il Giornale, 27 febbraio 2019
I primi 30 anni del www
Trent’anni possono essere pochissimo o tantissimo, a seconda che a distanza di tre decadi si guardi il Colosseo, la ragazzina del terzo banco di cui eravamo segretamente innamorati oppure il World Wide Web. Magari l’ex compagna di scuola nel frattempo diventata una disoccupata sovrappeso ci farà sorridere sullo scampato pericolo, ma navigare come facevano i pionieri della rete è, secondo i nostri canoni, una cosa francamente frustrante.
Tecnostalgici, nerd alla Sheldon Cooper e semplici curiosi possono fare questa straniante esperienza connettendosi a https://worldwideweb.cern.ch, la pagina celebrativa che il Cern di Ginevra ha voluto dedicare alle origini della Rete in occasione dei trent’anni dal momento in cui esso nacque. In realtà è difficile definire con precisione il momento esatto in cui l’ipertesto sul web è diventato realtà, essendo una successione non lineare di suggestioni letterarie, progetti visionari spesso squattrinati e tentativi carbonari di sviluppare l’idea di una connessione universale. Fatto sta che convenzionalmente si stabilisce il 12 marzo 1989 – ancora all’alba di un anno che si rivelerà fatidico nella storia di tutti noi – come il giorno in cui è nato il WWW. Quel giorno Tim Berners-Lee, un informatico britannico di 34 anni da qualche anno assunto al Cern, e che di sua iniziativa aveva installato su alcuni computer dell’istituzione ginevrina dei protocolli TCP/IP che li rendevano compatibili a dialogare tra di loro, scrisse una lettera (non poteva ancora essere una mail) ai suoi capi contenente una proposta per creare «un ampio database intertestuale con link». Berners-Lee, che si rifaceva sia al Progetto Xanadu creato sin dal 1960 da Ted Nelson sia al software ipertestuale HyperCard, suscitò l’interesse di Mike Sendall, che lo incoraggiò a sviluppare il suo sistema su una workstation NeXT, e di Robert Caillau, un quarantaduenne belga che si innamorò delle idee di Berners-Lee e lo aiutò a diffonderle e a trovare qualcuno disposto a investirci. Entro la fine del 1990 il Cern aveva un browser, un server, un linguaggio e un protoccollo ipertestuale, il cosiddetto HyperText Trasfer Protocol da cui la sigla http tuttora utilizzata.
Sembra incredibile che questo complesso lavorio svolto tra scrivanie ingombre di fili e di tazze sporche da ingegneri da telefilm posa aver creato la più incredibile avventura comunicativa della storia dell’uomo. Ma è così: e per questo i secchioni del Cern hanno deciso di creare una specie di «presepe vivente» che riproduce lo scabro interfaccia del browser originale. Dopo una pagina introduttiva (naturalmente in inglese) che spiega i contenuti del progetto rievocativo, si può «lanciare» il browser World Wide Web. A quel punto da un ruvido menu a tendina in alto a sinistra si può cliccare su «Document» e quindi da un altro menu che si affianca al primo su «Open from full document reference». A quel punto si può digitare un url (Uniform Resource Locator), ovvero la stringa di caratteri che identifica una risorsa. Possiamo provare e digitare http://il giornal.it, poi premere «Open» e vedremo aprirci davanti la più rudimentale versione dell’home page del nostro sito, con solo testo e nessuna immagine o fotografia. A questo punto saremo in un vicolo cieco. Facendo doppio clic su ogni voce (ad esempio «Politica», «Mondo», «Cronache» non si apriranno i contenuti realmente disponibili in quel momento sulle varie sezioni ma semplicemente un’altra mascherina con le stesse voci di prima. Il nostro viaggio nell’Internet delle origini è finito. Non è stato particolarmente divertente ma il fatto è che quell’internet là non era uno spasso. Altro che Netflix, Youporn e articoli come questo.