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 2019  febbraio 26 Martedì calendario

Le giornate durano di più. Le hanno allungate i ghiacciai

A molti potrà sembrare fantascienza ma non lo è: la fusione dei ghiacci sta portando a giornate più lunghe. Si tratta della conclusione di una ricerca scientifica che ha analizzato sia la perdita di ghiaccio dal 1958 sia l’evoluzione della durata del giorno. Si è calcolato infatti che le giornate si sono allungate di 0,2 millisecondi in 25 anni, un arco temporale impercettibile, impossibile da cogliere nella nostra vita quotidiana ma che rappresenta una scoperta sensazionale per gli scienziati.
Vediamo meglio di cosa si tratta. È stata osservata l’evoluzione del livello del mare tra il 1958 e il 2014, confermando che il tasso di crescita medio sta accelerando in tutto il mondo. Come si sa il disgelo sta causando lo spostamento di grandi masse d’acqua dolce dalla Groenlandia e dall’Antartide, producendo lievi cambiamenti nella distribuzione della massa terrestre. Per rendere più comprensibile l’allungamento dei giorni i ricercatori hanno fatto questo esempio: come un pattinatore artistico che apre le braccia durante una piroetta, girando più lentamente, le nostre giornate durano un po’ di più. 
L’aumento del livello dei mari non è lo stesso in tutto il mondo. Uno studio condotto lungo le coste degli Stati Uniti ha dimostrato infatti che il livello del mare sta crescendo più velocemente in alcune zone della costa orientale rispetto ad altre. Secondo uno studio pubblicato su Nature nel corso del ventesimo secolo il livello del mare è salito di circa 45 centimetri nelle aree costiere vicino a Cape Hatteras, nella Carolina del Nord, e lungo la baia di Chesapeake, in Virginia. Invece a New York City e a Miami l’incremento si è limitato a 30 centimetri; a Portland nel Maine i centimetri sono 15.
In alcune isole del Pacifico l’innalzamento del livello del mare sta già dando seri grattacapi alle popolazioni. «La causa del fenomeno va ricercata in quello che viene chiamato rimbalzo post-glaciale», spiega Chris Piecuch, principale autore della ricerca. In sostanza le aree terrestri dell’emisfero settentrionale che durante l’ultima era glaciale erano ricoperte da spessi strati di ghiaccio (come Canada e nord-est degli Usa) erano come un trampolino che, sotto l’effetto di un peso molto grande, risulta piegato verso il basso. Quando i depositi glaciali iniziarono a sciogliersi dopo l’ultimo picco glaciale, avvenuto 26.500 anni fa, le aree liberate dai ghiacci iniziarono a risalire, proprio come fa un trampolino quando il peso viene tolto, al contrario le aree periferiche cominciavano ad affondare come in un effetto altalena. Nonostante le calotte glaciali siano scomparse quasi completamente da circa 7.000 anni, gli effetti del fenomeno di rimbalzo continuerebbe ancora oggi.
In questo modo si è scoperto che il rimbalzo post glaciale rappresentava la principale causa della variazione dell’innalzamento del livello del mare lungo la costa orientale. Ma, cosa più importante, è stato dimostrato che, quando quel fattore è stato rimosso, il livello del mare è aumentato costantemente dal Maine fino alla Florida senza discontinuità. Ora sarebbe fondamentale comprendere questo fenomeno nei minimi dettagli per prevedere gli effetti del riscaldamento terrestre in tutte le aree costiere del Pianeta.
Attualmente i ghiacciai coprono circa il 10% della superficie terrestre e stanno scomparendo in tutto il mondo con effetti a cascata sugli ecosistemi a tutti i livelli, comprese valli e mare. Dal 2003 si è registrata un’accelerazione annuale del ritiro dei ghiacci del 2%, non lasciando a piante e animali selvatici alpini il tempo per adattarsi ai cambiamenti. E, infatti, lo studio analizza anche gli effetti di questi cambiamenti sugli animali che popolano i torrenti glaciali. Cambiamenti che si stanno verificando in tutti i sistemi glaciali dall’Europa all’America arrivando alla Nuova Zelanda. Le proiezioni sono queste: solo il 4-18% della superficie di ghiaccio di oggi rimarrà nelle Alpi entro la fine del XXI secolo, con la scomparsa nei prossimi decenni di tutti i piccoli ghiacciai (cioè quelli con una superficie minore di 1 chilometro quadrato). L’80% dei ghiacciai delle Alpi sparirà e questo comporterà la perdita di servizi ecosistemici di vario tipo: produttivo (ad esempio si ridurrà la fornitura di acqua per l’irrigazione, per la produzione di energia idroelettrica e per uso potabile); culturale (con la perdita di bellezze naturali a scapito del turismo e riduzione di attività ricreative come lo sci), regolativo (si verificherà sempre più la perdita della capacità di diluizione di inquinanti di varia origine, anche in quota).
E poi ci sono gli animali: dove i ghiacciai sono ridotti a pochi ettari e il torrente glaciale ha perso le sue caratteristiche ambientali estreme (acque gelide, torbide e turbolente), le specie criali (quelle che vivono solo nelle prime centinaia di metri di un torrente glaciale) stanno scomparendo così come la loro funzione. È questa che, quando viene a mancare, cambia la capacità di autodepurazione del fiume, cambia la struttura della rete alimentare.