini riferendosi al titolo del noto saggio di Huizinga, «molto prima di essere sapiens ». Basta pensare alla perfidia magari inconsapevole di chi dava a una bambina ferro e asse da stiro: un regalare che era anche un relegare. A volte, è un esempio del museo del Giocattolo, possono dare inattesi contributi alla storia, come i soldatini dell’epoca coloniale italiana, dotati di quelle armi chimiche che a lungo abbiamo sostenuto di non aver usato in Africa, dunque prova indiretta della nostra colpevolezza. E tutto può diventare giocattolo, anche lo Sputnik lanciato dalla Russia nel 1957 alla conquista delle spazio, dove però il tragico destino della cagnetta Laika viene nascosto ai bambini da un pietoso quanto improbabile paracadute.
Ma quanto possono essere antichi i giocattoli? «Forse sono sempre esistiti», dice Franzini, «ma dinanzi a molti reperti archeologici è difficile capire se sono oggetti effettivamente usati dai bambini dell’epoca per giocare. Antichissime, presunte bambole forse erano invece figure votive o avevano funzioni e valori simbolici». In genere si fa risalire la storia del giocattolo al Settecento, quando il bambino comincia a essere considerato come tale, per esempio da Rousseau, e quindi gli vengono accordati tempo e strumenti per il gioco. I videogame intanto hanno assai ridotto lo spazio per quelli tradizionali. «Comunque il 90 per cento dei nostri visitatori ha fino a 15 anni», si consola Franzini, «e credo che se i ragazzi non staccano gli occhi dai videogiochi la colpa sia prima di tutto di noi adulti che diamo l’esempio, sempre con il cellulare in mano. I bambini sanno trasformare tutto in gioco. D’altra parte, non dobbiamo nemmeno proibirgli i giochi elettronici: rischieremmo di farne degli emarginati».
Quella di Parma è una mostra singolare anche per un evento eclettico come Mercanteinfiera. «Le mostre collaterali», spiega la brand manager Ilaria Dazzi, «puntano a variare ogni edizione i temi per dare idea della varietà dei contenuti che si trovano in fiera. A questa sui giocattoli pensavamo da tanto tempo, ma solo incontrando Gianni Marangoni l’idea ha potuto diventare realtà».
La mostra parla agli adulti, prima ancora che ai collezionisti. «I vecchi giocattoli sono macchine del tempo», dice Marangoni, «risvegliano ricordi ed emozioni anche quando siamo vecchi. Ho un ricordo commovente: avevo mia mamma in una casa di riposo e la andavo a trovare spesso. Poco per volta si è saputo della mia collezione, e alcuni anziani hanno cominciato a fermarmi nei corridoi. Mi mettevano in mano un giocattolo e mi dicevano: quando ero piccolo era il mio preferito. Lo prenda per la sua collezione; così continuerà ad esistere quando io non ci sarò più».