Vanessa, 503 giorni fa cosa ha pensato?
«Che tutto era finito. Era ai mondiali di Montreal, tendine d’Achille sinistro rotto, che mi salta durante l’esercizio, io in infermeria guardo papà, allenatore, e manager, e dico: basta, smetto. Nessuno in quel momento cerca di farmi cambiare idea, anche perché sapevano che l’avrei fatto prima»
Lei la dura, si mise a piangere.
«Sì, ma solo perché l’oro sfumava.
Perdere una medaglia fa più male che una frattura. E tra l’altro quello era lo stesso piede operato. Ma due settimane dopo ero di nuovo in pedana. Con il gesso»
Se si qualifica sarà la sua quarta Olimpiade.
«E mi farò il quarto tatuaggio. Ma non mi interessa né essere la più vecchia, né l’unica ginnasta azzurra a partecipare a quattro edizioni dei Giochi. Io voglio vincere, voglio una medaglia, quella che mi sfugge, e che continuo ad inseguire».
Da bambina testarda o da donna consapevole?
«Tutte e due. Oggi sono più cosciente dei miei mezzi, un po’ meno impulsiva, ma sempre innamorata dei miei sogni. Mi alleno 9-13 tutti i giorni fino al sabato, raddoppio il lavoro martedì e giovedì. Mi sono rimessa in gioco, il destino contro si può battere, anche se non sto ancora bene».
Ha anche cambiato musica.
«Sì, niente più Puccini, Tosca, Madama Butterfly, Turandot. A Melbourne ho gareggiato con le note di "Bambola" di Betta Lemme.
Stessa cosa farò a Baku tra due settimane».
Il destino salta più di lei e le ha negato una medaglia olimpica.
«Nella mia testa io a Londra ho vinto il bronzo, quarta a pari merito con la russa Mustafina, però a lei i giudici diedero un punteggio più alto nell’esecuzione, anche se il mio esercizio aveva un coefficiente di difficoltà più alto».
Ora i giudici l’hanno premiata
con 13.600 punti.
«Un punteggio che agli ultimi mondiali sarebbe valso l’accesso alla finale, ripeto che io faccio quello che posso, ma continuo a volerci provare. Perché la cosa peggiore, quello che proprio non sopporto, è lasciare perdere quando sai che non avrai altre occasioni».
Niente rimpianti.
«No, non voglio averne. Non voglio ritrovarmi dopo i sacrifici e il calvario che ho attraversato a volare sui se e sui magari. Ho un’ultima possibilità, e non importa se fisicamente ho ancora dolore, voglio provarci lo stesso».
La dedica questa volta, nei 150 anni della federazione ginnastica?
«A me stessa, a noi, al mio gruppo, all’esercito, alla federazione, a chi mi ha assistito, dandomi anche un tutor come Anna Samaldello, che mi segue con costanza».
Lei è l’unica sportiva che ha ottenuto un impianto.
«Sono di Orzinuovi, sulla sponda sinistra dell’Oglio. Ho iniziato volteggiando in una piscina dismessa vicina al casello di Brescia Ovest. Un posto dove avevano riempito le vasche con la gommapiuma e dove non c’era lo spazio per provare gli esercizi. A 16 anni dopo i primi successi chiesi pubblicamente un impianto decente, arrivò il PalAlgeco».
Diceva di girare sempre con la bilancia.
«Non più. Non sono a dieta, mi controllo da sola. Ma una pizza Margherita intera non la mangio, sogno sempre la cioccolata, quando vinco festeggio con la Nutella, che resta sempre un grande conforto».
Un consiglio a chi è infortunato.
«Non mollate mai, anche se c’è un prezzo da pagare. Lavorate duro e tutto andrà a posto. Il vento non può sempre soffiare contro. Io domani torno in palestra, a soffrire per volare».