il Fatto Quotidiano, 26 febbraio 2019
Nata la prima loggia massonica WhatsApp
Anche la massoneria diventa social. È nata quella che potremmo definire la prima loggia Whatsapp. Ed è subito battaglia legale, con accuse, controaccuse e un processo, anzi due. Tutto questo dentro il Grande Oriente d’Italia (Goi), la più numerosa delle comunioni massoniche italiane, che domenica prossima, 3 marzo, andrà a votare per eleggere il Gran Maestro, anzi per riconfermare al vertice l’attuale guida, Stefano Bisi, e il suo gruppo.
La polemica cova da mesi. Ad aprire ufficialmente il caso è stato il Grande Oratore del Goi, Claudio Bonvecchio, che ha presentato nel novembre 2018 una “tavola d’accusa” (l’atto d’incolpazione massonica) nei confronti di Antonio Fava, Maestro Venerabile della loggia Espero 763 di Roma. A rincarare le accuse ci ha poi pensato il “Tribunale circoscrizionale del Lazio”, cioè i giudici di primo grado del Goi, che hanno rimandato la decisione (l’espulsione?) all’udienza del 5 marzo. Proprio due giorni dopo le elezioni massoniche in cui i quasi 30 mila fratelli del Goi voteranno il Gran Maestro (candidato unico Stefano Bisi) e il Gran Maestro Aggiunto (tra gli aspiranti, Claudio Bonvecchio).
Di che cosa è accusato il “fratello” Fava? Di aver aperto nel maggio 2017 un gruppo Whatsapp chiamato “SVoltaire”, mettendo una esse davanti al nome del filosofo illuminista. Al gruppo hanno via via aderito molti Maestri Venerabili, cioè capi di logge di tutta Italia: 150 secondo Fava, molti di più secondo Bonvecchio, che accusa Fava “di avere affiliato 245 fratelli”. Un’affiliazione social: il gruppo si sarebbe così trasformato in una sorta di superloggia irregolare, una P2 Whatsapp.
C’è stata una spia, dentro il gruppo, che ha consegnato ai “superiori” tutto il materiale di SVoltaire. Così sono partite le accuse. “Nella sua attività”, scrive l’accusatore del Goi, “il Fratello Fava ha svolto una vera e propria attività di organizzatore e di moderatore, andando a selezionare un numero molto consistente di Fratelli da ogni parte della penisola”. Ha “indotto altri Fratelli alla partecipazione a un gruppo autodeterminatosi come organo autonomo non previsto dalle Costituzioni del Goi”. Ha “espresso valutazioni, giudizi, considerazioni e inviti”, “con modalità non consone al perseguimento degli interessi e dell’oggetto sociale del Goi, perseguendo una condotta anti-associativa e potenzialmente disgregante”. Ha divulgato “dati sensibili al di fuori della normativa prevista dal Goi”. Ha realizzato una “conclamata violazione del patto di riservatezza cui il libero muratore deve integrale rispetto”: perché ha reso nota, attraverso wa, “l’identità dei fratelli” che deve restare riservata, come pure “tutti gli argomenti che, tradizionalmente, sono affidati in via esclusiva alla camera di mezzo”, cioè ai lavori di loggia a cui possono partecipare solo i Maestri Venerabili.
Fava replica spiegando che la sua era semplicemente una chat, che il gruppo Whatsapp SVoltaire era soltanto un luogo virtuale in cui alcuni fratelli potevano scambiare informazioni e discutere tra di loro, senza violare alcuna regola massonica. Semmai a violare le norme del codice, quello penale, secondo Fava è proprio il suo accusatore, che allega alla sua “tavola d’accusa” un documento “di ben 558 pagine che riproduce per intero il contenuto delle conversazioni” del gruppo, dall’11 maggio 2017 fino al 23 giugno 2018. Con tutti “i dati sensibili dei Fratelli che, nel tempo, vi hanno preso parte”. Per questo Fava ha presentato denuncia presso il Tribunale di Roma per illecita diffusione di dati personali. “Non penso che i panni sporchi si debbano lavare in famiglia, dentro un tribunale massonico”, scrive Fava. “Mi auguro che il Grande Oratore, che sarà anche il prossimo Gran Maestro aggiunto del Goi, abbia almeno il coraggio di comparire in giudizio”: davanti ai giudici “profani” del Tribunale di Roma.